CINEMA E TV
Nove vite, forse troppe per un solo film
Nove vite da donna (Nine lives)
U.S.A, 2005
Di Rodrigo Garcìa
Con Glenn Close, Sissy Spacek, Robin Wright Penn, Holly Hunter, Dakota Fanning
Capita talvolta di trovarsi talmente presi da un pensiero che non si presta attenzione a quel che si sta facendo, e così distrattamente non ci accorgiamo di quel che succede intorno. Qualcosa di simile accade vedendo il film “Nove vite da donna” (il titolo originale è “Nine lives”) diviso in episodi distinti, ma non del tutto, e contraddistinti da un nome di donna. Le storie, pur nella loro brevità, sono incisive e affondano impietose la lama nelle innumerevoli ferite che un oggi moderno e scomposto, nuovo e antico al tempo stesso, arreca alle anime che si dibattono nelle loro piccole ma onerose esistenze. E allora accade che il pensiero rimasto imbrigliato in una vicenda or ora narrata, abbia difficoltà a seguire la successiva, le cui immagini già scorrono sullo schermo, e così poi non sia pronta, se non distrattamente, a seguirne i nuovi piccoli grandi eventi. Una donna in prigione, Sandra, che è madre e brama per vedere la propria figlia, apre questa carrellata di tristi storie, nelle quali il denominatore comune sembra essere la sofferenza. Ecco infatti la violenza dell’amore, in Diane, quello che crediamo finito e invece scopriamo che continua a logorarci l’anima, il dolore eterno, per Holly, che divora per quei inenarrabili drammi consumati all’interno della famiglia, la crudele superficialità di certi uomini per Sonia, per una teenager, Samantha, il peso della famiglia gravata dalla malattia del padre, il duro confronto di una donna, Camille, con l’asportazione di un seno e ancora altre donne per le altre meste storie.
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