CINEMA E TV
"La seconda notte di nozze", l’impossibile amore possibile
La seconda notte di nozze
Italia, 2005
Di Pupi Avati
Con Antonio Albanese, Neri Marcorè, Katia Ricciarelli, Angela Luce, Marisa Merlini, Robert Madison
Se il cinema di Pupi Avati non è che un unico piano-sequenza a ritroso, un'evocazione autobiografica di mitologie e rituali trascorsi, quando non definitivamente perduti, allora non è difficile paragonare questo suo Giordano Ricci, personaggio protagonista de “La seconda notte di nozze” (presentato e visto da noi all’ultimo festival di Venezia), al professore interpretato da Carlo Delle Piane in “Una gita scolastica”: nei due c’è la stessa capacità di ascolto dei sentimenti, lo stesso abbandono di ogni resistenza nei confronti della seducente magia degli elementi naturali, la stessa voglia di perdersi nel silenzio per lasciarsi guidare dai più impervi moti dell’anima. La poeticità di Avati si ferma di fronte all’irrapresentabile tentando di sondarne il segreto. Anche in questa sua ultima opera, con il Giordano magnificamente impersonato da un Antonio Albanese che conferma la sua misura da sottile interprete degli ultimi pudori contemporanei (meritava la Coppa Volpi per questa sua perfomance!), con questo suo matto dal cuore semplice che vive in Puglia, nei campi di Torre Canne che gli appartengono, reduce da elettroshock di vent’anni prima, ora costretto allo sgradevole lavoro di artificiere e da sempre innamorato della stessa donna alla quale non osa dichiararsi.
La bella sceneggiatura si nutre di sottigliezze ed è attenta nel dosare ironia e dramma, mentre la macchina da presa si sofferma ad indagare con grazia i bravi interpreti. Risulta così miracolosa pure la presenza della Ricciarelli che, svestiti i panni melodrammatici, recita con inedita asciuttezza la sua Liliana, senza trucco, e modestamente vestita, cavandosela con grande autorità. In una delle scene del film, la vediamo rassegnata di fronte all’umiliante proposta del figlio Nino intenzionato a barattare il suo corpo in cambio di uno spinterogeno per l’auto in panne, richiesto ad un camionista di passaggio. E diventa impagabile il suo duetto con Albanese, quando finalmente Giordano gli propone attraverso un dialogo di commovente umanità, di sperimentare un tardivo congiungimento carnale, in nome di un amore da sempre inespresso. Avati sembra giocare di fioretto con il mito del cinema d’antan attraverso l’evocazione dell’aitante divo Enzo Fiermonte, interprete negli anni ’40 di film come “L’ultimo combattimento”, “Spie tra le eliche” e “Frà Diavolo”, pure presente, in qualità di campione di pugilato, nel capolavoro di Visconti “Rocco e i suoi fratelli”, dove recitava il ruolo dell’allenatore. In questo film sull’amore ritrovato e sulle nostalgie di una purezza possibile, pure le scelte musicali concorrono a squarciare il velo della memoria: “Cantando con le lacrime agli occhi”, celebre motivo di quegli anni è qui eseguito da Tony Santagata. La storia si chiude con una dedica “A tutti i bambini che fecero una grande luce”, alle vittime innocenti delle mine dimenticate, implacabile conseguenze di tutte le guerre, non solamente di ieri.
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