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La Sicilia anni trenta in mostra ad Agrigento

  • 30 gennaio 2006

Una mostra che attraversa la ricca produzione artistica siciliana degli anni trenta seguendo una tematica specifica. Si è inaugurata ad Agrigento, presso gli Spazi espositivi chiramontani (piazza S. Francesco 1) la mostra "Le ferite dell’essere / Solitudine e meditazione nell’Arte Siciliana degli anni Trenta". Realizzata con il il patrocinio del comue d’Agrigento e promossa dall’associazione Amici della pittura siciliana dell’Ottocento, la mostra è curata da Anna Maria Ruta. L’esposizione potrà visitarsi tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 20 (ingresso libero), fino al 5 marzo. L’attenta ed interessante selezione che la curatrice ha realizzato delle opere, assegnando un posto di rilievo alla componente malinconica che dà il titolo alla mostra, torna come una costante nelle numerose tele esposte e viene variamente interpretata dalle diverse tendenze dell’epoca: espressioniste e liriche da un lato, più realistiche e di “contenuto” dall’altro. Tra gli artisti presenti in mostra ad illustrare questo ricco panorama siciliano incontriamo: Eustachio Catalano, Ezio Buscio, Renato Guttuso, Vittorio Corona, Daniele Schmiedt, Giulio D’Anna, Lia Pasqualino Noto, Alfonso Amorelli, Alberto Bevilacqua, Antonio Guarino, Manlio Giarrizzo, Nino Franchina, Gino Morici, Elisa Maria Boglino, Pippo Rizzo, Michele Dixitdomino, Leo Castro ed altri ancora.

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Il ritorno all’ordine interessa tutto il decennio degli anni trenta e in Sicilia si manifesta attraverso una rinnovata tendenza al confronto, stimolata dal sindacato fascista di Belle arti che in quegli anni lavora attivamente e funge da trampolino di lancio per gli artisti siciliani. Anna Maria Ruta, nel testo in catalogo, sottolinea la tendenza degli artisti ad indagare l’interiorità, l’intimità familiare come risposta ai trionfalismi ufficiali che esige il regime fascista. Una nuova attenzione all’animo, attraverso il ritratto e l’autoritratto, una «polemica rivalutazione del soggetto e della sfera del privato», come dice Ruta. Volti malinconici, intensi e corrucciati popolano i pannelli espositivi del suggestivo Complesso Chiaramontano; tra questi l’"Autoritratto" di stampo novecentista di Pina Calì e "Ritratto di signora" di Giovanni Alicò dove una giovane donna, avvolta dal leggero calore della luce pomeridiana, si abbandona sulla spalliera di una sedia a pensieri tristi e lontani. La solitudine e la malinconia investono anche il mondo dei bambini, come si scorge nel "Sergiotto imbronciato" o nei "Bambini che giocano" di Bevilacqua. In quest’ultimo il decorativismo a tutto pieno ricorda le ricche tele matissiane: l’eccesso di decorazione riempe la stanza dei giochi di un’atmosfera d’immobilità generando l’impossibilità del dialogo tra i bimbi straniti ed i loro giochi.

La mostra dedica inoltre un’attenzione particolare all’arte femminile esponendo numerose tele delle artiste attive in Sicilia negli anni trenta (Lia Pasqualino Noto, Piera Lombardo, Elena Pirrone, Maria Grazia Di Giorgio, Pina Calì, Ida Nasini Campanella, Elisa Maria Boglino) e mettendo in luce personalità assai poco studiate come Anita Orlando Faraci ed Esilde Razeto. Un olio d’elegante composizione e d’intensità cromatica è "La ricamatrice" (1937) di Antonio Guarino, artista noto soprattutto per le sue incisioni e a cui, secondo la curatrice, non è ancora stata dedicata la dovuta attenzione. Tra le opere in mostra risalta l’asprezza segnica e la violenza cromatica di "Le Alienate" (1932) di Elisa Maria Boglino dove si legge chiaramente la matrice nordica dell’artista e, tra le scene di “costume” che descrivono la triste e stanca realtà del quotidiano si distingue "Le figlie del pastore" di Maria Grazia Di Giorgio (1938). Testi in catalogo di Anna Maria Ruta, Davide Lacagnina e Giuseppe Frazzetto. Il catalogo è anche corredato da biografie inedite di alcuni degli artisti in mostra.

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