ITINERARI E LUOGHI
Metti una vacanza a Itaca: perché la piccola (e selvaggia) Marettimo non è per tutti
Vista da lontano sembra una montagna sospesa sul mare. L'isola ha anche un faro, tra i più importanti d'Italia e che esiste ancora grazie a un atto di coraggio
Punta Troia a Marettimo nelle Egadi
Un lembo di terra roccioso e scosceso, che pare essere stato gettato al largo della costa di Trapani millenni fa e poi quasi dimenticato: poche persone, poche spiagge comode e accessibili, poca vita mondana, praticamente nessuna auto e un unico piccolo centro abitato.
Per alcuni è l''taca tanto decantata dal leggendario Ulisse, per altri una meta dove rifugiarsi d’estate, per altri ancora è semplicemente la propria casa, “l’isola sacra” dove godere della pace che soltanto la natura, con la sua bellezza e il suo silenzio rispettoso, sa offrire.
Non è per tutti, ma soltanto per chi ama i ritmi lenti e si accontenta dei «pochi servizi ormai ridotti all’osso: nel corso del tempo le scuole sono state chiuse, non c'è più una banca ma soltanto un bancomat, le Poste sono aperte due giorni a settimana, l’acqua corrente viene portata con una nave da Napoli e l'energia elettrica è prodotta a gasolio». Tanto è vero che «i residenti effettivi d'inverno da tremila sono diventati novanta», come precisa Giuseppe Spataro, marettimaro d'origine che vive a Bologna e torna sull’isola quando può.
NON SOLO MARE
«Molti considerano i suoi fondali, che sono il regno dei sub, tra i più belli del Mediterraneo, tanto che un dipendente dell’Ambasciata italiana a Tel Aviv un giorno me li descrisse come i secondi al mondo», racconta Giuseppe. Ed effettivamente non si può non fare un giro in barca e, tra un bagno e un’immersione, visitare alcune grotte marine, come la Grotta del Tuono (da ascoltare a occhi chiusi), la Grotta del Presepe, la Grotta Cammello o la Grotta della Bombarda.
Eppure l’Itaca siciliana non è solo mare e acque cristalline. Basta volgere lo sguardo all’insù, infatti, per rendersi conto che «l’isola è anche montagna: una montagna bellissima, dolomitica e inaspettata». Ecco perché Marettimo è una delle più particolari isole del Mediterraneo ed è anche adatta a chi ama il trekking e vuole immergersi tra i profumi e i colori della macchia mediterranea e l’azzurro del mare.
La particolare conformazione rocciosa e la presenza di numerose sorgenti d’acqua hanno permesso la conservazione di oltre 500 specie botaniche, alcune delle quali endemiche (come il famoso timo selvatico), e la sopravvivenza di parecchie specie animali. Insieme ai novanta residenti, infatti, «a Marettimo vivono anche mufloni e cinghiali». Una notizia che, siamo sicuri, vi lascerà a bocca aperta. Giuseppe ci ha confidato che, quando lo racconta, «le persone rimangono sbalordite».
TREKKING E STORIA, TRA CURIOSITÀ E SORPRESE
Per gli amanti del trekking e i curiosi della storia dell’isola, immancabile è la visita al Castello di Punta Troia, arroccato su un promontorio che svetta sul mare a 116 metri di altezza. Il percorso dal centro abitato è di circa 3,5 chilometri e dura un’ora e mezza, ma il sentiero che conduce fin lì è sterrato e impegnativo, a volte a strapiombo sul mare, per cui lo sconsigliamo ai bambini e lo consigliamo nelle ore meno calde della giornata, con cappello in testa e riserve d’acqua nello zaino.
Ne vale la pena, però, perché una volta arrivati ad accogliervi c’è un panorama da cartolina che toglie il fiato. Se, quindi, volete andare ma non ve la sentite di percorrere questa strada, non preoccupatevi perché potete anche affittare una barca e farvi condurre via mare dagli abitanti del luogo che offrono il servizio.
