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Si chiamano "A" e "B" e (forse) sono eroi o tiranni: se i bronzi di Riace fossero siciliani

Un enigma non solo storico ma con ombre oscure piene d’interrogativi, smentite e omertosi silenzi. Tra le tante attribuzioni a luoghi e personaggi c’è la Sicilia

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 16 settembre 2024

Bronzi di Riace

È un giallo, un mistero non ancora risolto, quello sulla provenienza dei “Bronzi di Riace”. Abituati ad associarli al Comune della Calabria, dopo quasi 50 anni dalla scoperta, abbiamo dimenticato che furono trovati nel mare prospiciente Riace, ma che la loro origine e provenienza era sicuramente un'altra.

Un enigma non solo storico ma intramezzato da una vicenda oscura piena d’interrogativi, smentite e omertosi silenzi, dove tra le tante attribuzioni a luoghi e personaggi c’è la Sicilia.

Ricostruiamo brevemente la storia: Il 16 agosto 1972, a circa 200 metri dalla costa di Riace un subacqueo romano trova delle statue di guerrieri ; dal fondale sabbioso quello che lo colpisce a prima vista è un braccio. Contattate le autorità e fornita una dichiarazione scritta, il sub afferma che vi è un altro guerriero a braccia larghe con una gamba, sovrastante l’altra, fornito di scudo elmo e lancia.

Primo problema: i bronzi esposti sono simili nella postura, diversa da quella descritta e non hanno scudi e uno è privo di elmo. Altro dato: alcuni ragazzini, il più piccolo dodicenne, dissero che il giorno prima immergendosi per pescare, videro un gruppo di statue, di essere tornati sulla spiaggia e di aver detto in maniera concitata che dei “cavalieri” erano in fondo al mare.
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Sulla spiaggia a prendere il sole c’era anche il sub romano. Raccontano di essere andati dai carabinieri ma che non furono creduti e che la loro testimonianza scritta "andò perduta". Chiaramente difficile da dimostrare tutto questo, la cosa certa è che lo scopritore "ufficiale" intascò un premio di più di cento milioni di lire. Nonostante più volte oggetto d’interesse da testate e televisioni, il sub ha preferito non rilasciare interviste.

Da qui incominciò a farsi strada la storia che i Bronzi fossero siciliani, ritrovati da tombaroli professionisti che con l’appoggio della malavita, provarono a trafugarli e venderli.

Qualcosa però andò storto e preoccupati dalla presenza della Finanza decisero di depositarli a circa 200 metri della costa di Riace, pensando di recuperarli in un secondo momento. I ragazzini e/o il sub arrivarono prima.

Fu però recuperato il terzo bronzo e il corredo degli altri due. Lasciamo il giallo relativo al trafugamento e ritrovamento e affrontiamo la questione sull’origine siciliana avanzata nel 1988 da un archeologo americano Ross Holloway.

I bronzi sarebbero la rappresentazione di due fondatori delle più importanti città siciliane (Gela, Akragas o Camarina), realizzate intorno al V secolo.

Le statue sarebbero poi state saccheggiate dai Cartaginesi o dai Romani trasportate su una nave poi affondata e lì sarebbero state trovate per essere vendute.

Si è pensato che una di queste rappresentasse il Tiranno di Siracusa Gelone coni fratelli. Sarebbe un caso unico, la nudità delle statue era riservata a eroi o miti, non a personaggi storici.

Cartaginesi o Romani comunque le statue furono prelevate secondo lo studioso a Siracusa, unica città conquistata dai Romani. In questo lungo periodo diverse sono state le attribuzioni: Argo, Delfi, Olimpia, Magna Grecia; I bronzi rappresenterebbero Eroi, Miti Dei, tutte ipotesi esposte senza arrivare a una conclusione certa.

Che lo stile appartenga all’arte Greca è certo, si è pensato a Fidia e Policleto i due bronzi non sembrano “ della stessa mano “, ma è anche vero che i bronzi furono realizzati a pezzi, poi trasferiti al committente dove venivano saldati.

Alla Teoria Siracusana appartiene lo studioso Anselmo Madeddu. Ritiene, infatti, che potrebbe essere uno dei due, Gelone tiranno di Siracusa, del resto un gruppo scultorio "Gelone che depone le armi" è attestato da Diodoro Siculo, Polieno, Claudio Eliano, Plutarco e Dione Crisostomo. Fonti dove il termine "nudo" può non essere preso in maniera letterale.

Madeddu inoltre ritiene che dall’analisi delle terre di fusione, cioè la terra con cui si realizzavano le forme e su cui era colato il bronzo fuso, l’origine è sicuramente greca, ma le altrettante terre che invece sono state trovate nei punti di saldatura sono tipiche del territorio Siracusano. Un lavoro eseguito fuori dalla Sicilia, per la Sicilia e assemblato sull’Isola.

Lo studioso catanese non si ferma a questa scoperta introduce anche un altro elemento, lo stile del copricapo confermato da altri studiosi è tipico dell’area “Dorico- Corinzio-Siracusana”, altro tassello l’esistenza di monete siracusane che somiglierebbero in maniera impressionante alle teste dei bronzi, monete del periodo di Timoleonte.

Sul terzo bronzo, Madeddu, aggiunge che probabilmente rientrò nel mercato clandestino nel 2008, venduto, per poi sparire definitivamente; il corredo di scudi elmi e lancia furono invece acquistati da un noto magnate americano.

Dopo aver esposto eventi e ipotesi, l’origine Siracusana affascina ma è difficile da dimostrare, avrebbe più possibilità una provenienza siciliana.

La loro straordinarietà potrebbe aver colpito i Romani, Tito Livio racconta che le grandi sculture siciliane furono trasportate da Siracusa a Roma dal Console Marcello, nel 212.

Tante domande irrisolte a cui si aggiunge il giallo del ritrovamento e quello legato a chi fossero questi guerrieri. Chissà forse una di queste navi affondò, quel mare li preservò miracolosamente, fino a quando qualcuno non li ritrovò; una lunga “Odissea” per i Bronzi senza nome chiamati oggi con le lettere A e B.

Difficilmente arriveremo alla verità, A e B hanno ora una loro casa, con una temperatura costante, alleggeriti dalle terre di fusione che li stavano deteriorando, controllati e curati.

L’Odissea è terminata per i Guerrieri dai denti d’argento, le ciglia in avorio, le sclere e i capezzoli in rame, una postura severa e un fisico prorompente.
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