ARTE E ARCHITETTURA
"Presenti. Assenti": una mostra dedicata
Quattordici artisti da tempo scomparsi, il cui valore perdura ancora oggi, così come l’impronta lasciata nella storia dell’arte contemporanea. A Santi Alleruzzo, Alfonso Amorelli, Ugo Attardi, Enza Careri, Sebastiano Carta, Pippo Gambino, Tecla Iraci, Ibrahim Kodra, Alba Lo Verso, Willy Martinez, Guido Quadrio, Carlo Scarpari, Antonio Toma, Tono Zancanaro è dedicata "Presenti. Assenti", la mostra allestita alla Galleria Studio 71 (via Fuxa 9, a Palermo) e visitabile fino al 10 aprile, ogni giorno dalle 17 alle 20. È un’iniziativa che, in occasione del 25° anniversario di attività della galleria, vuole celebrare quei maestri con cui, attraverso mostre personali o retrospettive, la sede espositiva palermitana ha spesso rapporti. Si pone dunque come festa del ricordo, ma come un evento allo stesso tempo interessato a divulgare il variegato gusto e i diversi modi di far arte di un gruppo di pittori che alla Galleria 71 ha offerto negli ultimi venti anni la possibilità di stabilire un rapporto consolidatosi negli anni.
Al Gruppo Futurista Romano e ai motivi dell’arte astratta fu vicino Sebastiano Carta, altro protagonista della mostra, maestro di una poetica del disagio esistenziale di cui sulla tela parla attraverso cromatismi e circolari tensioni del segno che costruiscono da soli uno spazio visionario e instabile, oscillante tra colore e sogno. Ma alla scomposizione futurista si richiama anche l’opera di Tecla Iraci, dedita alla scomposizione delle immagini attraverso la luce e i suoi giochi. Un altro scomparso, forse il più importante, quello che più tra tutti ha lasciato il segno e a cui Palermo ha dedicato recentemente una mostra, è Ibrahim Kodra, il noto pittore albanese autore di opere popolate da paesaggi rilucenti di serenità e automi dal cuore semplice. Kodra ha, come i suoi colleghi, conosciuto le avanguardie, si è accostato alle correnti neocubiste e post-cubiste, ha concentrato gli stimoli di un’intera vita e di mille influssi nelle sue famose figure totemiche, oggi marchio di una pittura che è gioia e dolore e non ha bisogno di essere firmata.
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Quei nomi a cui è dedicata la mostra sono anche quelli di personaggi che nel secolo scorso hanno accompagnato i fermenti seguiti dall’arte siciliana e non solo. Come quell’Alfonso Amorelli, che, imparata e rielaborata la lezione di Cezanne e Dufy, colma ogni opera di cure nei confronti del colore e incentra la sua attenzione sull’interpretazione della natura, piuttosto che sulla sua mera descrizione. E con questi mezzi Amorelli mette un cromatismo ricco e corposo a disposizione del reale e della sua narrazione, portando la critica del tempo a parlare di “Impressionismo siciliano”, incoraggiando anche l’arte grafica di casa nostra, attraverso un tratto che ha reso celebri i disegni per le rappresentazioni classiche di Siracusa. Tra gli “scomparsi” figura anche Pippo Gambino e il suo Paesaggio Mediterraneo, le cui tinte drammatiche riassumono alla perfezione un approccio alla pittura intenso, quasi incontrollabile e intimamente legato ad una poetica disincantata, nonché ai quartieri palermitani in cui l’artista crebbe e di cui nei suoi quadri canta la forza. Al Gruppo Futurista Romano e ai motivi dell’arte astratta fu vicino Sebastiano Carta, altro protagonista della mostra, maestro di una poetica del disagio esistenziale di cui sulla tela parla attraverso cromatismi e circolari tensioni del segno che costruiscono da soli uno spazio visionario e instabile, oscillante tra colore e sogno. Ma alla scomposizione futurista si richiama anche l’opera di Tecla Iraci, dedita alla scomposizione delle immagini attraverso la luce e i suoi giochi. Un altro scomparso, forse il più importante, quello che più tra tutti ha lasciato il segno e a cui Palermo ha dedicato recentemente una mostra, è Ibrahim Kodra, il noto pittore albanese autore di opere popolate da paesaggi rilucenti di serenità e automi dal cuore semplice. Kodra ha, come i suoi colleghi, conosciuto le avanguardie, si è accostato alle correnti neocubiste e post-cubiste, ha concentrato gli stimoli di un’intera vita e di mille influssi nelle sue famose figure totemiche, oggi marchio di una pittura che è gioia e dolore e non ha bisogno di essere firmata.
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