PERSONAGGI
Trasforma tovaglie e passamanerie in abiti pregiati: chi è Totò Manolesta "u custureri"
I suoi abiti sono ricchi di abilità, ingegno, di sorprese e dettagli. A volte realizzati con materiali riciclati che nelle sue mani diventano ricchi ed eleganti e opulenti
Totò Manolesta
Non è un sarto qualunque, difficilmente fa aggiusti, lui crea, è un costumista e scenografo. I suoi abiti sono straordinari, ricchi di abilità, ingegno e creatività, pieni di sorprese e dettagli, a volte realizzati da materiali riciclati che nelle sue mani diventano ricchi ed eleganti, barocchi e opulenti.
Incontro Totò la prima volta a una mostra, ha un abito incredibile “sono vestito da carretto siciliano”, dice.
Il vestito è ampio lungo, con maniche ad ali di farfalla; in testa ha una corona a raggiera piena di fiocchi, campanellini e coccarde, sembra una divinità Inca. Ma l’autentica meraviglia è in basso, dal vestito, sbuca un teatrino con tanto di palcoscenico, pupi con corde e sipario.
Cammina appoggiandosi a un bastone riccamente decorato. La sensazione vedendolo è di guardare un’opera d’arte moderna, impossibile rimanere indifferenti, andrebbe esposto nei grandi musei di moda e costume.
Il secondo incontro è nella sua abitazione-sartoria. Trai diversi vestiti sta ultimando un altro costume per lui. Questo è più sobrio, apparentemente, è il Marchese del Pappagallo.
Un abito in perfetto stile Veneziano, con tipico copricapo, calze e scarpe e un bastone con un trespolo e 3 pappagalli.
Le stoffe sono state riciclate da vecchie tovaglie, e passamanerie: “ho solo comprato il merletto a 40 centesimi al metro”. Non posso fare a meno di dire “ ma è bellissimo!”… un impercettibile click e il pennuto centrale apre il becco e ripete le mie stesse parole. Totò ride divertito per il mio assoluto stupore.
Con l’aiuto del nipote ha realizzato questo marchingegno che fa ripetere ciò che uno dice vicino al bastone. Totò è un “Custureri”, ha imparato osservando la madre, “Una donna padrona” come la definisce, capace d’imporsi alla famiglia grazie all’arte sartoriale appresa dalle suore del Sacro Cuore.
Avere un mestiere di cui vivere per una donna era una la svolta, una maniera di emanciparsi da padre fratelli e anziani che decidevano qualsiasi cosa sulle femmine di casa, anche con chi sposarsi. Mamma Paolina poté imporsi rifiutando alcuni “ buoni partiti”, sposando un pastore, grande amore della sua vita. Matrimonio durato dal 1954, data delle nozze, al 1958 anno della morte del marito.
Vedova e madre di un bimbo piccolo, questa donna forte non si arrese, con il suo lavoro fece vivere Totò «per 28 anni senza alcun problema, non mi ha fatto mai mancare niente, mi ha fatto vivere come un principe».
Manolesta così visse e respirò l’arte artigiana della sartoria sin da piccolissimo, in un mondo di donne. Il custureri, l’origine del nome è spagnola, (mentre sarto deriva dal latino sartor e da sarcire, restaurare), una volta era un’attività particolare rivolta a chi si poteva permettere un bene di lusso, un vestito a misura.
Nelle case le donne apprendevano sin da piccole l’arte del rammendo e del cucito, i piccoli aggiusti erano fatte tra le mura domestiche, cosa diversa la realizzazione di un capo, questo richiedeva tempo, denaro e pazienza, non era per tutti. Totò è sarto per passione, bravissimo e veloce, da qui il soprannome.
Interrompe gli studi di architettura a pochi esami dalla laurea, lavora come addetto alle caldaie e si trasferisce al nord, dove fa il custode in una pinacoteca, “entrare ogni mattina in quel museo e osservare per 6 ore quelle meraviglie mi riempiva di gioia autentica”.
Dopo 11 anni torna in Sicilia, a Corleone, lavorerà fino alla pensione nel 2021 a 67 anni, al centro Stampa dell’Università di Palermo.
Totò è gay, per 22 anni ha avuto una doppia vita, nessuno al lavoro sapeva la sua storia, ma non ne ha mai fatto mistero in paese, dove è apprezzato e rispettato. Mentre cuce, mi racconta dei suoi viaggi, della relazione amorosa con un torero a Siviglia, di quella volta che si vestì da drag queen per andare a una festa in un noto locale di Milano «non riuscivo a capacitarmi con quel trucco, e quel tacco dodici».
Il gioco di una sera, non ama le pagliacciate, essere gay richiede una serietà maggiore, «non devi fare la parodia di te stesso, sei masculo sempre e comunque».
Parla tra rocchetti di filo, pezzi di stoffa, ferro da stiro, macchina per cucire e gli antichi attrezzi del mestiere: «fobbicia pi tagghiari, ugghia (l’ago), u signu (il gesso bianco) u mitr», ma anche tra pile di riviste d’architettura, libri, di cui è gelosissimo, una ricca collezione di bicchierini da rosolio, acquasantiere, ricordi di viaggio e una “Santa Figgliulanza” appesa al muro.
Parlo con Leo che lo conosce da 35 anni, per lui ha cucito costumi sin da ragazzo, e continua a farlo per i figli. Ricorda che aveva come amiche le ragazze più belle, «la sua casa era un punto di ritrovo per la gioventù, simpatico e di grande compagnia».
Totò è estroso e ironico, cammina per il paese con poncho, o avvolto in incredibili tabarri o camice colorate d’estate. La sua eccentricità, mai sguaiata, potrebbe essere definita «un’iperbole veritiera» che stupisce e a volte fa sorridere, ma lui non se ne cura.
Con una vena di noia esistenziale, vive alla giornata. Un famoso sarto maschile con atelier a Roma, mi disse che l'occhio del sarto è particolare, non è solo abilità e capacità, bisogna capire per chi si sta cucendo.
«Le misure danno la misura», ma quando si taglia, vengono in mente le parole, gli atteggiamenti, la postura, le emozioni del cliente.
Non si veste solo una persona, si veste un’anima. Un abito di Totò è tutto questo, un capo unico, frutto di attenzione, capacità e straordinario genio artistico.
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