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Tradizioni e amore familiare per i "Morti"

Abbiamo subito l’invasione di Santa Claus, di fate e gnomi, degli alieni, di Godzilla, ci ha soffocato il McDonald’s, il Doner Kebab e non ultimi zucche rosse e pipistrelli! Tra un po’ festeggeremo anche il 4 luglio, comprando bandiere e cheese cake!
Le nostre tradizioni si sono perse tra cappelli a punta e nasi adunchi. Mi chiedo se “moglie e buoi dei paesi tuoi” valga anche per le ricorrenze. Non voglio fare un discorso integralista, ben vengano le contaminazioni, ma perché perdere le nostre memorie? Per ora non si fa altro che vedere Halloween Party, scheletri, risotti alla zucca, come se questi ultimi fossero americani!

La Festa dei Morti in Sicilia è tutt’altra cosa. È intima, familiare, si vanno a trovare i parenti che non ci sono più, si accompagnano i bambini a salutare i nonni, gli zii, i prozii. Anticamente le ziane preparavano il pranzo del cunsulu per chi rimaneva al cimitero a vegliare. Era un pasto leggero, fatto da focaccine cunzate con ricotta, con formaggio o semplicemente con olio, sale, pepe e origano. Lu cunsulu non si usa più, ma rimane l’usanza di imbandire la tavola con cose auguriuse: u cannistro, un cesto ricolma di frutta secca, noci, nocciole, mandorle, simboli di prosperità; fichi secchi; melagrane; u mmiscu, i biscotti, simili ai taralli, bianchi e neri; non può mancare la pupa a cena, statua cava di zucchero, raffigurante una donna – nei paesi la si trova ancora col grembo rigonfio di un uovo – oppure un cavaliere e ormai Pokemon, Digimon, Paperino, Topolino, Biancaneve.

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Posto di prim’ordine spetta ai biscotti quaresimali e alla frutta martorana. L’origine di quest’ultima prelibatezza è controversa. Alcuni sostengono che quando, alla fine del 1100, l’imperatore Federico andò in visita al convento della Martorana, le suore addobbarono, per l’occasione, gli alberi del chiostro con dei fruttini talmente belli che incantarono il monarca. Da allora la pasta reale diventò martorana. L’altra tesi invece sostiene che l’origine sia da individuare circa due secoli dopo, nel 1435, quando Alfonso d’Aragona regalò il convento della Martorana alle suore, che abbellirono gli alberi del chiostro con frutti di pasta di mandorla. Il re apprezzò molto l’estro e ribattezzò il dolce col nome con cui oggi lo conosciamo. In ogni caso, qualunque sia la verità, l’importante è che la frutta martorana esista ancora.

Per la verità non è amata da tutti. Viene ammirata da tutti la perfezione di queste leccornie, che sembrano proprio ciò che rappresentano, ma alcuni la considerano troppo dolce. Altri, invece, la amano, la considerano una piacevolissima discesa nel fiume dell’oblio, fra granelle di mandorle e illusioni realistiche. Se dovessimo seguire la ricetta dovremmo partire dalla raccolta delle mandorle, per poi sgusciarle, sbollentarle, pelarle e asciugarle nel forno, pestarle nel mortaio e infine cuocerle con lo zucchero. Un lavoro certo non facile. Noi possiamo comprare la farina già pronta. Sarà molto più facile.

Alla farina si unisce la stessa quantità di zucchero, un pizzico di cannella, uno di vaniglia, ma non più di tanto. Si cuoce il tutto a fuoco lentissimo finché la pasta non si staccherà dal tegame. Si lascia raffreddare e si modella con le forme di gesso. Infine si colorano i frutti con le polverine alimentari, dando prova della nostra fantasia e del nostro gusto. Per il picciolo si utilizza uno stuzzicadenti, privato della punta e avvolto con la carta crespa, le foglie sono o vere, ricoperte di cera, o di zucchero…
Ma a parte le delizie, la festa è dei bambini, che ricevono doni - nascosti in qualche angolo della casa- dagli avi amati e rispettati, segno esteriore di un legame, che oltrepassa la natura mortale dei corpi. I bambini, come sempre, erano e sono l’anello di congiunzione tra passato e futuro, la continuità della memoria familiare.


L’abbinamento

La pasticceria siciliana sorprende per la varietà e la ricchezza delle sue forme e dei suoi colori. Di questi non sempre vi è traccia, ed è solo in alcuni momenti dell’anno che si possono ammirare e decantare le lodi. Questo è il periodo dei frutti di martorana, dolci della tradizione siciliana che ostentano le loro fattezze nelle vetrine di tutte le pasticcerie isolane. Le regole canoniche sull’abbinamento impongono un vino dolce, ma queste non aiutano di fronte all’immensa e differente produzione settoriale che il territorio riesce a proporre. Tuttavia, dopo un’attenta analisi gustativa, dobbiamo necessariamente concludere che la singolare personalità dei nostri dolci a base di pasta di mandorla ben si adatta ai tanti passiti a base di uve Moscato, così come al celeberrimo Marsala Superiore, sia nella versione semisecca che in quella dolce, anche riserva.

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