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Non tutto è perduto, le risposte alla stampa siciliana: Pino Maniaci, le accuse e Telejato
Maniaci risponde alla stampa: dalla ricostruzione del giornalista antimafia prende forma un'altra lettura dei fatti. Alla fine arriva anche un appello: salvate Telejato
C'è sempre una sottilissima linea rossa fra ciò che è e ciò che può essere. Il caso Pino Maniaci dà l'impressione che questa linea sia stata valicata più volte, da una parte e dall’altra.
Un'altra lettura è stata fornita in conferenza stampa da Pino Maniaci stesso, assistito dai suo legali, l'ex pm Antonino Ingroia e l'avvocato Bartolomeo Parrino, dopo l'interrogatorio durato tre ore, presso la sezione penale del Tribunale di Palermo.
In una stanza affollata da decine di giornalisti, a prendere la parola per primo è stato l’avvocato Parrino: «Rispondiamo mediaticamente ad un processo mediatico. Un processo che dovrebbe occuparsi di estorsione si sta trasformando in un processo sulla vita privata di un giornalista per cercare di metterlo a tacere.
Non può una Procura chiedere il divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani, così come ha fatto nei confronti di Maniaci, e non adottare nessuna misura cautelare per i colleghi dello stesso tribunale - riferendosi al caso Saguto - imputati in un processo per reati gravissimi da centinaia di milioni di euro, nonostante il rischio di inquinamento dei processi sia altissimo».
Pino Maniaci ha invece esordito con una dichiarazione nel suo solito stile prorompente, rivolgendosi ai giornalisti presenti: «Ormai voi mi avete già condannato e giudicato. In tribunale ho risposto a tutto e il giudice mi ha ascoltato con serenità. Quest'indagine è solo un modo per buttare fango su Telejato e farla chiudere, utilizzando aspetti privati della vita di un giornalista che non si è mai auto proclamato eroe dell'antimafia.
Hanno infatti aspettato un'indagine di mafia per venirmi a prendere alle tre di notte. Guarda caso è tutto avvenuto a tre giorni di distanza dall'annuncio dell'inchiesta che stavamo conducendo sulla sezione fallimentare del Tribunale di Palermo».
Sulle accuse di estorsione Maniaci risponde con assoluta chiarezza: «Non ho mai chiesto soldi a nessuno, tutte le accuse sono infondate. Dei pagamenti di cui si parla ho le fatture e non ho mai cambiato la mia linea editoriale per nessun motivo. I soldi che ho preso erano per una pubblicità del negozio della moglie del sindaco De Luca. Metteremo a disposizione tutte le registrazioni dei servizi per dimostrare che le denuncie le abbiamo sempre fatte».
Maniaci ha provato a chiarire anche il ruolo della donna coinvolta nelle intercettazioni: «Ho tentato di aiutare una donna in seria difficoltà economica, con una figlia di sette anni disabile per cui è costretta ad andare ogni giorno a Palermo per permetterle di ricevere le cure necessarie. Il marito è un tossicodipendente violento e ho solo cercato di assicurarle un'entrata che le permettesse di vivere dignitosamente».
Altro punto caldo è l'uccisione dei cani: «Per me è una ferita ancora aperta che brucia. È stato un atto intimidatorio che ho denunciato ma per cui non sono state fatte le dovute indagini. Ciò che ho detto al telefono in quella conversazione privata non ha rilevanza penale ed è stato un dialogo in cui ho provato a fare leva sui sensi di colpa della donna per avere più presa su lei».
A chi ha chiesto di chiarire la questione familiare, Maniaci ha risposto con fermezza: «Con la mia famiglia parlo in privato, non di certo in diretta e davanti alle telecamere. Semmai ho da rivolgere un appello ai ragazzi di Telejunior: leggete bene fra le righe e non credete a tutto ciò che viene detto. Se necessario parlerò con ognuno di voi, singolarmente, per chiarire ogni cosa. Andate in redazione e fate quello che a me hanno impedito di fare. Salvate Telejato».
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