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Un albero secolare, un laghetto e il borgo: un posto (unico) da riscoprire in Sicilia

Un piacevole tour sul monte Soro fra i boschi, in perfetta pace e immersi in una natura rigogliosa. Un'atmosfera idillica e rilassante che non ti puoi perdere

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 1 agosto 2024

La riserva naturale orientata di Biviere

Un albero possente, un laghetto brulicante di vita, un paesello dalle spiccate peculiarità. Il 28 luglio abbiamo attraversato S.Fratello comune nebroideo a un’ora e mezza di macchina da Messina, famoso per il suo dialetto gallo-italico che assomiglia alla lingua francese ed anche per essere il luogo d’origine della famiglia di Bettino Craxi.

Esso è pure molto noto anche per l’allevamento di una pregiata razza di cavalli: la sanfratellana appunto. Sembra che tutti gli abitanti o quasi ne possiedano almeno uno e che questi quadrupedi circolino per le vie del paese.

Tanto è vero che ci siamo imbattuti in un originale segnale stradale che in una via segnalava il divieto d’accesso ai cavalli, tant’è che m’è venuto lo scrupolo che pure la macchina del mio amico Giovanni Lombardo con i suoi tanti cavalli fiscali non fosse del tutto in regola.

Dopo abbiamo proseguito alcuni chilometri su una strada asfaltata immersa nel verde dei boschi recintati da alcune reti ed in cui abbiamo visto gruppi di piccoli suini neri dei nebrodi scorrazzare in libertà.
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Siccome siamo degli escursionisti non abbiamo approfittato più di tanto del mezzo meccanico ed anche se la strada ancora continuava abbiamo lasciato la macchina ad uno slargo ed abbiamo proseguito a piedi.

Abbiamo percorso degli ampi e ben tenuti sentieri che benché fossimo già a notevole altezza erano ben disegnati, non particolarmente acclivi e li si poteva percorrere senza tirare troppo il fiato.

Neanche abbiamo sofferto il caldo per essere il cammino in gran parte ombreggiato e perché eravamo in quota, oltre mille metri. I faggeti con le loro tenere foglioline ci riparavano dal sole e la camminata era piacevole perché attraversavamo un bosco assolutamente pulito, non eravamo infastiditi da alcuna sorta d’insetti, non c’erano rovi o altre erbacce, ma per terra solo un tappeto di foglie secche accartocciate.

Solamente dove si apriva qualche radura vedevamo delle formazioni arbustive o degli agrifogli, tanti di loro avevano una sagoma simile a quella degli alberi di natale, ma ciò non era un fenomeno del tutto naturale.

Infatti alcuni alberi, fra cui pure i lecci, in basso hanno delle foglie spinose per difendersi dagli animali, ma in alto perfettamente lisce.

Ma i quadrupedi, in particolare le capre, aggirano l’ostacolo alzandosi e stirandosi al massimo sulle zampe posteriori andando a brucare le foglioline più in alto e più tenere.

Camminando abbiamo incominciato a calpestare erbetta verde. Infatti eravamo giunti al Lago Biviere di Cesarò che con i suoi 1278 metri costituisce la zona umida d’alta quota di maggiore valore naturalistico in Sicilia ed un luogo di straordinaria ricchezza e biodiversità per il suo popolamento vegetale ed animale.

Così abbiamo visto le acque verdeggianti per la presenza di numerose piante acquatiche. Appena arrivati abbiamo visto librarsi uccelli in volo, ce n’erano di passo ma anche di stanziali.

Ma era tutto uno svolazzare perché c’erano nutrite colonie di farfalle con le loro ali bellissime e variopinte, alcune di loro che alternavano tonalità chiare e scure mi hanno fatto ricordare bellissimi ventagli che avevo visto al botteghino dell’Alcazar di Siviglia.

Tutta la calma distesa dello specchio d’acqua era brulicante di vita, ma non potevamo sostare troppo a lungo. Qualcuno che indugiava con la macchina fotografica abbiamo dovuto quasi spostarlo di peso.

Così abbiamo continuato il nostro cammino sempre sotto le faggete, ma in alcune radure c’erano anche piante di agrifoglio, isolati cespugli di tasso, grandi esemplari di melo selvatico, di perastro, biancospino e rosa canina.

Fatta una deviazione rispetto al sentiero ci siamo diretti a quella che è la principale attrazione del bosco, un albero monumentale : l’Acerone, esso ha un diametro di m. 6,5 ad altezza d’uomo, ma almeno nove alla base, mentre è alto 25 metri.

Dicono che abbia 500 anni, ma sicuramente non li dimostra avendo un fusto liscio e compatto non presentando né cavità né increspature. ha degli arrotondamenti rilevati rispetto al fusto e dà l’idea di un albero giovane che si sia dato al culturismo sviluppando possenti muscoli. Il giorno dopo abbiamo continuato l’escursione per portarci in quota.

In alcuni luoghi c’erano dei laghetti ormai prosciugati che hanno lasciato il posto a distese di mentuccia somiglianti alla lavanda ma con i fiori più minuscoli. Ci siamo imbattuti anche in spiazzi con le chiare efflorescenze della cicuta in fioritura che sarebbe una pianta scacciapensieri perché basta ingerirne un po’ per non averne più.

La utilizzò il filosofo Socrate ingiustamente accusato per porre fine ai suoi giorni.

Camminando con un percorso tutto in salita siamo giunti alla sommità del monte Soro 1817 m. il più alto del messinese che culmina con una cima arrotondata per cui non si percepisce l’altezza.

Intrapreso un cammino in discesa ci siamo indirizzati al lago Maulazzo a quota millecinquecento, esso è un lago artificiale costituito da uno sbarramento, ma ormai naturalizzato.

La tranquilla distesa d’acqua conferiva un’aurea fresca e rilassante a tutto il paesaggio. Più in alto prospicienti al nostro punto di osservazione si elevava Sollazzo verde, un’incantevole e fitta area boschiva che arriva fino alla cima del monte Soro.

Ci siamo seduti in riva al lago su l’erbetta all’ombra degli aceri per consumare un frugale pasto ed abbiamo avvertito una piacevole frescura, l’altitudine si faceva sentire.

Dopo è spirato un venticello e la frescura si è trasformata in freschetto considerando che eravamo sudati. Abbiamo tirato dallo zaino qualche altro indumento e siamo stati bene.

In questi due giorni i cellulari non prendevano, ci siamo isolati dal resto del mondo dai suoi problemi e dai nostri. I polmoni hanno respirato, la testa anche.
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