STORIE
Molla il lavoro e si reinventa a Palermo: a 45 anni Manuela segue le "orme" della nonna
Una famiglia di creativi al femminile in cui crescere per poi prendere la propria strada. Il suo idolo è la nonna Maria, che la cresce tra buon cibo e abiti su misura
Manuela Baldanza
È cresciuta con due fratelli maggiori con cui si è sentita sempre alla pari. Nei giochi e nei fatti tra adulti. «Io ero e sono una bambina molto vivace». La nonna Maria, la nonna materna, la nonna sarta, in questo senso è stata una presenza fondamentale nella sua crescita.
Non si alzava di buon mattino, ma sapeva cucinare delle pietanze squisite, e quello che la rendeva "calamita" era come sapesse cucire con le sue mani quegli abiti meravigliosi.
E mentre la osservava, Manuela a 4 anni, aveva già imparato ad "imbastire". «Quella volta che mi chiesero cosa volessi fare da grande, risposi che volevo fare la nonna». Al mattino Manuela si recava dalla nonna vestita in un modo e faceva rientro a casa vestita in un altro.
In quegli anni, in cui si forma un background emotivo, Manuela aveva già deciso che un giorno avrebbe fatto qualcosa che poteva somigliare all'arte del cucito di Nonna Maria.
La figlia della Nonna Maria, Gisella, (la madre di Manuela), aveva ereditato dal padre ebanista la passione per il legno, decorazioni e pitture; era la prima a sporcarsi le mani con una gran voglia di sperimentare. «Mia madre è stata la prima donna che ho visto con la carta vetrata in mano».
Figlia di due insegnanti, conclusa la scuola media, per i genitori Manuela dimostrava di essere una ragazza troppo vivace per potere seguire un percorso di studi "normale" come avevano fatto i fratelli. La madre, con grande lungimiranza, pensò che frequentando l'Istituto Tecnico per Geometri si sarebbe potuta appassionare al disegno dando sfogo ad una creatività che era latente ma c'era.
Effettivamente Manuela imparerà a disegnare e ad avere dimestichezza con gli "spazi". L'esperienza sarà vincente, infatti continuerà gli studi presso la Facoltà di "Tecnica Pubblicitaria" dove si impara la grafica e si viaggia di fantasia.
«Anche se sono nata quando il Carosello stava uscendo di scena, sono stata sempre affascinata da questo tipo di sketch, da questo modo di pensare e di inventare». La prima esperienza lavorativa sarà come "dipendente" presso un'azienda di grafica e comunicazione. Manuela verrà assunta nell'immediato, con grandi soddisfazioni lavorative.
«Ogni cosa può essere rappresentata e detta in modo alternativo e diverso. Dipende solo da te e dalla tua fantasia. Questo tecnicamente si chiama - pensiero laterale -" Il "pensiero laterale" ha consentito a Manuela di vivere straordinarie campagne di comunicazione e soprattutto di sperimentare in lungo e in largo.
L'aspetto industriale di un'azienda, inevitabilmente frena il talento di un soggetto creativo, per questo motivo Manuela decide di lasciare quel posto "sicuro" ma tanto "stretto".
Poco prima di questo cambiamento sarà vittima di un brutto incidente stradale che la farà rinascere con un'altra prospettiva di vita. «In seguito all'incidente ho cambiato tutto: fidanzato, lavoro, aspetto e pensiero». Avrà inizio, quindi, il suo "secondo tempo", consapevole del fatto che avendo trascorso tanta vita dietro una scrivania per più di 8 ore giornaliere a soli 23 anni, forse si era persa qualcosa.
«Mi piaceva la grafica e mi piaceva l'idea di poterla applicare in altro. Mi piaceva disegnare e creare degli oggetti. Volevo mettermi alla prova. Volevo capire dove potevo arrivare». La nuova vita di Manuela inizia con la creazione di un tipo di oggetto che poteva risultarle utile: dei mobili che non occupassero spazio.
Oggetti realizzati con degli adesivi murari. «E siccome avevo bisogno di una mensola all'ingresso di casa che non occupasse spazio, dove poggiare chiavi, occhiali, un poggia tutto, ho disegnato un mobile liberty che veniva applicato a parete e montando una mensola di plexiglass trasparente».
Mobili fittizi, salvaspazio, in stile liberty, corredati di lampade che non cadono dal comodino con tanto di soprammobli, disegnati in maniera elegantemente geniale. Un'idea che piacque molto ad una fiera-design catanese. Manuela aveva avuto nell'immediato quell'idea senza pensare ad un marchio, un brand, un distintivo, qualcosa che la potesse riconoscere o rappresentare. In una notte si inventerà il suo attuale "nome".
Un nome tratto dal termine inglese "wall" che significa "muro". Foneticamente le piacque più cambiarlo aggiungendo una vocale al femminile perchè lasciava intendere un termine "in rosa", coniato da una donna. Sarà per sempre la sua idea di cambiare stile, colore, aspetto agli ambienti preferiti.
Le sorprese non finiranno perchè poco dopo Manuela conoscerà un gruppo di palermitani, di quelli che si sono reinventati nell'artigianato e che si sono riuniti in un'associazione chiamata "Alab" ideata da Pietro Muratore, un palermitano illuminato che crede molto nella "riqualificazione urbana e sociale".
Cosi Manuela potrà esporre a Palermo le sue prime produzioni insieme ad una nuova idea: quella di realizzare delle collane da stracci di t-shirt usate.
Collane colorate, lunghe, corte, allegre, tutte diverse. Così chiunque avesse delle magliette a casa andava da Manuela per avere una collana personalizzata con un modello che non prevede molti fili sul collo ma solo due fili in tessuto, mentre il resto decora la parte frontale della collana.
