LIBRI
"Zitelle e Cornuti", documento di spiate circostanze
Antonio Ravì Monica nel suo romanzo d’esordio “Zitelle e Cornuti” (Editrice Zona, euro 15) costruisce il suo Paese delle non Meraviglie, la sua Isola che c’è, sgranando con i chi, come, dove e perché i portafogli di una comunità inciuciata, nata da una fantasia rubiconda ed ispirata ad una realtà da dietro l’angolo. I ghiandesi sono davvero abitanti di una contrada immaginaria? I sensi regnano, l’udito padroneggia poiché dote fondamentale nella compagine degli attori dalla quotidianità cenciosa, lisa dai chiacchiericci e dalle occhiate maleodoranti degli spioni del paese. Lungometraggio scritto, soffiato in un’ambientazione rievocante tonalità à la "Lettera Scarlatta" con padri fondatori che lasciano posto alle sciatte e contorte personalità inquisitorie dei ghiandesi.
Ogni masnada dedita all’Indice ha un capobanda e il nome che arroga tale ruolo è quello della Contessa Mugaci, contessa miseria e misera, appollaiata nel suo palazzo a spiare e filare, tramare e ricamare, talvolta inventando per non tradire quanto immaginato nelle vite dei cittadini sudditi; nascondendo accuratamente le sue compravendite amorose consumate nel buio baldacchino della camera da letto con la pingue e astuta badante Vincenzina. Un paese, quello della Contrada delle Ghiande, più spiato che vissuto, trafugato tra i ritmi di vassalli e valvassori, servilismi di convenienza, rospi ingoiati, maldicenze e malevolenze. Chi è l’eretico di turno? A subire il linciaggio del perbenismo sono la docile Laura, vedova gravida che viene tacciata da lettere gocciolanti la parola troia, la singolarità disattenta e distaccata di Lilla e Pippo e della rivoluzionaria Camilla, e l’adolescenziale innamoramento di Marco e Anna, con l’ambientazione baglioniana del loro amore e l’intromissione fraudolenta del padre di lei, sindaco millantatore.
Le parole scorrono, in uno stile fresco e corpulento, mai monocromatico seppur non sfoderino colpi di scena, tributando un genere narrativo oggigiorno surclassato da thriller esoterici, best seller a sei cifre e noir vernacolari. I toni trasognati si concedono sprazzi colloquiali quasi documentaristici, chi non riconosce una contessa Mugaci, tra le mire imperialistiche del proprio capo? Un sindaco Portone e le sue abiezioni elettorali tra i tanti arrotini politici e candidature naif? Gli inquisitori commedianti nel dirimpettaio impiccione o nell’ultrasettantenne vecchietta del quarto piano sospesi nel sottoscala circondariale con i propri santi, usi, superstizioni e cicalecci di Zitelle e Cornuti? Un libro adatto agli accaldati aliti di questo periodo, da leggersi tutto d’un fiato per poi all’ultimo sospiro chiedersi: ma Ravì chi ha spiato?
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