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Un gioiello a Palermo costruito dopo il caos della guerra: dov'è la chiesa di Sant’Antonio

Un’architettura quasi di frontiera, coraggiosa per la scelta stilistica, motivata dagli studi profondi condotti sulla grande architettura siciliana del passato

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 29 marzo 2023

La chiesa di Sant'Antonio da Padova all'Arenella

Nei primi decenni dell’immediato caos ricostruttivo del dopoguerra, sono tanti gli episodi architettonici di rilievo realizzati grazie alla creatività individuale di decine di architetti che seppero unire alla professione il contatto diretto con l’insegnamento presso le facoltà di architettura e ingegneria del capoluogo siciliano.

Tra questi, un ruolo significativo è svolto da Vittorio Ziino, autore insieme a Bonafede, Gagliardo e Spatrisano dell’Istituto Nautico a ridosso di Porta Felice (1948), di interessanti soluzioni per il quartiere Ina Casa nel nuovo tratto di via Notarbartolo (1950), della sistemazione del nuovo skyline portuale turrito legato al Piano di Ricostruzione (1956-60), e della Chiesa Parrocchiale di Sant’Antonio in via San Vincenzo de’ Paoli tra le difficili contrazioni edilizie del quartiere Arenella.

Autosufficiente e inquadrato all’interno di un lotto regolare di grande respiro rispetto all’elevata densità abitativa del costruito circostante, l’edificio si compone oltre all’aula di culto ad impianto poligonale mono-absidato (Pirrone), di pertinenze e di un piccolo campo per lo sport all’aperto, rappresentando per il quartiere un prezioso presidio socio-culturale quasi necessario.
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Dal punto di vista compositivo siamo in presenza di un organismo abbastanza atipico per linguaggio e impianto planimetrico, in cui ad imperare è la facciata con tetto a capanna stretta tra due laterali torri campanarie cuspidate lievemente ruotate in pianta, il cui accesso dal sagrato all’aula avviene per mezzo di un finto loggiato tripartito sapientemente modanato.

Il tutto governato da quel principio di simmetria assiale che garantisce al piccolo aggetto centrale che ospita la statua del santo, di governare la percezione dell’intero spazio urbano prospiciente.

Più che un tuffo nel passato contro un linguaggio apertamente contemporaneo, Ziino sceglie la citazione “storicista” delle grandi cattedrali del passato oltre la stagione irripetibile del Siculo-normanno, forse per generare nell’utenza della comunità locale dei fedeli la percezione di forme familiari", già viste, quasi archetipiche e dunque funzionali ad una percezione universale anche se ancorata a retaggi locali.

Un’architettura quasi di frontiera, coraggiosa per la scelta stilistica motivata dagli studi profondi condotti dal progettista proprio sulla grande architettura siciliana del passato, qui in grado di lasciare sul complesso e martoriato territorio urbano una testimonianza di riflessione critica profonda e dichiaratamente moderna, unitamente ad una luce dello spazio interno rarefatta e di rara spiritualità.
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