ARTE E ARCHITETTURA
L’uomo invisibile in una mostra di scatti
Una serie di scatti fotografici a tutti i possibili luoghi del nostro quotidiano dove il capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano potrebbe celarsi
In uno dei suoi racconti, “La lettera rubata”, lo scrittore statunitense Edgar Allan Poe (1809-49), caposcuola della letteratura del mistero e del terrore, fa in modo che un misterioso documento non venga ritrovato, grazie al fatto che il suo autore evita semplicemente di nasconderlo; lasciata così, sotto gli occhi di tutti, la lettera risulta introvabile pur essendo lì, a disposizione della polizia che perquisisce più volte lo studio del sospettato. Morale della favola, spesso le cose apparentemente più difficili da trovare sono proprio dinanzi a noi; non nascondendole, si trova il migliore dei nascondigli, prendendosi gioco del cacciatore che è impegnato a guardare sempre oltre, a cercare lì dove la preda potrebbe essere, ma invece non è.
Forse è questa la strategia messa in atto dai veri maestri della fuga, tra cui, nella cronaca palermitana, spicca di certo ‘Il Latitante’ per eccellenza, Bernardo Provenzano, detto ‘Binnu’, capomafia invisibile che da decenni mette in scacco tutti coloro che gli danno la caccia. È proprio su questo meccanismo, sul ‘dove potrebbe essere e non è’ questo invisible man che pare tenere le fila delle cose di Cosa Nostra e che, ormai senza volto - se non una vecchia immagine che fa da base per identikit solo eventuali - e senza voce, sta quasi entrando nella leggenda (malefica, ma pur sempre leggenda), che è imperniata la mostra fotografica “DIA, un’indagine in 26 diapositive”, a cura di Ida Parlavecchio e Antonio Miccichè, ospitata nei locali di Arèa contenitoreartecontemporanea, in piazza Rivoluzione 1 a Palermo, fino al 7 marzo (tutti i giorni escluso il lunedì dalle ore 19).
Come Binnu in persona, anche le fotografie erano sotto i nostri occhi, a portata di mano, ma quanti ne hanno rilevato la presenza e si sono chiesti a chi o cosa si riferissero quelle frasi? Dal punto di vista qualitativo, le immagini non presentano, volontariamente, messaggi di polemica, impeti emozionali, tagli creativi, sono semplici e fredde prese d’atto, registrazioni di luoghi e, soprattutto, di una grande assenza; alcune, però, pur attenendosi allo schema, risultano particolarmente efficaci, e tutte, comunque, problematizzano e fanno riflettere. Da vedere.
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