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Somiglia al cubo di Rubik ma è in Sicilia: sul palazzo c'è la (strana) firma dell'architetto

Basta alzare lo sguardo sull’angolo del cornicione sinistro della struttura e accorgersi dello “scuppiuni" scolpito. Al suo interno è altrettanto affascinante

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 11 settembre 2024

Palazzo Vermexio (foto da Aditusculture.com)

Un cubo dalle proporzioni perfette, simile a un Rubik ma ogni sua “casella” è pura maestria architettonica, lasciata ai posteri con una firma particolare.

È Palazzo del Senato o Vermexio a Siracusa, che si affaccia in tutto il suo tripudio di decorazioni barocche e classiche in Piazza Duomo. Completato nel 1632, oggi è sede del Senato cittadino e degli uffici del Sindaco e del Municipio e la sua posizione è straordinaria.

Si trova vicino al Tempio di Atena e in una zona di rilevanza archeologica dove negli anni ‘60 sono stati scoperti i resti di una capanna dell’età di Castelluccio (antica età del bronzo siciliana) e di un antico tempio ionico del VI sec. a.C.

Il palazzo è un’opera commissionata dal Senato Siracusano all'architetto ispano - siculo Giovanni Vermexio, da cui prende il nome. Il più importante esponente di una famiglia di architetti attivi a Siracusa che, consapevole della rilevanza del palazzo, pensa a una struttura imponente su due ordini.
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Il primo rinascimentale con bugnato (con pietre sovrapposte e sfalsate), mentre il secondo barocco con balcone e ringhiera in ferro battuto con tre finestroni di cui uno recante lo stemma dei Borbone.

Qui, gli elementi classicheggianti si alternano a stemmi spagnoli e proprio nelle nicchie esterne, oggi vuote, era previsto l’inserimento di sette statue dei reali di Spagna, mai realizzate per la scomparsa di Gregorio Tedeschi a cui era stata affidata la decorazione scultorea del palazzo. Nel tempo, le possenti mura di questo palazzo sono diventate anche testimonianza della vita cittadina con alcuni graffiti.

Presenti sul lato destro della facciata, essi rappresentavano quasi un “foglio di lavoro” per architetti e capimastri, dove segnare in scala 1:1 modanature, architravi, mensole.

Mentre opera delle guardie armate che presidiavano il palazzo sono i graffiti realizzati con baionette che raffigurano la facciata della Cattedrale vicina o altri soggetti come velieri fermi al porto, simulacri e candelore*.

Una costruzione dunque pervasa dall’arte e non esente da cambiamenti rilevanti. Come quello del 1870 con la realizzazione di un attico destinato ad ospitare i locali dell’ufficio tecnico e quello degli anni '60 con l’aggiunta di un nuovo fabbricato per ampliare gli uffici del municipio. E se vi state chiedendo com’è al suo interno beh, è altrettanto affascinante.

Presenta un atrio dove è parcheggiata la carrozza del Senato del 1763 realizzata su modello delle berline austriache con decorazioni anch’esse barocche; un salone intitolato a Paolo Borsellino, di rappresentanza del Comune, e la stanza verde Raffaello Caracciolo di rappresentanza del sindaco.

Ma tornando al suo tripudio architettonico esterno del palazzo, che ha ospitato anche il Teatro Comunale, le sorprese artistiche e decorative sembrano non finire mai. In particolare per un dettaglio: la firma dell’architetto Vermexio.

Basta alzare lo sguardo sull’angolo del cornicione sinistro della struttura e accorgersi dello “scuppiuni - lucertola, geco o salamandra” scolpito.

Una visione inconsueta per chi osserva il palazzo e si accorge poi di quel rettile, che inevitabilmente suscita la domanda: cosa ci fa lì? Ebbene questa lucertola, tra i festoni dei capitelli da quasi 400 anni, oltre a essere la firma dello scultore pare incarni anche le peculiarità del suo aspetto fisico.

Infatti Vermexio era chiamato "il lucertolone", soprannome riferito secondo alcuni, alla sua eccessiva magrezza e altezza; secondo altri, invece è un richiamo al significato di verme, proprio per il suo nome spagnolo, e ugualmente dalla forma lunga e assottigliata.

*Fonte: Antonio Randazzo
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