CORSI E FORMAZIONE
L’Università scopre i bisogni del quartiere Alberghiera
Un capofamiglia su cinque sbarca il lunario con un lavoro in nero, oltre la metà delle famiglie vive in case in lieve e grave degrado e quasi tutti non hanno tempo da dedicare allo svago. All’Albergheria la condizione di disagio economico e socio-abitativo è ancora talmente diffusa da avere spinto un gruppo di studiosi a indagare profondamente negli stili di vita del quartiere palermitano, per fornire strumenti scientifici utili agli amministratori che vogliano portare avanti il riscatto di un pezzo prezioso del centro storico. Due anni di lavoro hanno permesso di portare a termine un’indagine campionaria sulle famiglie residenti all’Alberghiera, curata da Vincenza Capursi e Ornella Giambalvo, rispettivamente ordinario e associato di Statistica sociale all’Università. La pubblicazione edita da FrancoAngeli (pp.394, 40 euro), è stata presentata lo scorso 1 marzo, nella chiesa di San Francesco Saverio, alla presenza delle due autrici e del parroco don Cosimo Scordato. «L’indagine è nata dal desiderio e dall’esigenza di un gruppo di operatori nel territorio di avere strumenti e conoscenze delle reali esigenze e condizioni di vita dei residenti – spiega Vincenza Capursi – per la programmazione di interventi mirati e, quindi, più efficaci per il risanamento dell’area». Il campione esaminato è formato da 147 famiglie italiane e da 30 straniere residenti nel quartiere Albergheria. Tutti gli intervistati hanno risposto a domande mirate a conoscere le condizioni lavorative, abitative, gli stili di vita, le opinioni e le convinzioni delle famiglie.
CASE. Il 29% delle famiglie intervistate vive in abitazioni di edilizia moderna, costruite nel dopoguerra. In otto abitazioni su dieci non c’è il riscaldamento. Un dato altissimo soprattutto se lo confrontiamo con la media di case senza riscaldamento in Italia (5,6%) e in Sicilia (35,3%). Il 40% delle abitazioni è in condizioni mediocri, il 33% in buone condizioni (si tratta di quelli più moderne), il 24% è in uno stato di conservazione cattivo, in alcuni casi si parla anche di ruderi, abitati tutti da immigrati. Le famiglie vivono per lo più in abitazioni di tre vani (41,5%), per un totale di 56 metri quadrati, con in media tre persone; il 35,5% delle famiglie vive in due vani, il 20% in quattro o più vani. All’Albergheria nel 19% delle abitazioni c’è un vano non illuminato, nel 2% due vani non illuminati. Il 52,2% vive in case in affitto (il 46,5% italiani e il 78,6% stranieri), il 33,1% in case di proprietà (tutti italiani), il 10,2% in case assegnate (per i tre quarti si tratta di famiglie italiane) e il 4,5% in case occupate (tutti italiani). Negli altri quartieri il 54% delle case è di proprietà, in Italia il 71,4%. E’ interessante dare un’occhiata alla qualità dei servizi igienici presenti nelle case private. Nel 63% dei casi è presente il bagno completo (con wc, bagno o doccia), nel 25,5% c’è un bagno con vasca o doccia, ma senza wc, che spesso si trova in un’altra stanza (a volte in cucina nascosto da una tenda), nel 9,6% c’è un bagno solo col wc, nell’1,9% non c’è neppure il wc. Il 36% delle famiglie vorrebbe più spazio in casa, il 22% più luce, il 19% sia spazio che luce. Il 24,5% degli intervistati vorrebbe cambiare quartiere, il 3,8% desidererebbe vivere in un’altra città.
SALUTE. All’Albergheria non c’è una percezione alta della necessità di prendersi cura della propria salute. Nel 22% dei casi sono presenti persone affette da malattie lievi (allergie, colesterolo, bronchite). Il 6% delle famiglie ha in casa un portatore di handicap (nel 50% si tratta di disabilità fisica), ma la metà delle famiglie con conosce le agevolazioni del Comune e solo due su cinque di chi non le conosce vorrebbe avere informazioni in merito, segno di privazione culturale. Nel 26% di famiglie c’è stato un aborto, soprattutto fra straniere o famiglie numerose. I fumatori sono il 29% degli intervistati, cinque punti in più del dato nazionale e quattro in più di quello regionale. Al 65% dei rispondenti all’indagine manca almeno un dente, ma quasi nessuno ha un dentista di fiducia. Incredibilmente, però, gli intervistati nell’83% dei casi sono soddisfatti della struttura ospedaliera in cui sono stati ricoverati (in Italia è il 36%), forse perché la condizione di disagio sociale fa abbassare le aspettative sulla qualità del servizio.
