MUSICA
Suzanne Vega, una chitarra, i libri e le sue poesie
Come ricevere in veranda la visita di una nostra vicina di casa. Lei è un tipo riservato, schivo, anche se ha venduto alcuni milioni di copie dei suoi cd. E noi l’abbiamo accolta nel nostro giardino, lei ha portato con sé la chitarra, i libri delle sue poesie, un bravo bassista, un eclettico chitarrista, un misurato batterista. E senza fare troppo chiasso, per non disturbare i vicini, e senza darsi troppe arie, è la nostra timida vicina di casa, ci ha raccontato le sue canzoni. Una serata da ricordare, quella di martedì 20 luglio al Teatro della Verdura di Palermo. Suzanne Vega ci ha regalato cento minuti di emozioni di tutti i giorni, di storie minime, arrangiate con garbo e misura. Durante lo spettacolo, l’artista newyorkese si è preoccupata che il pubblico riuscisse a percepire il senso delle cose che diceva, e che cantava. Così ha chiesto spesso l’aiuto, sul palco, del suo traduttore italiano; ha raccontato l’origine di alcuni brani, ha narrato alcune piccole vicende della sua vita privata, tradotte poi in lirica.
Così è stato naturale considerare insieme a lei che “Blood makes noise”, il sangue fa rumore, nelle vene di chi sa ascoltarne la voce, canticchiare senza altro accompagnamento del battito delle mani “Tom’s diner”, seguire la vicenda di “Luka” che abita al secondo piano, ed è un ragazzo alle prese con le problematiche adolescenziali che tutti abbiamo vissuto. Giusto una cover, che ci stava benissimo, “Pale blue eyes” degli Who; non ci ha detto a chi era dedicata… Alla fine del concerto, mentre il pubblico chiedeva con entusiasmo ed affetto un’altra canzone, Suzanne Vega è uscita per la terza volta, e ci ha chiesto affabilmente “another song? Are you sure?”. Si, siamo sicuri Suzanne, cantaci ancora un’altra canzone.
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