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Se ci passi non puoi non notarlo: a Palermo una palazzina ci fa fare un tuffo nel Liberty

Risulta quasi impossibile immaginare oggi le condizioni originarie del luogo in cui il villino si trovava ancora nei primi anni Trenta, in una dimensione quasi rurale

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 1 settembre 2020

Il villino Cavarretta a Palermo

Risale al 1912 questa elegante costruzione eclettica incredibilmente sopravvissuta al sacco edilizio e accerchiata dalla dimensione preponderante delle migliaia di metri cubi di cemento armato ad essa subito intorno a incrocio tra le vie Ariosto e Leopardi a Palermo.

È il villino che Rosaria Greco di Valdina-Cavarretta commissiona nel proprio fondo rurale allora confinante con l'immensa tenuta di Joshua ed Effy Whitaker al trentacinquenne Enrico Calandra (1877-1946). Allievo di Ernesto Basile e Antonio Zanca, Calandra rappresenta uno dei personaggi chiave nella narrazione del Novecento artistico siciliano soprattutto in termini di legante culturale tra l'isola e la capitale in cui verrà chiamato nel 1930 ad insegnare da Gustavo Giovannoni alla cattedra di Caratteri degli edifici presso la Scuola superiore di Architettura dopo aver tenuto le cattedre di Disegno d’ornato e architettura elementare tra Palermo e Messina.

Calandra attivo anche nello studio professionale di Ernesto Armò, sarà maestro apprezzato e riconosciuto per architetti e studiosi come Giuseppe Samonà e Camillo Autore, Salvatore Cardella e Giuseppe Pensabene, Giuseppe Spatrisano e Francesco Basile, Edoardo Caracciolo, Guido Di Stefano, Stefano Bottari, scamperà al disastroso terremoto messinese del 1908, sarà architetto per la Regia Deputazione ai restauri del Duomo di Monreale (1913-26), parteciperà al concorso nazionale per la stazione di Milano poi vinto da Ulisse Stacchini (1912), dirigerà la Scuola romana nei travagliati momenti di occupazione alleata, soffrendo per la deportazione del figlio Roberto in Germania e dunque spengendosi prematuramente nel 1946.
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Apprezzato e rispettato per il suo antifascismo e la grande statura di maestro persino da Bruno Zevi, strepitoso disegnatore e raffinatissimo acquarellista, sarà l'autore nel 1938 di quel Breve storia dell'architettura in Sicilia, testo fondamentale e sintetico per l’inquadramento dello sterminato e articolato patrimonio monumentale isolano, caratterizzato nel caso specifico da uno studio puntuale e diretto sui luoghi da parte dell'autore e degli allievi ad esso più prossimi.

Esplicativo è il caso studio della cosiddetta “Badiazza” di Messina a cui Calandra dedicherà uno straordinario repertorio di studi e disegni caratterizzati dalla marcata e personalissima abilità artistica.

Risulta quasi impossibile immaginare oggi le condizioni originarie del luogo in cui il villino si trovava ancora nei primi anni Trenta e Quaranta insieme al secondo Villino Cavarretta progettato da Salvatore Caronia Roberti (1923), in una dimensione quasi rurale in cui i due bassi edifici finivano per rappresentare vere e proprie colonne d'Ercole nei confronti della bellezza naturale e rigogliosa della Conca d'Oro ancora predominante.

L'edificio caratterizzato da un impaginato dei prospetti sobrio e ritmato, sorge su un basamento grigio da cui si erge, su una teoria di ondine colorate di rosso e oro, l’ocra rosato dell'intera costruzione da cui spicca la piccola torre in direzione dell'esile pensilina in vetro e ferro battuto da una parte e il bow-window semicircolare in direzione dei resti del giardino.

Nonostante l'assenza di motivi decorativi Liberty, la composizione risulta pienamente influenzata dalla lezione compositiva basiliana di cui sono elementi distintivi, vere e proprie firme stilistiche di scuola basiliana, l'uso della torretta angolare e l'aggetto superiore di elementi verticali oltre le linee di colmo del tetto spiovente a due falde, sia lungo gli spigoli laterali che al di sopra del colmo superiore.

Oggi sede di Banca Santander, il villino eclettico, testimone ignaro di un passato quasi del tutto sconosciuto, unica realizzazione di Calandra in città, rappresenta uno dei punti notevoli della bellezza urbana del quartiere un tempo dominato interamente dalla tipologia dei villini modernisti, cifra culturale della città felice della belle époque, tra lo sguardo troppo spesso distratto e veloce della città contemporanea.

Forse una targa esplicativa in sua prossimità con immagini, disegni e una breve sintesi dell'opera e del suo autore, aiuterebbe la consapevolezza del cittadino nei confronti di ciò che resta del nostro patrimonio culturale in piena armonia con il concept illuminato della convenzione di Faro.
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