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Wim Wenders, Palermo vista dalla luna

Il regista tedesco, ospite a Palazzo Comitini, ha annunciato che “Palermo Story” sarà il titolo del suo prossimo film

  • 7 giugno 2007

A vederlo di presenza, con la sua aria di eterno giovanotto aristocratico, sembra che per lui il tempo si sia fermato. E invece sono passati più di trent’anni da quando Wim Wenders, insieme agli altri autori del Nuovo Cinema Tedesco, regalò al proprio pubblico una serie di memorabili film divenuti presto dei cult di riferimento per quella generazione e per le successive. A differenza dei folgoranti ed eversivi kammerspiel di Fassbinder e delle oniriche incursioni nel mito compiute da Herzog, le opere di questo geniale cinefilo che volle farsi filmmaker sono soprattutto delle meditate esplorazioni di luoghi, identità e prospettive di futuro, alla ricerca di quel che rimane dell’uomo e del suo bisogno di conoscenza, delle sue pulsioni come delle ataviche e rinnovate sue paure. Entrare nel mondo di Wenders significa imparare a seguirlo lungo le rotte dei suoi “falsi movimenti”, dei suoi viaggi interiori durante i quali è possibile rintracciare i paesaggi eletti del cinema classico (magari quelli del suo amato Nicholas Ray) unitamente agli scenari trasfigurati di un presente degradato. La sorpresa è che, oggi, dopo tante escursioni al termine del mondo, fra le città da raccontare ci sarà presto per lui anche la nostra Palermo. L’annuncio del nuovo progetto cinematografico di Wenders è stato dato lo scorso 11 maggio, nella preziosa cornice di Palazzo Comitini, alla presenza del Presidente della Provincia Francesco Musotto e dell’assessore al Turismo Salvatore Sammartano. Non sappiamo se “Palermo Story” sia solamente un titolo provvisorio che perentoriamente rimanda al suggestivo sconfinamento nello spaziotempo di Lisbona, la wendersiana storia di qualche anno fa.

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Sappiamo per certo invece che il nuovo film ci racconterà delle inquietudini di un berlinese di mezza età, deciso a dare un taglio netto al proprio passato, arrivato a Palermo dove giocoforza consumerà le tappe di una vera e propria rigenerazione attraverso la conoscenza di una giovane donna, Maria, destinata a divenire la sua musa amorosa. A traghettare il nostro autore alla ricerca dei suoi personaggi, sulla strada che da Düsseldorf lo (ri)condurrà in Sicilia, sarà come Caronte il suo eletto direttore della fotografia Franz Lustig (complice già sperimentato per i recenti “Non bussare alla mia porta” e “La terra dell’abbondanza”) e come Virgilio un non ancora indicato scrittore col compito di curare i dialoghi del film. Ma che Palermo sarà quella di Wenders? Somiglierà alla megalopoli metafisicamente globalizzata, ma ancora capace di lasciar maturare le proprie tradizioni, di “Tokyo-Ga”? In quel capolavoro, il regista tedesco rintracciò un magico paradigma legando il paesaggio post-moderno della capitale orientale all’esperienza visionaria del grande Yasujiro Ozu. Oppure, in “Palermo Story” scopriremo, con gli occhi di un’Alice assai più disincantata, il deserto di una città lacerata col suo sgradevole ventre molle? Di certo, le epifanie di Wenders, dai tempi di “Alice nelle città” e “Nel corso del tempo”, attraverso “Hammett” e “Nick’s Movie” e “Il cielo sopra Berlino” fino agli ultimi struggenti road-movie, si consumano nell’attesa di una possibile alba dell’uomo rinnovato (annunciata come problematica nel libello fantascientifico “Fino alla fine del mondo”) e nell’auspicio di una futuristica resurrezione del cinema dato esorcisticamente per morto, complici le nuove tecnologie leggere buone a raccontare una realtà sempre più pesante e privata di poesia. Palermo potrebbe essere la contemporanea città invisibile della nuova utopia post -umanistica, il laboratorio delle più urgenti sintesi tra vecchio e nuovo.

Forse Wenders pensa la nostra città come un crocevia di tensioni liberatorie, come lo scheletro di un animale mitologico che, una volta andato in pezzi, si possa poi ricostruire a nostro piacimento. Siamo sicuri che per la sua storia morale, egli userà tutta la grazia, maturata con graduata consapevolezza, dell’autore intenzionato a riscoprire luoghi e persone con lo sguardo incontaminato del bambino che si ostina ed essere tale. A dispetto della sua vocazione apocalittica, l’autore de “I fratelli Skladanowsky” (magnifico film sulle origini dei film), ci restituirà la vocazione cinematografica di Palermo, il suo consegnarsi docile persino all’implacabile divenire del degrado... Ma perché fare tante previsioni e congetture? La “Palermo Story” che vedremo e godremo sarà prima di tutto un film imprevedibilmente spiazzante. E, ci auguriamo, sarà l’occasione di sognare ad occhi aperti il cielo sopra di noi e la terra sotto i nostri piedi, la Palermo che vorrebbe essere e non è, romanticamente visitata dalla concretezza di un cinema purissimo in grado di tradurre in immagini il desiderio del giovane vecchio Wenders che avrebbe voglia di rifare il mondo.

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