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Prima li trovavi tutto l'anno, ora no: perché i pesci nel Mediterraneo rischiano di sparire

I biologi marini chiedono da anni il blocco del pescato, ma il cambiamento climatico e la sovra pesca non aiutano. I consigli del WWF per salvaguardare la vita marina

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 24 luglio 2024

Il Mediterraneo è stato una delle culle della civiltà, il bacino marino da cui generazioni di pescatori hanno tratto il nutrimento con cui hanno soddisfatto la fame del loro popolo.

Greci, Fenici, Romani, Bizantini, Arabi. Sono stati innumerevoli le nazioni che hanno guardato a questo mare come fonte di ricchezza e di sostentamento, almeno fino ad oggi.

La situazione ittica del Mediterraneo è infatti cambiata drasticamente nel corso degli ultimi due secoli, in parte per le conseguenze del surriscaldamento climatico - indotto dalle maggiori emissioni di anidride carbonica - ma soprattutto per via della sovra pesca, che ha alterato gravemente gli ecosistemi marini, provocando il crollo demografico dei pesci.

Recentemente però la situazione è divenuta ancora più drammatica, come asseriscono i pescatori siciliani e gli ultimi studi effettuati dalle agenzie internazionali e dalle associazioni ambientaliste.

Il WWF in particolare ha parlato negli ultimi giorni di una situazione drammatica, a seguito dell’apertura del 36esimo Comitato per la Pesca della FAO (Committee of Fisheries, COFI) a Roma.
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Il pesce sembra sempre più mancare nel Mediterraneo e anche quest’anno l’Europa ha consumato la sua produzione annua di molluschi, crostacei e pesce a luglio, anticipando di qualche giorno il “Fish Dependence Day”.

Da metà luglio, tutti i prodotti animali di provenienza marina consumati in Europa proverranno infatti da altri bacini esteri, confermando il dato che vede il Mediterraneo il secondo mare più sfruttato del mondo, causando disturbi agli ecosistemi come alle stesse comunità umane.

È vero che anche l’Africa e l’Asia sono responsabili di questo sfruttamento, ma in media un cittadino europeo mangia oltre 24 kg di pesce l’anno, mentre gli italiani ne consumano oltre 31 kg. Troppo. Un quantitativo che aumenta considerevolmente il conflitto tra la disponibilità di pesce e la sua richiesta, non solo nella nostra regione, ma in tutto il continente.

Gli effetti di questo conflitto sono facilmente osservabili al mercato. Banchi di pesci più poveri di merce e prezzi più alti, oltre che un peggioramento generale della qualità del pescato dovuto all’ormai cronica assenza della giusta quantità di riproduttori all’interno delle specie presenti nel bacino.

Ovunque il pesce sembra subire una crisi demografica, che porta gli armatori delle navi a rivolgersi solo alle grandi agenzie di distribuzione per la vendita, escludendo di fatto i piccoli rivenditori. Le specie più colpite da questa crisi includono il pesce spada, il tonno, oltre che il nasello, la sardina, i gamberi e i calamari.

«Una condizione ulteriormente aggravata dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN), che mette a rischio gli ecosistemi marini e le economie locali», ha dichiarato il WWF. Tuttavia, non tutto sembra perduto.

Per contrastare il declino dei nostri stock ittici, esistono delle soluzioni. Per prima cosa, bisogna lottare contro la vendita illegale del novellame, che è forse il fenomeno che accentua maggiormente la decrescita demografica delle popolazioni ittiche.

Un chilo di frittelle di “neonata” condanna, infatti, migliaia – se non milioni – di giovani pesci a morire, prima che possano riprodursi e divenire adulti.

Ridurre il consumo di alcune specie potrebbe, inoltre, aiutare gli ecosistemi a migliorare il proprio stato di salute e a favorire un maggior numero di nascite fra i pesci.

Fondamentale rimane, invece, la lotta contro le specie aliene e i “pirati del pesce” (pescatori illegali che cercano di accaparrarsi le maggiori quantità possibili di pesce, per rivenderlo all’estero) la cui comparsa velocizza l’estinzione delle specie locali.

«Le evidenze scientifiche confermano come, aumentando la protezione in aree chiave del Mediterraneo, gli habitat marini potrebbero riprendersi, gli stock ittici potrebbero essere ricostituiti e noi potremmo combattere al meglio l’impatto del cambiamento climatico», afferma Giulia Prato, responsabile mare del WWF Italia.

Aggiunge: «Anche ridurre il nostro consumo di pesce, diversificando le nostre scelte di prodotti ittici è fondamentale per contrastare la pesca eccessiva, incoraggiare la transizione verso una pesca più sostenibile e supportare la resilienza dell’ecosistema marino - continua Prato - Il WWF Italia invita ad acquistare pesce adulto, locale e di stagione e scegliere specie poco comuni, evitando quelle più sovrasfruttate, così da bilanciare la pressione sulle risorse marine, favorendo il mantenimento della biodiversità marina e la rigenerazione degli stock ittici».
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