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Sembrano quattro case sperdute: dov'è in Sicilia il borgo "staccato" dall'Isola

Chi passa da lì ha il dovere di fermarsi in questa piccola frazione. Uscire dal mezzo, respirare aria pura e ripartire con un’energia fuori dal comune

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 4 novembre 2024

San Carlo Chiusa Sclafani

Lungo la statale 386 possono accadere tante cose. Ad esempio, passare dalla provincia di Palermo a quella di Agrigento o viceversa. Nel bel mezzo del percorso - superato il borgo di Burgio - “quattro case sperdute” provocano un leggero tremolio.

Sembra un piccolo borgo, o forse uno di quei progetti pre o post-guerra che provarono a riavvicinare il popolo alla “terra agricola”. Da lontano la vista annaspa, non comprende l’importanza che il luogo stesso ha rivestito in passato.

La provincia girgentana lascia spazio alle colture palermitane. Profumi verdastri oleari mescolano le proprietà con i frutteti. Arance e pesche fanno parte del sostentamento economico. Si tratta di San Carlo, storica frazione di Chiusa Sclafani.

Il piccolo comune (di Chiusa) può fregiarsi di avere “tra le sue file” (scusate il gergo calcistico), uno dei posti sperduti della Sicilia. I forestieri cedono il passo all’idea di abbandono, se non fosse per i “colori nuovi” dei prospetti di alcune case.
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Altre strutture sono disabitate e figlie del passato. Sì, stranamente il mondo antico ha messo radici tanti secoli orsono. A partire dal 1621, quando il cavaliere genovese Ido Lercari - grazie alla licentia populandi - fondò il minuscolo centro (nel feudo di Zaffiuti). Correva il 15 luglio.

Altre fonti attestano al 26 ottobre dello stesso anno la fondazione. Come ben sappiamo, gli studiosi non trovano mai la “giusta sistemazione” e qualcuno ha ipotizzato addirittura il 1620 come anno esatto.

Le uniche verità danno vita a una serie di successioni (per eredità o morti premature) fino a quella del conte Antonio Grignano, ultimo signore del posto. Se vogliamo dirla tutta, i riferimenti alle prime popolazioni che abitarono l’isola non mancano mai.

Si presume che San Carlo abbia origini risalenti all’antica città di Scirtea, centro sicano situato sul Monte Cristia. Questa fu rasa al suolo nel 104 a.C. dai Romani. Successivamente, secondo fonti (attendibili?), furono i bizantini a ricostruirla e raggiunse il massimo splendore con i Normanni.

Qual è la verità? Serpeggia un certo disfattismo durante la breve passeggiata. Il silenzio annebbia ogni forma di speranza. Quanti sono gli abitanti? Centosette. Prima erano molti di più, dice uno dei pochi passanti incontrati. La storia ha fatto il suo corso e decorso, non contiamo nulla, aggiunge singhiozzando.

San Carlo ha rappresentato uno dei punti nevralgici del sistema ferroviario della Sicilia occidentale. Snodo principale per i mezzi provenienti da Castelvetrano e Palermo.

Oltre all’importanza geografica, primeggiava l’aspetto socioeconomico. Le cose belle durano poco. Infatti, nel 1958, una volta cessata l’attività, iniziò il flusso migratorio verso la Germania e gli Stati Uniti.

Ai 239 metri d’altezza echeggiano pensieri e poche parole. Meglio continuare la visita. L’impianto urbano è a griglia regolare, con una piazza larga. Senza batter ciglio è presente l’unica vera architettura di S.Carlo: la Chiesa di San Carlo Borromeo.

Costruita nel XVII secolo, all’interno sono presenti l’altare, una statua lignea di San Carlo (XVII sec.), il prezioso tabernacolo argenteo, il fonte battesimale e una tela raffigurante sempre il Santo Patrono. Lo spirito avventuriero non demorde di fronte “alla pochezza iniziale”.

Anzi, grazie all’osservazione, è possibile scovare alcuni edifici medievali. Tra questi, la torretta dell’orologio, la panetteria, il fondaco, i magazzini, i trappeti olei e un edificio scolastico. I “veri curiosi” possono andare oltre.

Dove? “Dunni lu scrusciu di l’acqua immaginario mette in moto il vecchio mulino di San Carlo.

Tempi antichi, tempi andati”. Senza dimenticare “lu Canali", lo storico abbeveratoio. Per i veri cacciatori di notizie, il territorio è provvisto di una centrale idroelettrica. Raccoglie le acque provenienti dalla diga Gammauta.

Rupi, vegetazione e colli fanno da contorno. E che paesaggi! E che profumi! I frutteti chiamano e noi, aspiranti viaggiatori, non lesiniamo più di tanto a lasciarci coinvolgere.

Nel piccolissimo centro non mancano le sagre. La tradizione impone - il 4 novembre - la devozione religiosa verso San Carlo Borromeo. La processione è accompagnata da eventi e festeggiamenti.

Chi passa da Burgio per dirigersi nel palermitano o viceversa ha il dovere di fermarsi in questa piccola frazione. Uscire dal mezzo, passeggiare, respirare aria pura e ripartire con un’energia fuori dal comune. Perché San Carlo è e rimarrà pur sempre sconnessa dal resto dell’isola.
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