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Parte dalla Sicilia per una vacanza e non torna: la storia (di riscatto) di Sara a Parigi

Nata a Catania e profondamente orgogliosa della sua città, oggi Sara ha 33 anni e fino al 2016 viveva in Sicilia con la madre. La sua avventura inizia un po' per caso

Sara Abello
Giornalista
  • 15 febbraio 2024

Sara Sanfilippo con la sua mamma

Da una vacanza alla sua nuova vita, quella di Sara, fiera trentatreenne catanese, è la storia di una giovane donna che per necessità e amore di mamma ha rivoluzionato tutta la sua vita o quasi.

Adesso la mattina è la bidella Sarina e dal pomeriggio si trasforma in una professionalissima videomaker che si occupa dell’immagine video del Comites di Parigi, il comitato degli italiani all’estero.

Chi l’avrebbe mai detto nel 2016 quando è volata a Parigi dalla sua amata Catania?! Una vacanza trasformatasi nella chance per una nuova vita, è questo l’incipit migliore per raccontare l’esperienza di emigrazione e di vita di Sara Sanfilippo.

Nata a Catania e profondamente orgogliosa della sua città, oggi Sara ha 33 anni e fino al 2016 viveva nel paese etneo con la madre. Lavorava in città come videomaker in una agenzia di comunicazione, dopo la laurea all’Accademia di Belle Arti.

Si occupava del montaggio video di un programma musicale trasmesso su una rete regionale privata e pian piano tutto sembrava procedere per la costruzione di una rete professionale con personalità molto note in Sicilia.
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Insomma tutto idilliaco, se non fosse per l’aspetto economico...come spesso avviene quando si svolge la professione che più si ama si tende ad accontentarsi anche di paghe misere, certo è che situazioni così non sono destinate a durare a lungo.

Quello era il periodo del Jobs Act, per cui 300 euro circa al mese, con orari ben distanti da quelli di un tirocinio. A Catania certo poteva permettersi il lusso di uscire con gli amici a mangiare qualcosa, ma l’indipendenza economica di pagare un affitto, le bollette, insomma camparci in autonomia era ben distante.

Inizia così la sua avventura un po’ per caso.

Concluso il contratto del Jobs Act l’agenzia invece di assumerla le chiede di lavorare con partita Iva, cosa insostenibile con quelle cifre.

Così il padre di Sara le regala altrettanti 300 euro, un mensile di Jobs Art in più in pratica, per fare una vacanza e dimenticare la perdita del lavoro e il dover riprendere le fila di tutta la sua vita.

La meta della vacanza è proprio Parigi, dove il padre di Sara ha dei vecchi amici che abitano nelle banlieue ovest, che l’avrebbero ospitata per una settimana. Il tempo di una vacanza insomma.

Sara però parte con le idee chiare: sfruttare quell’occasione per trovare un lavoro, lei e la madre chiaramente non potevamo più vivere solo di pochi spiccioli, e desiderava migliorare concretamente la loro situazione.

Arrivata a Parigi la tentazione di prendere l’Eurostar per Londra era tanta, anche perché se non spiccicava una parola di francese, aveva invece una certa padronanza dell’inglese. Poi però si rende conto che con i pochi soldi che ha in tasca sarebbe stato un vero salto nel vuoto, così resta nella capitale francese con la consapevolezza di non poter cercare un lavoro nel suo ambito di competenza ma al contempo mossa da una grande voglia di riscatto.

Inizia ovviamente la ricerca dal settore più scontato che infatti le dà una pronta risposta e trova lavoro in un ristorante italiano. Da quella vacanza non è più tornata in Sicilia per oltre sei mesi! L’impatto iniziale è stato mitigato da una splendida famiglia lucana che gestiva il ristorante presso cui inizia a lavorare come lavapiatti.

Pian piano cresce in lei una visione entusiasta di tutto, non avendo alle spalle chissà quali viaggi, anche di cose alle quali oggi guarda con parecchio disaccordo. Un anno dopo il suo arrivo Sara viene raggiunta dalla madre e insieme prosegue questo nuovo capitolo delle loro esistenze.

Oggi, dopo otto anni a Parigi, Sara è soddisfatta di tutto ciò che ha costruito professionalmente. Molti sacrifici compiuti e tanti altri ne continua a fare. La sua situazione professionale è migliorata, e adesso, ironico che sembri, ha un numero de SIRET (l’equivalente della nostra partita IVA...) con cui può esercitare la sua professione di videomaker, finalmente.

L’attività principale di Sara però è quella di collaboratrice scolastica per lo stato italiano - gli scherzi del destino continuano insomma - nell’unica scuola italiana presente in Francia, l’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci. Quindi la mattina è appunto la bidella Sarina e dal pomeriggio, come nei fumetti dei supereroi, si trasforma in videomaker collaborando con il comitato degli italiani all’estero.

Del resto se ha lavorato in Francia ed è riuscita ad andare avanti è proprio grazie alla comunità italiana presente, estremamente solidale, che l’ha aiutata a mettere a frutto il suo valore umano e professionale. Purtroppo il neo di questa esperienza sta nella rete di rapporti umani. Con un certo rammarico infatti, Sara racconta di come, se da una parte sia soddisfatta del lavoro, dall’altra non ha costruito nulla in termini di relazioni umane.

Nonostante oggi parli fluentemente la lingua, ha serie difficoltà a intraprendere qualsiasi tipo di rapporto con i francesi. Ne parla come di una situazione, per quanto anomalo, che non tocca solo lei o gli altri immigrati, ma anche gli stessi francesi.


Inoltre ancora oggi le capita di subire un po’ di ciò che viene definito "razzismo ordinario"...frasette a labbra strette, rimproveri o denominazioni fuori luogo come “rital”, termine dispregiativo con cui venivano chiamati gli operai italiani immigrati in massa in Francia e Belgio prima e dopo la seconda guerra mondiale per lavoro.

Questo succede ancora soprattutto da parte di persone anziane di una classe medio alta, che se usano certi appellativi per un’immigrata di “serie A” come Sara, che ha studiato e adesso ha una professione nel settore della pubblica istruzione, figurarsi le perle che usciranno dalle loro bocche per immigrati di altra provenienza che non hanno avuto le sue stesse possibilità e sorti nella vita. Sul suo legame con la Sicilia Sara parla a cuore aperto.

Torna spesso qui nel corso dell’anno nonostante la paura dell’aereo...non è religiosa ma non manca mai alla festa di Sant’Agata e ama ritrovare i suoi punti di riferimento, i luoghi in cui è nata e cresciuta, dove sentirsi libera e tirare un sospiro di sollievo. Come lo descrive Sara.

Nonostante tutto nel suo futuro non vede un rientro in Sicilia per sé, con un impiego pubblico presso il consolato sarebbe follia lasciare il tanto sognato da tutti "posto fisso".

Però per la sua terra ha comunque dei progetti, vorrebbe investire in un’attività così da permettere alla madre di ritornare nella sua città. Al momento rimane un sogno e continua a rivedere Catania a spizzichi e bocconi...ma chissà un domani.

Del resto, visti i passi da gigante compiuti, sembra che poche siano le cose che Sara non possa realizzare, e così le auguriamo noi!
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