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Officinalchemike, ironia e sinestesie pop

  • 23 gennaio 2006

Band: Offinalchemike
Titolo: Ho le mie buone ragioni
Anno: 2005
Etichetta: Maninalto!


Tornano sulle scene gli Officinalchemike dopo un primo lavoro autoprodotto dal tema voyeuristico (Ludovico, portiere di un motel, è testimone di una lunga serie di brevissimi amplessi tra le tipologie umane più disparate). E' del 2005, infatti, questo curioso e originale concept-album dal titolo: “Ho le mie buone ragioni”. Il gruppo muove dall’idea di fare pop (inteso come strofa-ritornello-strofa) cantato in italiano, facendo dialogare la tradizione cantautoriale nostrana con un bagaglio di influenze indie di stampo americano e anglosassone. Ragioni buone, in effetti, ne ha davvero il trio mantovano composto da Spinz (voce, chitarre, sinth), Peco (basso, cori, microkorg), Gia (batteria, percussioni). Un concept, di norma, nasce per essere ascoltato dall’inizio alla fine, ma gli Officinalchemike ci propongono un’alternativa: un “percorso meteoropatico a settori colorati”, in cui le canzoni sono raggruppate per colori a seconda dei temi che trattano e possono essere ascoltate a partire dal settore che si preferisce.

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I testi di ironia a volte disarmante (già a partire dai titoli) e una generale vena comica in armonia con le cangianti soluzioni musicali, ne fanno un disco camaleontico e divertente. Dopo l’apertura math-rock di grande impatto di “Le farmacie di Barcellona”, è una suadente voce di donna che ci conduce all’interno del settore giallo (ovvero delle domande senza risposta) e subito ci si rende conto di quanto agli Offinalchemike piaccia “divagare”: dall’andamento tribale di “Qualcuno sopra di me sta tessendo trame incomprensibili” ai passaggi prog di “Mai avuti così tanti libri in sospeso”, passando per l’autoironia di “ Visto da fuori” dal finale quasi straniante. Il settore rosso presenta una trilogia sulla fase intermedia di un amore in via di inviluppo. Il mood è leggermente diverso, il trittico è più emotivo nell’attitudine e più post negli arrangiamenti (“Bouganville”). Spesso la voce cristallina di Spinz si inacidisce attraverso filtri e nella malinconica “Lievincertezze” c’è spazio per una chitarra “tremolante”.

Ritorna l’ironia col settore bianco (della memoria) composto dalla sola “Ludovico: aggiornamenti biografici”, pezzo fresco dal sapore vagamente punk. Il settore blu (degli acciacchi mentali) si apre con la carica power di “Ti farò a fettine”, proseguendo con “Ultima cena a lume di candela”, in cui un white noise fa da tappeto al monologo di un probabile futuro omicida, e chiudendosi con “Lentamente, inesorabilmente” forse il pezzo più tirato che ricorda un po’ i Motorpsyco di “Blissard”. A chiudere l’album è il settore verde (di decompressione) con “La ricetta”, brano paradigma del “metodo Officinalchemike”: un divertimento (in senso etimologico) schizofrenico tra prog funk fusion e free-jazz che accompagna la narrazione di una ricetta strampalata, pezzo in cui non possono che tornare in mente certi Area. In definitiva un disco molto ben registrato che funziona pur nella sua veste particolare grazie all’arma dell’ironia e della comicità e che diverte molto all’ascolto per i suoi repentini e spiazzanti “cambiamenti di umore”. Bello l’uso di certa elettronica, peccato per il cantato che potrebbe essere più espressivo specie negli episodi più aggressivi e tirati.

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