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Natura e creazione: dieci artisti per Alcamo

  • 21 novembre 2005

“Come natura crea, l’uomo distrugge” è il titolo della mostra ideata da Davide Bramante (Siracusa, 1970) inauguratasi al Castello dei Conti di Modica ad Alcamo, nell’ambito della terza edizione del festival “Artisti per Alcamo”. La mostra (visitabile fino al 18 dicembre dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20) vede la partecipazione di dieci giovani artisti provenienti da tutta Italia accompagnati da altrettanti critici d’arte. Il tema della mostra è quello della natura a cui l’arte attinge da sempre: «“Come natura crea” – sottolinea l'ideatore Davide Bramante – si offre gratuitamente a tutti i sensi senz’alcuna scrematura praticata all’origine. Gli artisti non mostreranno semplicemente l’opera finita ma ricreeranno l’Agorà, come porzione del proprio Atelier: la natura e l’arte, perciò, al centro dell’universo creativo, perché la Natura è il modello perfetto da cui partire per ogni spedizione esplorativa». Proprio l’opera di Bramante, realizzata anche con il contributo del piccolo Leandro di cinque anni, figlio dell’artista, costituisce in un vero e proprio omaggio alla natura. Un’installazione realizzata con carriole colme di terra in cui Davide e Leandro hanno coltivato fiori e piante che rappresentano singolarmente i diversi artisti presenti alla mostra, simboleggiando in questo modo il ruolo vitale dell’artista nella società. Più forte e critico è il secondo intervento di Bramante che fa ricamare sulle bandiere di diverse nazioni il simbolo del pericolo di morte, riallacciandosi ad un intervento già presentato dall’artista a “Fuori Biennale 2005” a Venezia per protestare nei confronti della situazione di pericolo che riguarda l’intero pianeta. Maddalena Ambrosio (Napoli, 1970) realizza delle sculture –installazioni in cui la natura, plastificata, viene trasferita all’interno della galleria e così modificata ci fa riflettere sul processo di trasformazione e stravolgimento dell’equilibrio ecologico, collegandosi in parte agli interventi di Land art.

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Più tradizionale è invece il lavoro di Giuseppe Bombaci (Siracusa, 1978) che appare indubbiamente legato alla Transavanguardia a causa dell’uso della pittura accompagnato da sculture – spaventapasseri, rievocanti in parte alcuni lavori di Mimmo Paladino. Ad un primo sguardo invece la pittura di Alessandro Bulgini (Taranto, 1962) sembra una pura rievocazione dell’espressionismo astratto americano, ma si tratta invece di vera e propria reinterpretazione di questa, dato che, come scrive il critico Oliver Grasser, “dopo un primo mutismo, il nero profondo invita lo sguardo ad avventurarsi al di là della superficie riflettente […] forzando l’occhio a rallentare la sua corsa, delle figura nude lanciano al visitatore uno sguardo insistente”. La tecnica di Bulgini è presa in prestito dalla fotografia e sicuramente affascina e ipnotizza lo spettatore, come accade anche per la performance “La nave dei folli” realizzata dall’artista a Roma sul fiume Tevere. La pittura di Fulvio di Piazza (Siracusa, 1969) si rifà ad una realtà da sogno, ad una natura da fiaba i cui alberi si tramutano in volti umanizzati. La natura sembra quasi plastificata e nonostante tutto minacciosa, come nel dipinto “Di natura criminale” 2005, che sembra rievocare i racconti di Tolkien. L’esplosione del colore nella pittura di Daniele Girardi (Verona, 1977) ricostruisce un caotico mondo della natura in cui i singoli esseri viventi si confondono sulla tela in un fitto groviglio di forme. Francesco Lauretta (Ispica, 1964) realizza una pittura fotografica, che si ricollega alla natura dell’uomo, alle sue tradizioni che l’artista rievoca nostalgicamente ma che al contempo analizza nel particolare. Lauretta si rifà ad una pittura di guttusiana memoria e in “Rosso sciantoso” si dimostra abile nel rievocare un momento di vita comune che appare storicizzato, congelato per sempre.

I lightboxes di Andrea Lovarini (Cuorgnè, 1974) rivelano la propensione dell’artista nei confronti delle arti fotografiche e come scrive Marina Giordano “si prestano bene a una interpretazione narrativa, per il ruolo fondamentale giocato dal soggetto, che viene profondamente teatralizzato grazie alle scelte delle ambientazioni, dei costumi e delle luci”. Inoltre l’allestimento valorizza la bellezza di questi lavori che collocati nelle piccole celle a pianta circolare del castello, si distinguono e bene si armonizzano con il resto della mostra. I pupi siciliani, la terra sicula è alla base del lavoro di Sebastiano Mortellaro (Siracusa, 1974) che tenta, attraverso il suo lavoro, di reinventare la cultura siciliana e i suoi luoghi comuni. “Underattack” è il nome di un gruppo formato da tre artisti siciliani e calabresi (Turi Rapisarda, Andrea G. Marte, Massimo Augeri) che agiscono da non molto nel territorio torinese con azioni di protesta nei confronti delle amministrazioni pubbliche, totalmente insensibili nei confronti della storia e dell’ambiente della città piemontese.Il lavoro esposto ad Alcamo consiste in un’installazione, in un video e riproduzioni fotografiche che attestano l’azione di denuncia del gruppo che si è opposto alla distruzione di antichi resti archeologici di età romana trovati in Piazza San Carlo a Torino. Ancora una volta, dunque, l’arte ci viene in aiuto nel comprendere la realtà che stiamo vivendo nei suoi aspetti positivi e negativi, nella speranza che qualcuno ne raccolga l’eredità e l’aiuti ad andare avanti, come la città di Alcamo, nel suo piccolo, sta tentando di fare con questa vivace manifestazione culturale che dopo tre anni accenna soltanto a migliorare.

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