BENI E SERVIZI. Meno della metà delle famiglie possiede un’auto, l’11% ha una motocicletta. Il 12% delle famiglie italiane possiede più di un mezzo di locomozione (fra gli stranieri solo il 4%). Il 43% degli intervistati non ha nessun mezzo, soprattutto coloro che hanno più di 65 anni. Le donne escono dal quartiere con mezzi pubblici. Volgendo lo sguardo sull’utilizzo degli elettrodomestici, si scopre che il 99% delle famiglie possiede il frigorifero, il 98% la tv, il 91% delle famiglie italiane la lavatrice (solo 21% degli stranieri). Tutti gli stranieri usano un telefono cellulare, mentre fra gli italiani la percentuale scende al 56%. Ha il telefono fisso il 57% delle famiglie, quasi tutte italiane. Solo il 7% ha l’antenna satellitare, il 6% ha il computer, il 15% la consolle per i videogiochi (quasi tutti italiani).
TEMPO LIBERO E PARTECIPAZIONE SOCIALE, RELIGIOSA E POLITICA. Quasi tutti dichiarano di avere a disposizione meno di 4 ore alla settimana da dedicare allo svago, il che fa presupporre che il gruppo di intervistati non abbia molto tempo libero oppure associa lo svago a qualcosa che non può concedersi. Solo 18% ha saputo indicare quattro modi per svagarsi, il 3% neanche uno. Guardare la tv è il passatempo preferito nel 72% dei casi, la lettura di giornali e riviste nel 34%, l’ascolto della musica nel 33%. Il 38% segue le vicende politiche del Paese., soprattutto uomini occupati stabilmente o in età non lavorativa. Un terzo degli intervistati italiani non ha votato, di cui la metà donne con più di 65 anni e con basso grado di istruzione. Fra gli uomini l’astensionismo è del 17%, fra le donne del 36%. Segno di una sfiducia verso le istituzioni. L’87% si dichiara cattolico. Chi dichiara di non professare alcuna religione, in 8 casi su 10 è maschio, con meno di 65, non italiano. Uno su cinque tra i falsi non occupati e gli occupati non professa alcuna religione. Il 23% di chi si dichiara credente non frequenta, stranamente sono di più le donne. I cattolici occasionali sono nel 63% dei casi uomini e nel 48% donne. In pochi partecipano alla vita parrocchiale, solo il 13%. Il 65% degli intervistati cattolici dà un giudizio positivo sull’attività della Chiesa nel mondo e nel quartiere (contro il 47% della media nazionale), il 22% è indifferente, il 9% dà un giudizio negativo. Professare una religione non impedisce gli intervistati di essere superstiziosi (il 48% dei cattolici). Gli atei, invece, non sono superstiziosi e nell’86% si dichiarano contro la pena di morte (contro il 49% dei credenti).
OPINIONI DIFFUSE. L’8% degli intervistati non esce mai dal quartiere, nel 92% dei casi si tratta di donne che non conoscono la città. Gli stranieri si spostano di più. Solo il 48% degli intervistati conosce internet, chi non lo conosce ha di solito un’età avanzata e un basso titolo di studio. Il 17% ha avuto un parente in carcere (soprattutto italiani), uno su due esprime un giudizio negativo sull’operato delle forze dell’ordine. Il 24% è contrario al fatto che la donna lavori fuori casa; il 17% è favorevole a che i genitori usino un comportamento diverso a seconda che i figli siano maschi o femmine. L’istruzione dei figli è molto importante per il 57% degli intervistati, come anche il gioco, anche se il 9% dichiara che giocare è inutile. In caso di vincita alla lotteria, il 29% penserebbe ai figli, il 22% comprerebbe una casa, il 21% donerebbe in beneficenza una parte della vincita. Se dovessero cambiare qualcosa nel quartiere, il 24% delle persone vorrebbe maggiore pulizia, il 22% punterebbe sulla ricostruzione edilizia, il 16% muterebbe la mentalità dei residenti, l’11% vorrebbe minore delinquenza.
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