Per quanto riguarda il Castello, ospita al suo interno il Museo delle Carceri di Punta Troia, passato alla storia come la “tremenda fossa”, perché durante la dominazione spagnola la grande cisterna per la raccolta dell’acqua fu trasformata in carcere: qui i prigionieri venivano calati dall’alto con delle corde e rinchiusi nella fossa, priva di finestre, con un blocco di pietra. Senza aria e senza luce, attendevano la loro fine.
Ma c'è di più. Perché il Castello è anche sede dell'Osservatorio per la Foca Monaca dell'Area Marina Protetta delle Isole Egadi. «Quella delle foche rappresentava una vera e propria ossessione» - racconta Giuseppe - «Fino agli anni ’70, infatti, c'erano numerose colonie che i pescatori hanno "combattuto" perché rappresentavano un pericolo per le reti. Ora che potrebbe essere un'attrazione turistica pagherebbero oro per riaverne in quantità!».
Dopo decenni di assenza, un paio di anni fa qualche esemplare è stato avvistato in alcune grotte dell’isola grazie all’utilizzo di foto trappole: il loro ritorno, per quanto sporadico e soprattutto nei mesi invernali, è stato possibile grazie anche all’istituzione dell’Area Marina Protetta nel 1991.
LE CASE ROMANE E LA CHIESETTA BIZANTINA
Per Giuseppe «sono una chicca». Si trovano a circa 30-40 minuti dal paese e per giungervi è necessario percorrere un sentiero lastricato a partire dallo Scalo Vecchio. Si tratta di un complesso monumentale di natura militare costruito dopo la battaglia tra Romani e Cartaginesi nel 241 a.C. nella parte alta dell’isola per la sua posizione strategica. Da qui si ha infatti un perfetto controllo del mare: sono ben visibili Levanzo, Favignana e la costa di Trapani.
Vicino alle case sorge anche la chiesetta Bizantina, voluta dai monaci Basiliani proprio in questo luogo non solo perché al riparo dai pericoli del mare, ma anche perché offriva loro la possibilità di utilizzare l’edificio romano preesistente come monastero.
Avete voglia di ritrovare voi stessi e riconciliarvi col mondo? È il luogo perfetto, Giuseppe ci ha detto infatti che «da qualche anno questa parte dell’isola è diventata meta di esperti di yoga, concertisti e altri spiritualisti che da quel promontorio, che sovrasta il Mediterraneo, ritrovano la pace».
E poi c'è anche una sorgente d'acqua che rigenera corpo e mente.
IL FARO E UNA STORIA DI CORAGGIO
La gente del posto sostiene che l'anima dell'isola si sia fermata a Punta Libeccio. Qui, su un promontorio a 24 metri sul livello del mare, sorge il faro.
Uno dei più importanti d'Italia e costruito nel 1860, ha una portata luminosa di 36 miglia e la sua luce arriva a intrecciarsi con quella del faro di Capo Bon in Tunisia.
Si trova ancora lì, a guardare l'Africa, grazie a uno dei suoi guardiani che, con coraggio, lo salvò. Durante la seconda guerra mondiale, al tempo dello sbarco degli Americani in Sicilia, ricevette infatti l'ordine di distruggerlo. Lui, però, finse di obbedire e fece detonare una carica nelle vicinanze, tutelandolo.
Adesso il faro è stato automatizzato e non ci sono più guardiani, l'ultimo che lo fece diventare casa sua fu un certo Ventura. È comunque bello arrivare a Punta Libeccio e immaginare il lavoro di questi uomini, che si sono susseguiti negli anni per aiutare i naviganti ad attraversare il mare in sicurezza. È bello pensare alla loro vita, fatta di fragorosi silenzi, solitudine e notti di tempesta.
UNA MERMORIA STORICA VIVENTE DI 97 ANNI
Sull'Isola vive un uomo, Giuseppe Bevilacqua, per tutti lo "zio Peppe", che è diventato il protagonista di un documentario realizzato l’anno scorso da un gruppo di videomakers olandesi.
Per l’immenso patrimonio storico che porta con sé, può essere considerato uno scrigno prezioso da cui attingere informazioni e curiosità su Marettimo e non solo. Ex prigioniero di guerra, deportato nel '43 in Grecia e poi nei campi di concentramento di Mauthausen, in Russia, e infine a Roma nei campi degli americani, riuscì a sopravvivere mangiando bucce di patate e invocando la protezione di San Giuseppe.
