DIARI DI VIAGGIO
Un giorno in Sicilia scolpito nei ricordi: cosa non puoi perdere della Riserva dello Zingaro
Questo luogo offre la possibilità di scoprire il territorio grazie alle escursioni, vivere l’ambiente in relax o raggiungere le "rientranze" per un tuffo nell’acqua limpida
Riserva Naturale dello Zingaro
Tra queste, è immancabile la Riserva dello Zingaro.
Quante volte ci soffermiamo ad ammirare le foto pubblicate in rete? A leggere delle calette più importanti? Perché non programmare una visita (compresi i musei della Manna, Intreccio, della Civiltà Contadina e Attività Marine) che rimanga scolpita nei ricordi? È importante, sin da subito, scegliere "esattamente" cosa visitare.
L’area - ampia - offre la possibilità di scoprire il territorio grazie alle escursioni, vivere l’ambiente in relax o raggiungere le "rientranze" per un tuffo nell’acqua incontaminata.
Una premessa come altre, personale. Adesso inizia il racconto, normale, di un appassionato di escursioni che ha vissuto l’ebrezza - in simbiosi con la natura - di percorrere il sentiero alto e costiero.
Finalmente inizia la camminata, celata nel silenzio "iniziale" colmo di attesa e speranza. Si entra in uno dei pochissimi tratti dove manca la strada litoranea.
Nessun mezzo può ostacolare la forza "primaria" della natura che ha trionfato sull’incapacità dell’uomo e dell’idea cementizia. Fu abitata da una famiglia fino al 1960 (abitazione adibita a Museo dell’Intreccio), mentre le prime pietre per la costruzione della litoranea Scopello-San Vito furono poste nel 1976.
Invece, nel lontano 1980, circa 3000 persone occuparono il sentiero (marcia ambientalista) con rabbia. L’obiettivo era la sensibilizzazione dei luoghi da parte della Regione Sicilia per evitare la sparizione completa.
Con la legge regionale del 98/1981, venne ufficialmente istituita la prima riserva siciliana, gestita dall’Azienda Regionale Foreste Demaniali. Una vittoria storica da salvaguardare in memoria e ricordo delle proteste. Quando si affrontano le escursioni medio-lunghe è importante prepararsi. Non è un aspetto "solo" fisico.
I bastoncini, gli scarponcini, uno zainetto, le bevande e quei particolari che permettono una certa tranquillità. Affrontare il Sentiero Alto è una prova di forza, istintiva. Rappresenta il percorso più impegnativo dei tre proposti. Dal Centro Visitatori la strada s’impenna vertiginosamente. Passo dopo passo, lo sguardo si distacca dall’intenso blu del mare per rendere omaggio alla ricca e folta macchia mediterranea. Gli “incontri” con la natura sono speciali.
Spiccano i profumi della ginestra odorosa e aree di prateria e ampelodesma. L'andatura deve seguire il suo corso, moderato, per non incappare nei cosiddetti "fuori giri" (in gergo ciclistico). I chilometri da percorrere sono tanti - e dal Marcato della Mennola e Sterna - si vira verso lo sfondo del bosco di Monte Scardina.
Nelle giornate calde bisogna sorseggiare delicatamente per evitare la disidratazione. Sono piccoli "aspetti" da non sottovalutare. Le aspre vette del Monte Passo del Lupo (868 mt.), Monte Speziale (914 mt.) e Monte Scardina (680 mt.) sono le cime da conquistare con ardore e sacrificio. La buona volontà è premiata dai fantastici paesaggi di lecceti e pini d’Aleppo. Il respiro è affannoso, lento, condizionato dalle difficoltà. I “soliti” passaggi che fanno parte del gioco.
Eppure, strani suoni, tanti, colgono di sorpresa. Potrebbero provenire da una delle 39 specie di uccelli nidificanti! La riserva è "piena" di falchi, poiane, aquile e gabbiani dai nomi strani. Anche i cespugli nascondono un tesoro da osservare attentamente “con il permesso” degli stessi padroni del luogo.
I conigli, le volpi, le donnole, i ricci, le istrici, topi quercini e pipistrelli vari mantengono un certo distacco dall’uomo. Una menzione la meritano i tipi di rettili e insetti che "ornano" gli ambienti.
È la ricca fauna che ha messo radici nella riserva, in punta di piedi e nel tempo. Hanno trovato i loro habitat da cui non vorrebbero sottrarsi. La stanchezza ha deciso di fare il suo "corso" e rende tutto così nebuloso. Gli orizzonti si "tingono" di oasi desertiche. I momenti pesanti provano a smuovere le coscienze, anche quelle buone.
Finalmente è giunta l’ora di prendersi una pausa trovando posto sotto un albero, nel mezzo delle palme nane (simbolo indiscusso dell’intera riserva).
La fase di riposo è quella che trasmette "energia" positiva. Nel frattempo è possibile approfondire lo "stato" dei rilievi. Sono calcarei con piccole depressioni carsiche e nel periodo delle piogge formano un piccolo gorgo. I minuti passano inesorabili.
La discesa "può" in alcuni casi avere ripercussioni negative. Mantenere la cautela è uno dei pregi migliori degli escursionisti.
I percorsi (tre) - grazie ad alcune deviazioni - danno la possibilità di cambiare obiettivo. I sentieri a "mezza" costa e costiero hanno caratteristiche diverse rispetto al primo. Oltre alle difficoltà legate alle altimetrie, i protagonisti e gli scenari hanno “forme” e “spunti” da scoprire. Il primo è lungo 8,5 km circa. Porta dritti alla Contrada Sughero e Borgo Cusenza.
Si fa largo la storia rurale (è possibile bivaccare previa autorizzazione). Sono territori dove contadini e pastori vivevano con enorme sacrificio. L’itinerario si snoda tra salite e discese fino ai 367 di altezza massima. Una “sgroppata” diremmo in siciliano, intensa, nel mezzo di circa 670 taxa infragenerici vegetali.
Diventa impossibile elencare la quantità di piante presenti, il rischio di rimanere intrappolati nella bellezza naturalistica impone una certa severità e spirito riflessivo.
L’ultimo sentiero, quello maggiormente battuto, è il costiero. Una volta attraversata la galleria (vecchio progetto facente parte della litoranea mai conclusa), spinge il visitatore a osservare minuziosamente ogni singolo spazio presente.
Il mare è a "due schiocco" di dita. Afferra i pensieri e li trascina con sé verso le acque una volta raggiunte le calette (dalle citate Tonnarella e Capreria, i delicati giochi dei ciottoli hanno creato le splendide cale di Marinella, Berretta, della Disa e del Varo).
Sono "disperse" nei sette km che separano i due ingressi (Nord e Sud). Il contatto con il mare purifica, distrae dai problemi quotidiani. I ricordi delle fatiche fanno parte del passato, migliaia di passi mandati in frantumi nel giro di pochi secondi. È giusto così! Descrivere al meglio l’intera riserva diventa compito arduo, fin troppo.
La lettura appesantisce. Meglio vivere - direttamente - la mancata antropizzazione del territorio. Il lato selvaggio protegge lo Zingaro dai mali umani.
Il tempo ha limato l’antica "Cetaria" descritta dai greci per l’abbondanza di tonni. Oggi, noi possiamo difenderla con piccole azioni: il rispetto e la salvaguardia.
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