ITINERARI E LUOGHI
Scavata nella roccia del colle Temenite in Sicilia: la grotta incantata dedicata alle ninfe
Accanto si scorgono delle edicole votive che erano adibite alla celebrazione degli eroi. A est della spelonca, invece, risalta il mulino ad acqua di epoca spagnola
La grotta del Ninfeo di Siracusa
Per di più, all’ingresso erano presenti delle statue dedicate alle muse, datate al II secolo a.C. . Allo stato attuale, tre di esse sono conservate presso il “Museo Archeologico regionale Paolo Orsi”.
Ad ogni modo, la celebre fontana rimanda al culto greco delle ninfe, simboleggianti le divinità della natura. Proprio da loro, infatti, trae origine il noto appellativo di “Ninfeo”.
Secondo le fonti storiche anticamente era la sede del “Mouseion”, noto pure come santuario delle muse. Inoltre, ulteriori testimonianze tramandano che ricoprì anche la funzione di “ Corporazione degli Artisti”.
Lo storico siracusano Giuseppe Politi, autore dell’opera "Siracusa per viaggiatori", riportava che “quivi presso fornito d’ogni lato di riquadrate nicchie di varie dimensioni per tavole votive ed epitaffi, ed ancor di più celle a catacomba, passaggio sul viro di sasso vi ha, che noi chiamiamo la strada sepolcrale, ed una gran grotta portata a volta, con vestito all’esterno di triglifi, e con due acquedotti in fondo l’uno e traverso dell’altro verticalmente interessati d’artificiale spiraglio.
Questa grotta perennemente irrigata da uno di essi; onde appellata la “Grotta dell’acqua”, poteva già essere per l’uso degli Efebi vincitori dell’Accademia di musica al pari di quella che, secondo Patisania, era già sul teatro di Atene; e forse con più probabilità un Ninfeo, cioè quivi una grotta adorna di più statue di Ninfe, con giuochi d’acqua, come vuolsi che più significhi questo nome".
L’incantevole antro, oltretutto, è caratterizzato da un soffitto a volta ed una vasca di forma rettangolare all’interno; siamo, altresì, a conoscenza che essa raccoglie l’acqua proveniente da una cavità posta nel fondo della fronte roccioso. Accanto si scorgono delle edicole votive che, un tempo, erano adibite alla celebrazione degli eroi. A est della spelonca,invece, risalta il mulino ad acqua di epoca spagnola.
Da quel che si dice, trattasi dell’ultimo esemplare conservato sino ai giorni nostri. Oltre a ciò, a seguito di diverse indagini in situ, i ricercatori hanno appurato che utilizzava l’acqua della grotta per la macinazione del grano. In più, gli studiosi hanno rilevato che il flusso idrico confluiva in direzione del teatro stesso.
Suscitano particolare curiosità anche i due acquedotti che trasportano le acque dentro l’anfratto. Ambedue sono rispettivamente denominati “ Ninfeo” e “ Galermi”. Giuseppe Maria Capodieci, nel volume intitolato “Antichi monumenti di Siracusa”, asseriva che “si sono un po' ingannati tutti gli antiquari nel credere sino al giorno d’oggi, che la grotta cavata ad arco nella viva pietra, sia stata lavorata dai siracusani per condurre l’acqua nello stesso.
È vero che, nei teatri vi eran le acque per uso della gente, ma a tal uopo non bisognava cavare una sì grande, e maestosa grotta, quando che a ciò bastava un piccolo buco per condurla, dove si voleva.
L’acqua, che scorre dalla grotta, si chiama Galermi, che significa buco d’acqua. Il cavo, che si vede, il quale corrisponde a un acquedotto, fu fatto posteriormente dall’Università, per condurre nel secolo XV le acque in città.
Infatti si osserva dal presente capo nel muro, che corrisponde in detto acquedotto, e i canali, che sono piantati in giro per tutta l’anatomia del paradiso sull’alto, e poi voltano verso la chiesa di San Niccolò, a quale effetto e si erogano delle grosse somme”.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
|