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Rosario Lisma e il teatro: dalla cucina (di Mazara) ha ereditato il suo amore per l'arte

Al cinema è stato tra i protagonisti de "La mafia uccide solo d’estate" di Pif. L'attore mazarese, "fuggito" dalla Sicilia a 18 anni per inseguire il teatro, si racconta e guarda al futuro

Jana Cardinale
Giornalista
  • 12 febbraio 2021

Rosario Lisma

Il suo amore per l’arte inizia già in cucina, un hobby che richiama tutta la cura e il talento che porta sulla scena.

Rosario Lisma, attore, autore e regista, mazarese ma "fuggito" in continente a 18 anni, si è laureato in Legge per la felicità dei genitori, ma presto ha cominciato a fare il teatro per la felicità propria. (I genitori si sono presto convertiti, però, a essere i suoi primi fans).

Tantissime le esperienze importanti che contraddistinguono il suo cammino professionale: è stato diretto da grandi registi come Massimo Castri, Peter Stein e Thomas Ostermeier.

Ha scritto, diretto e interpretato "Che gusti ci sono", "L'Operazione", "Peperoni difficili", commedia rivelazione al Teatro Franco Parenti di Milano, "BAD and Breakfast" e "Ore d'amore", e "Pescheria Giacalone e figli" per lo Stabile di Catania.

Al cinema è stato tra i protagonisti de "La mafia uccide solo d’estate", di Pif e di "Smetto quando voglio" di Sidney Sibilia. Su Rai Uno lo abbiamo visto ne "Il Commissario Montalbano" e su Sky in "1994".
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«In questo periodo anomalo e difficile di pandemia e chiusura dei teatri – confessa Rosario - posso dire di essere stato tra i più privilegiati perché ho avuto la fortuna di lavorare e per di più a dei progetti molto interessanti. Purtroppo solo progetti, perché si tratta di prove di alcuni spettacoli che non hanno ancora potuto offrirsi al pubblico.

Tra novembre e dicembre abbiamo montato lo spettacolo “Edificio 3” per il Piccolo di Milano, scritto e diretto dall’argentino Claudio Tolcachir. Un’esperienza fantastica, una commedia contemporanea molto poetica. Lo spettacolo è stato montato e congelato, e lo presenteremo al pubblico nel novembre prossimo. Varianti e vaccini permettendo…».

In questo momento è alle prese con le prove de “Il piacere dell’onestà” di Pirandello, con il regista Valerio Binasco per il Teatro Stabile di Torino.

«Un’altra avventura entusiasmante – dice – partita già a dicembre - sebbene di segno tutto diverso. Un dramma tipicamente pirandelliano, filosofico e carnale al contempo. Forse riusciremo a debuttare davanti al pubblico già a maggio. Lo speriamo.

A febbraio, inoltre, sono a Genova a preparare un monologo scritto da me dal titolo “Giusto”, prodotto dal Teatro della Tosse. Vi prego di astenervi dalle battute sul nome del teatro, specie di questi tempi… - aggiunge confermando il suo piglio mordace.

«È un testo che ho scritto alla fine del primo lockdown e parla di noi - aggiunge -, della nostra società contemporanea arrabbiata e individualista ancora di più dopo questa tragedia sanitaria ed economica. Presto mi sono accorto di quanto fosse illusoria la speranza di uscire tutti migliori da questo trauma.

So che può sembrare un pensiero troppo cupo ma ne sono convinto: vedo meno solidarietà e comprensione in giro, molta più avidità e narcisismo. Per fortuna c’è l’arte del teatro e l’ironia che mi sorreggono per poterlo dire».

Anche "Giusto" potrà vedere la luce solo quando sarà possibile. La speranza è che sia presto. E nell’idea di Rosario c’è di riprendere anche il suo lavoro dal titolo “L’Operazione”, al Teatro Fontana di Milano, a giugno, benché il settore sia tra i più colpiti dalla pandemia.

«I danni sono incalcolabili – conclude -. Ci vorranno anni per rimettere tutto in carreggiata e riprendere un cammino che già aveva le sue difficoltà, nel sostegno sempre deficitario da parte dello Stato come nei diritti ridotti e nelle economie precarie dei lavoratori.

Spero che ci sarà un miglioramento delle condizioni generali e che si dia la giusta dignità a un’arte che è cultura e quindi nutrimento della società, e che è un comparto produttivo prezioso per l’economia nazionale.

Almeno su questo vigileremo noi lavoratori dello spettacolo, e avremo la caparbietà di essere ottimisti. Intanto posso dire che non vediamo l’ora di riabbracciare tutti i nostri spettatori. E io, per quanto mi mancano, li abbraccerei uno per uno».
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