CINEMA E TV
Master and Commander: sfida ai confini del mare
Il personaggio più interessante è rappresentato dal capitano Jack Aubrey (Russel Crowe): deciso e istintivo è un uomo carico di patriottismo e voglia di vincere
Master and Commander: sfida ai confini del mare (Master and Commander: The Far Side of The World)
USA 2003
Avventura
di Peter Weir
con Russel Crowe, Paul Bettany, Billy Boid, James D’Arcy
Chi si aspettava da Master & Commander una serie di scontri infiniti tra navi, una marea di effetti speciali e un’esaltazione di eroi dell’acqua rimarrà deluso: questo non è il tipico prodotto hollywoodiano spersonalizzato e spettacolarizzato. Siamo nel 1805 e le navi di Napoleone sono in continua lotta con la flotta inglese. Il Capitano Jack Aubrey (Russel Crowe), alla guida della “Surprise”, ha il compito di saccheggiare e distruggere la nave francese Acheron. Ma, attaccato improvvisamente proprio da questa nave, Aubrey inizierà un inseguimento senza fine mettendo a repentaglio la vita di tutti i componenti del suo equipaggio.
Dopo il primo, violento, scontro tra le due navi, ci si aspetterebbe una successione di battaglie ininterrotta. Il film di Peter Weir, però, non è un film di guerra ma una riproduzione fedele del microcosmo rappresentato dalla nave Surprise. Il regista non si sofferma sulle scene d’azione per approfondire la caratterizzazione dei personaggi. Così vedremo giovani ufficiali crescere seguendo le orme del coraggioso Aubrey. Vedremo sole, pioggia e neve. Operazioni chirurgiche, morti e feriti. Scene di esultanza e scene di cordoglio. Problemi tra i membri dell’equipaggio e contrasti d'amicizia. Insomma, vedremo tutte le possibili “storie di bordo” che scandiranno il tempo dell’azione filmica.
La morale del film sembra essere quella che tutti devono rinunciare a qualcosa per ottenere i loro obiettivi e il dubbio (non risolto) è se, alla fin fine, ne valga veramente la pena. Il finale (non finale) che rimette in discussione tutte le scelte del capitano dando inizio ad un nuovo inseguimento rappresenta benissimo il cinema di Weir. Un cinema in cui l'unica cosa che conta è il continuo inseguimento di una magnifica ossessione, sperando di non raggiungerla mai. Una specie di “teoria del piacere” rovesciata in cui si è consapevoli di inseguire un sogno irraggiungibile. Ma il bello è proprio questo.
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