Le sue preghiere, effettivamente, dopo qualche anno furono ascoltate: riuscendo a farsi riconoscere da un altro siciliano che scendeva da un carro armato, col suo aiuto poté finalmente tornare nella sua amata Marettimo, dove ad accoglierlo c’era sua madre incredula.
Chiedete di lui e scambiateci quattro chiacchiere: è un vero e proprio museo vivente!
L’ISOLA È ANCHE CULTURA
A proposito di museo, vicino al porto vecchio, si trova il “Museo del mare, delle attività e tradizioni marinare e dell’emigrazione”.
Al suo interno sono custoditi antichi strumenti una volta utilizzati per la pesca, ma anche articoli di giornale, fotografie e documenti che testimoniano l’impoverimento graduale delle acque e di come questo abbia comportato la migrazione dei suoi abitanti che, seguendo la rotta del pesce, hanno girato il mondo.
In California, ad esempio, nacquero delle vere e proprie comunità abitate dai Marettimari, che furono raggiunti dalle loro famiglie nel corso del tempo: lì tutt’oggi ritroviamo le tradizioni e le usanze dell’isola.
Il museo è gestito dall’Associazione CSRT “Marettimo” che, come ci racconta Giuseppe, «da anni organizza piccoli eventi culturali di grande valore sia per la comunità locale che per i turisti.
Qui, tra nasse (strumenti per la pesca delle aragoste), foto della Marettimo che fu e dei marettimari della diaspora, organizzano presentazioni di libri e altre belle iniziative» a cui vale la pena partecipare per calarsi completamente nell’atmosfera magica di quest’isola.
ISOLA CHE VAI, TRADIZIONE CULINARIA CHE TROVI
Se si va a Marettimo non si può non «assaggiare il piatto tipico, che è la pasta in brodo con l'aragosta» e che si può trovare praticamente dappertutto.
Una curiosità? A quanto pare «fino a quando i francesi non la resero famosa, la mangiavano i pescatori perché era difficile da vendere e quindi era più che altro un piatto casalingo». Tanto che una volta uno di loro raccontò a Giuseppe che «da piccolo sperava che l'aragosta avesse mangiato un polpo così da avere un sapore diverso almeno per un giorno». Viene da sorridere al pensiero, dato che oggi «costano ben 90€ al kg».
Se non volete fermarvi soltanto al piatto tipo e volete assaggiare una delle chicche che ci consiglia la nostra “guida” marettimara, andate al bar-ristorante “La scaletta” e chiedete a Giovanni, detto Talafia, di prepararvi le frittelle di lippo.
Cosa sono? Il lippu è un termine siciliano che indica ciò che in italiano si chiamerebbe comunemente muschio verde e che si trova sugli scogli bagnati dall’acqua.
A Catania lo si mangia addirittura crudo e lo si trova nelle bancarelle accanto ai frutti di mare, sull’isola ne hanno fatto una versione fritta che, a quanto dice Giuseppe, merita.
Pronti per prenotare questa splendida vacanza? Ecco alcune informazioni utili per raggiungere l’isola.
Come arrivare a Marettimo
Vi consigliamo di atterrare all’aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo, che si trova a circa un’ora dal porto di Trapani, da cui partono i traghetti e gli aliscafi diretti alle Isole Egadi.
Una volta atterrati, basta prendere un pullman della Segesta Autolinee (ci sono corse quasi ogni ora e il biglietto costa 9,60 euro), che vi condurrà direttamente al porto di Trapani.
Da lì, poi, potete prendere sia un traghetto della Siremar che un aliscafo della Liberty Lines.
Vi consigliamo l’aliscafo perché impiega meno tempo, oltre al fatto che le corse sono più frequenti. D’altronde, imbarcare l’auto è inutile.
Arrivati a Marettimo, infatti, non esistendo strade asfaltate, non la potete utilizzare. Passeggiate immersi nella natura e bagni a mare saranno il vostro unico passatempo: godeteveli prima di tornare alla frenesia della vita quotidiana.
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