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Se il paesaggio ti incanta, il cibo ti cattura: il borgo (inaspettato) vicino a Palermo

Una passeggiata tra gli stretti vicoli alla ricerca di spensieratezza è il modo giusto per iniziare il tour. Il "forestiero" si trova catapultato in un paesaggio splendido

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 18 novembre 2024

Santa Cristina Gela

È domenica. “Lu ciavuru” delle castagne inonda le piazze Umberto I e Mariano Polizzi. Calia, simenza e pistacchi fanno il resto. I 994 abitanti di Santa Cristina Gela sono festanti. Il giorno di riposo rappresenta il momento in cui la comunità si stringe attorno alle tradizioni.

Lu scrusciu delle tazzine di caffè nei bar scuotono anime e coscienze. È giunto il tempo delle preghiere, del rito latino (in alcuni casi bizantino). A pochi chilometri da Palermo e circa cinque da Piana degli Albanesi affiora - tra vallate colorate e montagne adatte ai veri escursionisti - un paesino da vivere tutto d’un soffio.

Insieme alla citata Piana e Contessa Entellina, fa parte della comunità albanese stabilitosi in terra siciliana. Si ritorna indietro di decenni. Un modo di vivere all’antica? No, uno stile andato perduto nelle grandi città, dove il lato umano è sopraffatto dal progresso.

Contenuti storici e aspetti sociali riscuotono successo. Il "forestiero" si trova catapultato in un paesaggio splendido, a dir poco genuino.
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Una passeggiata tra gli stretti vicoli alla ricerca di spensieratezza è il modo giusto per iniziare la visita del piccolo comune palermitano.

I 674 m.s.l.m. indicano l’esatta altimetria di un posticino da assaporare lentamente. La frenesia è messa alle spalle (momentaneamente). Sedanshtina (in albanese) esce fuori gli artigli, mostrando i lati migliori della sua secolare esistenza. Documenti e fonti antiche ripercorrono vicende passate. Si parla d’insediamenti indigeni (Pizzo Parrino) e romani (necropoli di Quadaredda).

Nel Rollo di Monreale del 1182 è citata la Terra di Costantino. Era un presidio militare bizantino a protezione del vasto territorio sottostante. Terra che, successivamente, a partire dal 31 maggio del 1691 venne ceduta a 82 agricoltori albanesi (pheudum sancte Christine). Non rappresentò una vera e propria fondazione, ma un insediamento stagionale (pagliai, taverna, una chiesetta e magazzini).

Prima di proseguire è doveroso, come sempre, un assaggino tipico che possa deliziare i palati fini del turista. I cannoli di Piana non sono distanti anni luce, ma quelli di Santa Cristina Gela (detto da un santacristinaro) non soffrono la rivalità. Infatti, a dirla tutta, il gusto sopraffino e delicato merita le dovute attenzioni.

Senza dimenticare del pane. Sì, quello preparato ancora con gli strumenti tradizionali (cottura nel forno a legna). Sazi e mai domi, la ricerca continua. Correva l’anno 1747, quando - causa inserimento nel commercio del grano - il feudo venne concesso in enfiteusi a favore dei duchi Naselli di Gela.

Ottennero la licenza popolare e l’appellativo di “Gela”. La signoria baronale terminò nel 1812 (termine concessione feudale). Divenne comune nel 1818 (periodo borbonico). La comunità era mistilingue e multireligiosa.

Tra riti greci e latini, albanesi e siculi, il mix di culture aveva posto radici senza precedenti. Questo, ancor oggi, è uno dei punti forti. Attualmente è in voga il bilinguismo. Gli amministratori locali utilizzano nei documenti ufficiali e nella segnaletica stradale la lingua albanese (tutela delle minoranze etnico-linguistiche).

Tra un cartello e l’altro l’obiettivo è visitare la Chiesa Maggiore. Edificata nel 1815 su un’altra struttura preesistente, riflette uno stile semplice. Le caratteristiche poggiano su ordini classici e per ragioni decorative. Il portone centrale interrompe una certa uniformità, grazie a due grossi comici in gesso. Nella parte centrale è presente il portale in legno.

Sopra quest’ultima è posta la statua di Santa Cristina all’interno di una nicchia. L’opera più importante è quella che raffigura San Giuseppe con il Bambino. È una statua lignea policroma settecentesca. A destra si trova il campanile e, come descritto per parte delle caratteristiche, non si allinea perfettamente con il resto della struttura.

Messo piede fuori dalla chiesa, vecchie e nuove abitazioni mescolano stili differenti. La ricerca è proiettata verso i palazzi nobiliari. Quelli di Musacchia e Palermo concentrano passaggi storici di gran fermento. Oltre a godere di terrazzi con “viste uniche”, sono sedi della biblioteca o l’ex municipio. Restaurate, portano con sé sfarzo e lusso di un tempo molto lontano.

Fanno parte della “collezione santacristinara” l’ex edificio comunale e la fontana in pietra locale. La camminata volge al termine, o forse ha qualcosa in serbo per i curiosi.

Affacciandosi verso gli ambienti circostanti prevalgono le montagne. Cozzo Buscesci, Rocca del Corvo, Pianetto, Turdiepi, Poggio della Sporta, Sbanduti sono i rilievi che custodiscono l’intero territorio. Lo stesso è ricco d’acqua pura. Anche il Belice Destro ha trovato passaggio nei dintorni, a testimonianza di un territorio ricco di boschi di querce, lecci e sugheri.

L’ultima immagine regala un uomo in sella al suo cavallo. Un giro nella piazza principale, tra un sorriso e una battutina sembra avere un potere: fermare le lancette dell’orologio. Nella domenica festante, Santa Cristina Gela non ha dimenticato i suoi trascorsi rurali.
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