ITINERARI E LUOGHI
Nella scultura c'è un simbolo "nascosto": le (splendide) due Pietà della Gancia di Termini
Una chiesa che custodisce tesori del patrimonio storico-culturale della Sicilia, ancora tutti da scoprire. L’edificio religioso venne edificato nel 1471
La Pietà marmorea nella chiesa della Gancia di Termini Imerese (Foto di Daniele Marsala)
In cambio i fratelli Antonio, Giacomo e Pietro Bruno acquisirono in concessione il cappellone centrale dove si custodiva la statua di Santa Maria della Visitazione. La struttura religiosa, dopo qualche decennio, e più precisamente nel 1590, andò distrutta e grazie all’intervento di alcune famiglie nobiliari si ricostruì un nuovo edifico ingrandendolo così come si presenta tutt’oggi.
L’interno, ad unica navata, ha la copertura a botte ed è introdotta dal coro che è sorretto da un colonnato ad archi a tutto sesto. All’interno si conservano delle straordinarie opere d’arte tra queste: due Pietà. Una è una scultura marmorea di “scuola gaginiana” del 1480, l’altra è un affresco posto nel vestibolo e risalente al XV secolo, di cui non si conosce il nome dell’autore.
Nella parte basamentale della scultura è incisa una iscrizione che attesta la proprietà e la data di realizzazione dell’opera: DI SATA MARIA DI IHS 1480. In un elenco delle opere d’arte termitane la Pietà risulta attribuita a Giorgio da Milano.
Tale ipotesi è, anche, confermata dal canonico Rocco Cusimano in una pubblicazione dal titolo “Brevi Cenni di storia termitana” dato alle stampe nel 1926. Di opinione diversa è la storica dell’arte Maria Accascina che attribuisce l’opera a Domenico Gagini, evidenziando le numerose affinità tra il viso del Cristo con quello di San Gandolfo, custodito nella Chiesa Madre a Polizzi Generosa.
L’erudito termitano Giuseppe Patiri in "Termini Imerese Antica e Moderna", pubblicato nel 1899, così scriveva: “Nella Chiesa della Gancia merita attenzione per l’epoca a cui appartiene un gruppo in marmo del quattrocento, d’autore sconosciuto, ammirabile per l’estetica pietà, che l’artista seppe trasfondere alla effige dell’Addolorata col Cristo morto che si abbandona nelle ginocchia”.
Ciò che si evidenzia nella Pietà della Gancia di Termini Imerese è il Cristo posizionato al contrario rispetto alle riproduzioni tradizionali di quel periodo. Gesù, infatti, è sorretto dalla Madonna con la mano sinistra, mentre con l’altra incrocia quella del figlio, rievocando il simbolo dei Frati Francescani.
Di particolare interesse è il panneggio ben definito e con il risvolto interno di colore azzurro scuro. Lateralmente all’Addolorata s’intravedono due disegni: a sinistra una piccola stella ad otto punte mentre a destra notiamo una croce rossa iscritta in un cerchio.
Secondo la tradizione i Frati Francescani fondano la loro religiosità nella devozione del Mistero della Passione di Cristo. Non è un caso che all’interno della Chiesa segnaliamo un’altra importante Pietà. Quest’ultima è affresco posto nella parete interna in prossimità dell’ingresso principale.
In esso notiamo la Vergine con le braccia alzate al cielo, mentre sulle gambe sorregge il figlio privo di vita. In secondo piano si ammira un paesaggio dove si distingue il monte Calvario con tre croci. In basso a sinistra scorgiamo la “firma” del committente ritratto a figura intera.
Nello schedario della Soprintendenza per i Beni Storici di Palermo in merito all’affresco leggiamo: "È un opera rinascimentale della Sicilia occidentale di tendenza popolareggiante". A questo proposito le similitudini stilistiche appaiono decisamente molto somiglianti con gli affreschi della Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria sita nel piano di San Giovanni a Termini Imerese.
Oltre le due Pietà, all’interno della Chiesa, si possono ammirare la Vergine della Visitazione commissionata a Giorgio Brigno da Milano nel 1480; e un dipinto su tavola di Nicolò da Voltri, del XV secolo, rappresentante San Giorgio a cavallo che uccide il drago. Particolare interesse artistico sono i monumenti funebri appartenenti a importanti casate nobiliari della città e posizionate lungo la navata.
Tra questi citiamo quelli delle famiglie: dei Solito, dei Bruno e dei Speciale. In prossimità dell’altare maggiore sono poste delle lapidi commemorative appartenenti ad altre famiglie nobiliari come quella dei Notarbartolo, dei Statella e degli Inguaggiato.
Dopo la soppressione degli ordini a seguito dell’Unità d’Italia, i frati dovettero lasciare la chiesa che fu adibita a deposito, purtroppo in questa circostanza molte opere d’arte vennero disperse. Il ritorno dei religiosi in città avvenne nel 1903 a seguito di una petizione dei fedeli termitani.
Ai religiosi le autorità locali concessero l’utilizzo della sola Chiesa perché, intanto il convento era stato adibito a caserma dei Reali Carabinieri. Questo provocò una radicale variazione nella configurazione originaria del quale oggi è visibile il colonnato che contraddistingue il chiostro, rigorosamente a pianta quadrata, attorno a cui si sviluppano le fabbriche del complesso.
Nei primi decenni del XX secolo la Chiesa subì notevoli mutamenti: fu costruito il cappellone con l’altare, vennero realizzati nuovi ambienti sopra le cappelle a destra dell’aula e infine, fu rifatta la facciata principale.
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