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Rimane a Palermo per cambiarla, chi è il rapper Louis Dee: "La strada mi ha salvato"

Per lui Palermo è una sorta di musa ispiratrice: «La creatività dipende molto dal posto in cui vivi, se non vivessi qui non riuscirei a fare questa musica»

  • 10 maggio 2024

Louis Dee ed Ensi sui tetti di Palermo (foto di Andrea Barchi)

Vengo dalla finta borghesia dall'ipocrisia, dall'anomalia dalla colpa è mia
Dalle stragi, dalla mafia, Santa Rosalia, dal bilancino alle balate della Vucciria
Vengo dal dolore e dalle facce stanche, dai pignoramenti, dai traslochi,
"dai che ormai sei grande" e più crescevo in fretta più tutto era distante.


Sono passati solo due anni dall'uscita di "Flow sui gradini" ma dal disco-sfogo, partorito con Big Joe, ad oggi Claudio Fagà ne ha fatta di strada (in tutti i sensi).

Artigiano della parola classe 1984, Claudio, in arte Louis Dee, inizia a dedicarsi al freestyle nella prima adolescenza, improvvisando rime tra il Politeama, piazzale Ungheria e i luoghi di ritrovo della scena underground e hip hop palermitana.

È stata proprio la strada a tirarlo fuori dai casini, aiutandolo a scoprire un talento - quello per la scrittura - grazie al quale si è costruito un'alternativa a un destino segnato da una situazione familiare difficile.
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Il titolo del suo nuovo album, Palifornia (pubblicato con Juicy Music Factory, l'etichetta discografica capitanata da Ensi), è un gioco di parole dedicato alla sua città.

Claudio Fagà oggi è anche un ghostwriter: alla sua porta vengono a bussare artisti - più e meno noti - per fargli comporre i testi e le melodie delle loro canzoni.

«Ho iniziato a fare musica per necessità - ci spiega in un'intervista esclusiva - per capire me stesso e gli altri. Tante volte andare in strada, mettersi alla prova facendo freestyle ti aiuta. Anche il semplice fatto di avere un punto di ritrovo, sapere di andare lì e trovare gli amici di sempre».

In quegli anni a Palermo nasce una proficua realtà rap underground, e in poco tempo la scena locale nota il suo talento.

«Stavamo seduti pomeriggi interi fino a notte tarda sui gradini - racconta - a fare musica o a pensare che un giorno saremmo diventati dei musicisti. In strada i pensieri e i problemi ce li hai sempre, ma quando stai in quella cerchia di amici che sono cresciuti insieme a te, metti tutto da parte e riesci a guardare le cose da un'altra prospettiva».

Cresciuto tra i dischi degli Heart Wind & Fire, Pino Daniele e Lucio Dalla, messi a casa da mamma e papà, per Claudio scrivere e comporre melodie è sempre stata la migliore terapia per l'anima.

«Per me la scrittura è il modo per riuscire a fare chiarezza su determinate cose - spiega - uno dei primi pezzi che ho scritto era una sorta di sfogo intensivo per rendermi conto di ciò che provavo e far uscire i miei pensieri».

Le sue influenze musicali le deve proprio ai suoi primi ascolti: «Mia mamma lavorava e bazzicava nell'ambiente musicale - racconta - mentre mio padre era proprio un percussionista, appassionato. Mi hanno influenzato tanto entrambi, impartendomi una cultura sia black, sia italiana di quei tempi.

Dai vecchi dischi di Lucio Battisti e Claudio Baglioni ho assimilato il tipo di scrittura nei pezzi più conscious mentre dagli album dei Parliament ho preso e fatto mio il gusto più black della musica».

Con le sue rime Claudio riesce a cogliere e raccontare le sfaccettature della realtà con un'abilità unica. Una penna efficace, tagliente quanto toccante, capace di raccontare l'anima della strada con una sensibilità che solo qualcuno che l'ha vissuta realmente può possedere.

«Ho iniziato da autoprodotto - racconta - insieme ad altri rapper palermitani, avevamo comprato un piccolo macchinario per stampare i cd a casa, i verbatim bianchi».

Firma il suo primo contratto nel 2015 con la label indipendente Unlimited Struggle per l'uscita del primo album "Sto bene all’inferno”. Poi negli anni arrivano anche "Flow sui gradini" (2022) e "Sangò" (2022).

Negli anni l'attitudine resta street ma la crudezza delle rime, piene di ciò che ha vissuto, di storie vere e quotidiane, è supportata anche da melodie orecchiabili che coinvolgono il pubblico in maniera trasversale.

«L'underground è la parte da dove tutto inizia, la parte più importante - racconta - poi col tempo riesci anche a evolverti in altro. Se prima parlavo di strada e di situazioni un po' più crude, come la droga e i problemi familiari, adesso scrivo anche d'amore.

Crescendo ti evolvi, hai altri pensieri e interessi. Nel mio caso sono anche diventato papà, quindi ho dovuto necessariamente guardarmi da un'altra prospettiva, vedendo mio figlio crescere».

Palermo, con le sue strade e le sue storie, ritorna sempre: «La città è tutto ciò che fa da contorno alla mia vita - spiega - per questo viene spesso e volentieri citata nei miei pezzi, è una sorta di musa ispiratrice».

Emergere dall'Isola è difficile ma con una grande dose di perseveranza e "fame" - come la chiama Claudio - ci si riesce lo stesso.

«Palermo ha una scena di hip hop, di musica rap enorme ma in pochi riescono a emergere - commenta il rapper - Qui è tutto molto più difficile, devi rimboccarti le maniche più volte rispetto a qualcuno che abita al nord Italia».

Per Claudio riuscire a vivere solo di musica non è stato facile: «Ho fatto anche altri lavori per riuscire ad arrivare a fine mese - spiega - in tanti mi hanno consigliato di trasferirmi altrove ma ho deciso di rimanere.

Credo che il mio punto di forza sia proprio Palermo, la creatività dipende molto dal posto in cui vivi, dalle persone che frequenti, se non vivessi qui non riuscirei a fare questa musica».

Poi col tempo sono arrivate anche le collaborazioni e i pezzi "per gli altri": «Mi è capitato spesso di scrivere per altri artisti - spiega - e notare in loro qualcosa di cui avevano bisogno.

Palermo fa male ma allo stesso tempo la ami. Se vai via da Palermo stai male, se ritorni a Palermo e ti rendi conto di come funzionano le cose qui stai male lo stesso. Il discorso è: restare per cercare di migliorarla, con la mia musica voglio fare questo, raccontare una Palermo diversa».
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