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Una poetessa al crocevia culturale del novecento europeo

  • 6 marzo 2006

Dedicato alla figura di Cristina Campo (Bologna 1923 - Roma 1977), poetessa unanimamente ritenuta fuori dall'ordinario, si è svolto presso la sede della Fondazione Lauro Chiazzese del capoluogo siciliano il convegno nazionale degli studi campiani sponsorizzato dalla Provincia di Palermo. La straordinarietà del personaggio si manifesta innanzitutto con la inadeguatezza della stessa definizione di poeta. La Campo scrisse anche saggi, fiabe, epistolari. Inoltre unico è il linguaggio, essenziale come in pochi altri autori: scriveva come Michelangelo scolpiva, per sottrazione, e rimase sempre tesa verso la "Bellezza dell'Assoluto" intesa come quarta virtù dopo Fede, Speranza e Carità. Speranza che per la lei non va ascritta nel registro delle illusioni mondane, ma piuttosto nella concezione del "consegnarsi" ad una Fede che oltrepassa la misura del quotidiano.

Il convegno ha visto tra i relatori alcuni tra i più raffinati intellettuali contemporanei siciliani come Piero Longo, Ernesto Marchese, Aurelio Pes, Aldo Gerbino, Tommaso Romano. Erano inoltre presenti i maggiori esperti nazionali dell’opera dell’autrice: Silvio Raffo, Maria Pertile, Margherita Dalmati, Massimo Morasso, nonchè alcuni personaggi fondamentali per sua vita e le sue opere; Margherita Pieracci Harwell, Gianfranco Draghi, Monique Baccelli, traduttrice in Francia di Giacomo Leopardi e adesso anche di Cristina Campo. Tra essi vi era anche Arturo Donati, uno dei principali protagonisti ed organizzatori del congresso nazionale, col quale abbiamo avuto un piacevole colloquio.

Poetessa, critico letterario, saggista, come collocare Cristina Campo nella letteratura del novecento, quale la sua poetica?
La caratteristica più importante è la sua inascrivibilità ad alcuna categoria, la sua assoluta originalità. E' stata una raffinatissima intellettuale che ha profondamente riflettuto sui fatti della vita. La letteratura era per lei strumento per accedere a linguaggi più alti che nella sua poetica si correlano inevitabilmente con la religione, infatti ritenne i valori della spiritualità il culmine della maturazione dell'uomo. Una vita di sofferenza fisica sin dall'infanzia e la sua profonda sensibilità, inevitabilmente la accomunano a Leopardi, col quale condivide uno spessore culturale quasi inimmaginabile: grecista, latinista, poliglotta, ha intessuto una rete di contatti preziosi per la sua crescita con i più raffinati e profondi intellettuali del suo tempo. Fu legata da intenso affetto a Simone Weil e fu amica di Ernst Bernhard, l'introduttore di Jung in Italia. Fondamentale per la sua formazione l'incontro con Gianfranco Draghi, curatore della rubrica "Posta letteraria" sul Corriere dell'Adda, fucina di talenti come Mario Luzi, Alda Merini, David Maria Turoldo. La Campo vive, al culmine della sua maturità di donna e di poetessa, il periodo storico a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, un momento di crisi ideologica, religiosa, politica. Parliamo di un personaggio che mette in discussione tutti gli stereotipi della cultura, un'autrice decisamente critica del modo con cui ci si pone di fronte alla realtà, polemica sulla modernità, o meglio su certe pretese della modernità, l’autrice teme non l'emergenza di certi strati sociali ma la disattenzione verso la bellezza della vita in nome di una visione orizzontale della vita stessa. La crisi dell'Occidente è per la poetessa essenzialmente crisi di stereotipi.

A proposito di crisi dell'Occidente, cosa direbbe la nostra artista della attuale frattura tra oriente islamico e occidente cristiano?
Non parlerebbe certamente di frattura, la cultura di liberazione della spiritualità accomuna tutti gli uomini ed è l'uso demagogico degli stereotipi culturali che fa confliggere gli uomini. La religione unisce, non può dividere.

Quali elementi della letteratura di un tale personaggio potrebbero incuriosire un pubblico giovane?
Sicuramente l'opportunità di cogliere il suo messaggio più importante: nello sforzo disumano dell'autrice si può intravedere un modello di autocritica della propria condizione, la tragicità della vita che fa amare la vita stessa tramite l'avvicinarsi a Dio, visto come senso profondo dell'esistenza.

Quale opera della Campo consiglierebbe per approcciare la sua poetica?
"Gli imperdonabili" e "Sotto falso nome", perché possono essere letti su diverse angolazioni. Ogni volta che si rileggono si toccano tasti diversi, cogliendo queste opere il senso più profondo della vita. Gli epistolari, invece, per la conoscenza del personaggio stesso, in particolare "Le lettere Mita" e prossimamente in uscita la corrispondenza con Gianfranco Draghi.

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