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Kill Bill – Vol. 2, Tarantino o il cinema dell’eccesso

Se nel primo volume il tema portante era la Morte, nel secondo abbiamo la Vita

  • 30 aprile 2004

Kill Bill – Vol. 2
USA 2004
Di Quentin Tarantino
Con Uma Thurman, David Carradine, Michael Madsen, Daryl Hannah, Perla Haney-Jardine

Nella conclusione del Capitolo 5 di “Kill Bill - Vol. 1” avevamo lasciato Uma Thurman alias The Bride alias Black Mamba alias Beatrix Kiddo (ecco il suo vero nome) in un aereo con la sua “Death Five List”. Il “Vol. 2”, dopo un flashback che ci mostra il motivo della strage nella chiesa dei Due Pini, ci proietta subito nel vivo dell’azione. A Black Mamba mancano solo due pedine per dare scacco a Bill (David Carradine): Budd (Michael Madsen) e Elle Driven (Daryl Hannah), entrambi responsabili della strage avvenuta il giorno delle sue nozze (in realtà è solo il giorno delle prove). Ma chi si aspetti un altro showdown come quello del finale del primo episodio verrà deluso: i paesaggi asiatici, i codici giapponese di bushido ed i signorili combattimenti coreografici del “Vol. 1” lasciano spazio a crudi paesaggi western, scontri violenti da fare invidia alle scazzottate dei film di serie Z e ad una serie infinita di capovolgimenti di ruolo, tradimenti e colpi di scena.

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Se nel primo volume il tema portante era la Morte, nel secondo abbiamo la Vita (la Vita è quella della piccola B.B. ma anche la rinascita del personaggio interpretato dalla Thurman che, come era facile intuire, riesce a chiudere tutti i conti e ripartire da zero con un futuro non più da killer ma da madre). Dove c'era solo Vendetta, ora abbiamo anche l'Amore: d'altronde Kill is Love, come recita l’azzeccatissimo slogan del “Vol. 2”. Ma, d’altra parte, come dice la Sposa «non è la razionalità che mi manca, è la pietà, la compassione e la capacità di perdonare» e la sua vendetta prosegue abbattendo ogni ostacolo. Così, dopo i fondamentali consigli del maestro Pai Mei (interpretato dall'attore cinese Gordon Liu, e doppiato nella versione originale dallo stesso Tarantino), la morte di Budd e l’epocale catfight (lotta tra gatte) con la velenosa California Mountain Snake (sembra di assistere ad uno scontro tra due divinità nordiche splendide, fiere e senza pietà), si alza il grido che da inizio allo scontro finale con Bill: «tutti i demoni dell'inferno non valgono la rabbia di una donna». Ormai Bill è spacciato e il finale (positivamente scontato) è arricchito dalla spettacolare mossa dei cinque colpi che provocano l’esplosione del cuore dopo che la vittima ha coperto la distanza di cinque passi.

Questa mossa così esageratamente surreale rappresenta bene tutto il cinema di Tarantino: il cinema dell’eccesso. Tarantino se deve essere violento, lo è fino all’eccesso senza risparmiare braccia, gambe e teste mozzate. Se vuole fare filosofia, è capace di far discutere i suoi personaggi (grandissimo Carradine) per dieci minuti su Superman e il suo “costume di Clark Kent”. Se riprende un combattimento di kung-fu, lo musicherà sempre con quelle divertenti canzoncine anni '70. Se thriller deve essere, è capace di emulare il miglior Hitchcock (vedi la scena della sepoltura). Infine, se parla d'amore, lo fa sempre con eccesso descrivendolo come il più forte e violento dei sentimenti: l'amore che uccide e distrugge. Questo è Tarantino. O lo odi o lo ami.

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