Da quel momento guarderà ogni cosa con quel "pensiero laterale" che aveva imparato nella comunicazione; guarderà ogni cosa con la sua fantasia.
Ogni parola o modo di dire poteva significare anche un'altra cosa. E così, un giorno, guardando i nipoti giocare, pensò che quelle pile di giocattoli abbandonati in un angolo di casa perchè rotti o semplicemente non più guardati potevano essere riutilizzati.
Manuela, guardando quei giochi, ognuno con un'espressione diversa, immaginava delle sculture, il dadaismo, l'unione di materie e di oggetti diversi. «Non sono un'artista. Io sono una designer. Che me ne faccio di una scultura? Che funzione potrebbe avere?» e ancora «Come potrei trasformare una montagna di giocattoli? In una Lampada!».
E così sono nate le "Lampade giocattolo". Un successo strepitoso! Un'idea di riciclo creativo attraverso il "giocattolo" che è un elemento di design. I giocattoli e i ricordi dell'infanzia di un bambino diventavano la base di una Lampada che colorata in maniera diversa, poteva essere il lume divertente di una cameretta, quello classico di uno studio, o una Lampada elegante da poggiare sul tavolino di un salotto.
Anche questa volta ci sarà un viavai di gente che con i vecchi giocattoli dei propri figli chiederà la realizzazione di una personalissima lampada creata da Manuela. Un giorno arriverà da Manuela uno scrittore, Giorgio Vasta, con una richiesta ben precisa: "Io ho degli oggetti che fanno parte della mia vita. Li vorrei tenere sempre con me. Mi aiuti a creare qualcosa che mi ricordi quello che sono stato, quello che sono?".
Ne verrà fuori una lampada con pezzi di bambole, meccanismi di biciclette, un pezzo di una bomba trovata in un giardino da bambino. Verrà definita una straordinaria "Lampada autobiografica". Ogni oggetto ha un potenziale emotivo che non finisce mai. E come aveva imparato dalla nonna, nulla va buttato, tutto puo' rinascere. "Il vetro è un materiale che mi piace tantissimo" Il vetro è indistruttibile.
Anche il vetro ispirerà Manuela Baldanza a creare altre lampade. Con dei barattoli di vetro, come il barattolo della nutella, ha creato delle "lampade a sospensione" anche questa volta per un'esperienza personale, prima di tutto.
«Dovevo illuminare il balcone di casa mia e non avevo punti luce», afferma, come se queste opere siano nate quasi per caso. Con un filo datato di un ferro da stiro o con della corda ha creato delle lampade per illuminare spazi completamente bui.
Il designer, sostiene Manuela, ha l'obbligo morale non solo di pensare all' "ergonomia" di un oggetto ma deve assolutamente pensare al suo smaltimento e all'utilizzo di quell'oggetto nel tempo. «Se i materiali non sono necessari cercali tra quelli che hai già in tuo possesso», dice.
Un oggetto "improvvisato" è divertente attiva un "sorriso" in chi lo crea e in chi lo riceve. Attorno alla creatività si respira un clima di serenità. Palermo, e soprattutto il centro storico, zona in cui si trova l'atelier di Manuela , è gremita di turisti. Per i viaggiatori l'icona della città vista dalla creatività di Manuela è la "Santuzza", una giovane fanciulla "scapiddata" che con uno sguardo dritto guarda in faccia a chiunque la voglia osservare.
«La mia Santuzza è una ragazza determinata, emancipata e forte, che ha deciso del suo futuro», afferma l'artista, anche se non si parla solo di quadri che rappresentano Santa Rosalia ma anche una linea di gioielli.
Manuela non tralascia un segno storico al maschile. Infatti disegna e crea da "Federico II" ai "Mori siciliani" per comunicare al suo pubblico la storia siciliana di maestranze ed epoche. La nostra artista palermitana non è sola nella sua creatività ma è accompagnata da un'inseparabile amica, amante delle piante, grande fotografa e artigiana.
Attraverso uno scatto siciliano, Cristina Ferrara, crea gioielli per raccontare la nostra terra a chi viene in visita e non solo. È stata lei da buona imprenditrice agricola a scoprire che in Marocco si puo' ricavare un tessuto dalla pianta dell'agave. Le due amiche e socie nella vita, sono appena tornate da un viaggio in Marocco dove hanno conosciuto degli artigiani che dalla polpa dell'agave ricavano un tessuto che poi viene dipinto con dei pigmenti naturali.
Questo tessuto è la "seta dell'agave". Le due designer, insieme aigli artigiani marocchini, hanno progettato una linea di tessuti, e quindi sciarpe pregiate, con una certa grammatura, in una condivisone di vedute e di culture notevolmente diverse.
Un'esperienza unica e del tutto formativa. Uno scambio reciproco di creatività in un ventaglio di virtù così simili ma anche cosi distanti targate Sicilia - Marocco. Una parte della gente di Palermo è sensibile e ricettiva distinguendosi da quello legata ancora ad un marchio griffato. C'è una Palermo che vuole dare memoria a cio' che possiede e mettere in atto una virtù che magari non sapeva neanche di avere.
Manuela Baldanza è una donna forte, solare, foraggiata, molto sorridente, con uno sguardo sempre divertito. Pulita come un lenzuolo bianco, creativa. Anche se sembra ancora che stia guardando, con il volto incorniciato quei riccioli lunghi e neri, oggi dorati, come si cuce un abito nelle mani di nonna Maria, a piedi nudi e con un modello appena imbastito.
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