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Porte aperte e si offrivano (vere) delizie: a Natale a Palermo c'era "il giro della scala"

La "convivialità" era simbolo di un'epoca che per le feste trovava il suo massimo splendore. Tra la gente c'era voglia di far momenti allegri, stare insieme e ritrovarsi

  • 23 dicembre 2023

Agli albori degli anni '80 a Palermo, come del resto in tutta Italia, la "convivialità" era simbolo di un'epoca che a Natale trovava il suo massimo splendore. Tra la gente c'era voglia di far festa, stare insieme e ritrovarsi, alzare i calici la vigilia della vigilia, in un giorno di dicembre prima di quel 24 da trascorrere in famiglia.

E quindi in una di quelle nuove costruzioni lungo un viale che doveva essere ipoteticamente la continuazione del viale Lazio - anche se così non fu mai perchè quella "rotonda" divise due Palermo differenti - ci fu la scala di un condominio abitata da "vicini" che erano anche e soprattutto "amici".

Famiglie che insieme amavano fare la gita alla domenica, raccogliere le castagne in un terreno di altri amici, noleggiare un pulmann per andare ad acquistare il vino a Marsala. Oppure ancora andare sulla neve a Piano Battaglia e trascorrere scene come fosse un film alla Vanzina. Vita condivisa, insomma.
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Tra di loro non c'era "buogiorno" e "buonasera" ma «stasera che fate?», «Ceniamo insieme?», «Noi da voi, o voi da noi?». Quei ragazzi, i figli di queste famiglie, erano un po' cugini tra di loro, stavano crescendo insieme in nome dell' amicizia delle loro famiglie.

Era il 1980 e vivevamo da poco quelle case nuove di zecca. Per chiamarci bastava dare tre colpi di bastone sul tetto, gli amici di sopra avrebbero capito e si sarebbero affacciati. L'idea del cellullare era solo fantascienza e si divideva l'unica linea telefonica tra famiglie unite: c'era il duplex.

Si avvicinava Natale, a quel tempo l'albero si addobbava il pomeriggio del 7 dicembre, come da tradizione. Appeso ad ogni porta d'ingresso c'era un Babbo Natale sorridente, una coccarda rossa e verde, due calde sfere, una stella luminosa per lasciare intendere che in quelle case era arrivato il Natale allo stesso modo. Mia madre, quell'anno propose "il giro della scala".

«Perchè non ci facciamo gli auguri il 22 o il 23 dicembre? Teniamo le porta aperte e facciamo un pasto per ogni casa e "strenne" per ognuno di noi sotto il nostro Albero!» esclamo' così agli amici del palazzo.

Accettarono tutti con grande complicità ed entusiasmo. Ricordo che il pomeriggio del "giro della scala" le porte delle cucine erano chiuse a chiave: bolliva sui fornelli qualcosa di buono e intanto qualcuno incartava pacchetti. Un rossetto, una borsetta, una cravatta, delle carte da gioco, una penna, erano i nostri regali con quegli amici che erano una seconda famiglia.

E così cominciava il giro: al quinto piano avremmo mangiato uno sformato, frittate di vario tipo, un risotto, tutte pietanze da potere mangiare nei piatti color natale seduti sul divano, nelle poltrone, nelle sedie della cucina.

Al sesto piano, a casa degli amici "catanesi" avremmo mangiato la schiacciata con primosale e giri, le crispelle e le zeppole, e al quarto piano non sarebbe mancata la polenta pasticciata con salsiccia, il "frico", e la "grappa": qui la padrona di casa era friulana, veniva da Grions di Povoletto in provincia di Udine mentre il marito era un gerente messinese di un grande magazzino che stava in via Leonardo da Vinci e ricordo quanto fosse gigante il loro albero.

A casa loro noi ragazzini oltre alla puntuale strenna avremmo ricevuto in dono degli allestimenti smessi come una fila di stelle di plastica dorata che servivano ad impreziosire le vetrine di quel grande negozio. Il nostro amico avrebbe offerto la "pignoccata messinese bianca e nera", strimpellato la sua chitarra e grandi e piccoli avremmo intonato in coro "Quant'è l'aria la me zita", "Alla fiera dell'est", "Picciutteddi di picca pitittu manciatilu schittu ca mali nun fa" e "Astro del Ciel".

Saremmo scesi poi al secondo piano, i ragazzi per le scale, gli adulti in ascensore e qui avremmo trovato un'altra tavola imbandita a tema natale con pirofile di salsiccia, patate e insalate di tutti i tipi. Saremmo saliti ancora al sesto piano dagli altri amici dello stesso pianerottolo e lì non sarebbe mancato il riso nero dolce preparato dal padrone di casa oltre che pandoro, panettone, buccellato, spumante e tanti altri pacchettini spesso color "rosa" anche sotto il loro Albero.

E per quanto in quegli ani sarebbe spopolata la "griffe", il "giro della scala" sentenzio' piccole cose, grandi valori, perchè insieme era piu' bello. In quei pacchetti c'era un chiudi pacco con delle parole scritte a penna dalle mamme della scala insieme ad un piccolo babbo natale di cioccolato. Quelli erano gli anni che le giocate erano un must, ma quella sera, per il "giro della scala" si rideva, si scherzava, si raccontava qualcosa, si parlava di un sogno. Grandi con grandi, piccoli con piccoli.

E anche tutti insieme attorno ad un tavolo di una casa della porta accanto con tanto di sane risate. Quelle note ci facevano ballare con un girotondo di mani intrecciate. La cronologia della cena di quel Natale sarebbe cambiata ogni anno per dare creatività alle mamme del palazzo fortunato. Loro, le mamme, si sarebbero riunite qualche giorno prima e avrebbero deciso da quale piano iniziare.

Tutte tavole inbandite con tovaglie uscite fuori dai cassetti per quell'occasione, con tanto di sottobicchieri, candelabri, nastri e nastrini rossi. Angeli, cuori, e fate non mancavano. Gli Alberi del "giro della scala" si coloravano con le luci ad intermittenza dei "pisellini" multicolor. Le Tv restavano accese per farci compagnia.

In quelle serate romantiche spesso passava lo spot di quei ragazzi che con la candela accesa facevano piu' o meno così: "Vorrei cantare insieme a voi, in magica armonia".

Ma poi le nuove televisioni a colori si sarebbero spente per cedere il testimone agli "sterei compatti" presenti in ogni salone: un sottofondo musicale sarebbe stata la colonna sonora di quei momenti indimenticabili come "Jingle Bell Rock", "White Christmas", "Last Christmas", "Let it Snow", "Take me home for Crhristmas", "Din Don Dan", "Si accendono e spengono gli alberi di Natale".

Tutte musiche che avevano selezionato i "padri" in quel pomeriggio di preparativi. Per quei giorni il nostro palazzo era in Festa, veniva celebrato il senso delle famiglie, la comunità, il vicinato e la storicità di un'amicizia.

Alla fine la "vigilia" per noi era un po' quel giorno, il "giro del palazzo" che apriva le danze degli affetti a Natale.
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