TEATRO
Quando il non recitare comunica
Un detto latino recita “in medio stat virtus”, la verità si trova al centro, e per dirlo i nostri avi ci sono buone ragioni per crederlo. Il ricorso all’illustre lingua morta (che ci dimostra quanto questa sia più viva che mai, nonostante le riforme morattiane incombenti) è presto detto. Osservando quel che il nuovo teatro italiano ci offre, troviamo due differenti tendenze: da un lato una ricerca continua di effetti, esasperato eccesso creativo alla ricerca dello stupore perpetuo, dall’altro l’assoluta mancanza di ogni valore aggiunto dato dalla recitazione, anzi una negazione di quest’ultima con l’affermazione della parola nella sua nudità, nulla più del suo suono senza alcuna intonazione. Questo è quanto viene proposto dalla regia del giovane Massimiliano Civica che, con la compagnia La corte in viaggio di Roma, ha curato un’originalissima rielaborazione di tre storie, prese dalla vasta produzione teatrale dell’unica compagnia italiana attiva agli inizi del secolo scorso nel cosiddetto teatro grandguignolesco, la Compagnia Sainati (fondata da Alfredo Sainati e dalla moglie Bella Storace). Lo spettacolo di cui stiamo parlando è “Grand Guignol - Tre storie: L’artiglio- Passa la ronda – il Ritorno”, con Andrea Cosentino, Mirko Feliziani, Antonio Tagliarini, Daniele Timpano, scene di Manuel Malesani, visto al teatro Libero di Palermo dal 25 al 29 gennaio scorsi.
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