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“La febbre” per capire e scegliere

  • 12 aprile 2005

“La febbre”
Italia 2005
Di Alessandro D’Alatri
Con Fabio Volo, Valeria Solarino, Cochi Panzoni e Arnoldo Foà

Divertente satira sull’impalcatura molto all’italiana che caratterizza la vita dei cittadini della Repubblica, “La febbre” pare sia stato ispirato proprio da un discorso del nostro Presidente della Repubblica Ciampi durante un incontro con i candidati al David di Donatello. Considerata dall’autore la sua opera più matura dopo il successo di “Casomai”, il film immette subito lo spettatore in una dinamica diversa dalle precedenti pellicole: tra realtà e fantasia il termometro oscilla sempre verso la stabilità…Mario, protagonista topico di una civiltà che si impone per accondiscendenza, percorre tutte le tappe di quello che, per la fenomenologia che lo caratterizza, può essere inteso quale “romanzo di formazione”. Studente in crisi con velleità da giovane imprenditore (il locale!... ), accudito dalla mamma con sveglie e caffé, il nostro “ragazzo” corre il rischio di farsi avvinghiare nelle trame della burocrazia, e più ancora dalle aspettative di mamma e papà (morto!), che dall’alto del suo ritratto continua a incutere rispetto e a dettare quelle leggi di un mondo tramontato e sospeso tra il presente e il passato, un’epoca che stenta a liberare i propri figli dal retaggio culturale del “posto fisso”, quasi fosse l’unico antidoto contro i sogni dell’età delle speranze. Riuscirà l’eroe, più vicino all’ “Idiota” di Dostoevskij che ad un placido rivoluzionario, a liberarsi dal “senso comune”? Farà la felicità della mamma (a cui manca un marito da gestire!) e quella degli amici che lo trovano simpatico (e remissivo!)? Costretto ad avere a che fare con morti e cimiteri, gettandosi addosso l’odio e il rancore del popolo di provincia, ma anche l’ammirazione di colleghi e qualunquisti, nel bel mezzo di una inutile ma avviata carriera da impiegato comunale, Mario si innamora!

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L’incontro della bella che lo distoglie dalla retta via, cubista e studentessa appassionata di poesia, per uno strano caso (purtroppo tutto è molto prevedibile ), avviene al cimitero ... Un film che non lascia riposare in pace neppure i fantasmi e si arroga il diritto di tormentare i suoi personaggi col senso di colpa degli indecisi, concederà lo spazio vitale al “nostro” Mario (perché in fondo ci appartiene più di quanto possa apparire) per esprimere la vitalità e la capacità decisionale e artistica che compete ad ogni uomo libero? Di un amore nato dalle muffe… e di un arte creata dalla mondezza nessuno vuol farsi portatore sano, e quindi la febbre concede l’attesa giusta per capire e scegliere: “si diventa grandi e si fanno delle scelte, non si può accontentare tutti”…Ma almeno se stessi! Complimenti agli effetti speciali di stile pubblicitario che catturano l’attenzione e all’armonia delle riprese in movimento che fanno sperare in qualche cambiamento di tono e anche alle panoramiche dall’alto e alle zummate progressive che appassionano lo spettatore accompagnandolo all’interno di ogni scena; ma, alla fine di questa creatività d’immagine, il cinema italiano che sfrutta l’italianeità riuscirà, come il protagonista, ad avere fiducia in se stesso e abbandonare il terreno saldo e sicuro della mediocrità?

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