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La trippa p’i ‘atti della signora Scettina

La signora Scettina, chiamata da giovane Scetty - oltre i quarant’anni questi vezzeggiativi non sono più applicabili -, è maestra nel cucinare la trippa. In realtà è brava in molte cose, ma questa è un suo cavallo di battaglia. A Ballarò (quartiere palermitano, ndr) la conoscono tutti, l’Agriggentina la chiamano. Vederla dal macellaio scatena la curiosità dei passanti. “Zoccu pripara a Za’ Cuncetta?” e le gridano dalla strada “Concè, oggi chi cc’è? C’è trippa p’ì ‘atti?” Messaggio in codice per chiedere un invito. Concè alza le spalle e sorride, facendo finta di non capire. Non si possono ricevere ogni giorno ospiti. Prima di tutto la famiglia e poi gli altri, in più non bisogna diffondere i propri segreti. Non si devono svelare neanche alle nuore, figuriamoci agli estranei. Con una eccezione: Nunzia, la nuora più piccola, moglie dell’ultimo pargolo, e sua figlioccia, allevata da lei da quando aveva quattro anni. È Nunzia la depositaria del sapere e in quanto tale ha un compito prezioso: rendere grazie alla madrina, amarla e onorarla come fosse carne della sua carne. Ovviamente questo crea gelosie e risse fra fratelli, anche perché più passa il tempo, più la predilezione si fa smaccata. Scettina non regge più il peso degli anni, non sa essere diplomatica come prima e poi acciacchi, memoria vacillante la appesantiscono ogni giorno che passa. La conseguenza è che Nunzia viene sempre chiamata, Nunzia viene cercata, a Nunzia si chiedono i favori, i piaceri, le preghiere. A qualsiasi ora del giorno e della notte.

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Nessuno valuta questo lato della faccenda. Nessuno considera la pesantezza di una simile situazione. Nunzia è la ruffianazza e basta, è ‘a favorita! In lei si rivedono i gesti, le abitudini, i modi di fare della suocera, lo nota perfino la madre, certo non molto soddisfatta di questa invasione di campo. Lo notano tutti. Anche Nunzia è bravissima nel preparare la trippa. Ogni volta che la cucina rende omaggio a Scettina. Bollisce per due volte la trippa tagliata a listarelle, in modo da sgrassarla bene e la soffrigge con la cipolla tagliata sottile, tanto da ridurla in crema, insieme alla salsa si pomodoro. L’importante è l’ogghiu. “Avi a essere bbonu, virdi e ddenzu”. Nunzia, come Scettina, lo compra da Mastro Casimiro, che scende ogni giorno da Misilmeri, portando olio, formaggi, verdure e ciò che produce il suo orto. Poi frigge le melanzane nostrali a tocchetti, asciuga l’olio in più e le mischia ai filetti di trippa. Aggiunge il caciocavallo o il primosale, le fette di uovo sodo e sistema il tutto in una pirofila, cospargendo di pecorino grattugiato. Copre con un coperchio e mette in forno a fuoco basso per quindici, venti minuti. Nunzia è molto gelosa di questa ricetta. Confidarla a qualcuno sarebbe tradire la suocera, ma non diffonderla significherebbe non tramandare il ricordo di un amore così viscerale. Forse un’altra figlia riceverà in dono queste confessioni, forse Nunzia chiamerà lei nei momenti di solitudine.

L’abbinamento
E’ un piatto dotato di una personalità piuttosto penetrante. La struttura, l’intensità ed il carattere degli ingredienti utilizzati per la sua preparazione influenzano in modo sensibile l’attento degustatore. Cominciando dalla trippa, rileviamo facilmente la sua percepibile grassezza, alla quale, in virtù del principio di contrapposizione, abbineremo un vino dotato del requisito dell’acidità, o eventualmente della sapidità e dell’effervescenza. Tra gli elementi che non possiamo tralasciare per un corretto abbinamento vi sono inoltre la tendenza amarognola delle melanzane, la sapidità e aromaticità del caciocavallo e la tendenza dolce delle uova. La sintesi di questi elementi suggerisce di orientare la scelta verso un vino rosso mediamente acido e tannico, alcolico, di buona struttura, giustamente aromatico e dal sapore piuttosto persistente. Il rosso prodotto nella Doc Faro sembra essere la soluzione ideale al nostro caso.

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