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Il tenente di Inishmore al Bellini

La nuova proposta del cartellone del Biondo di Palermo, per il palco del teatro Bellini (nell’omonima piazza cittadina), ci consente di godere dell’interesse che il Teatro Stabile di Genova ha da qualche anno per un nuovo autore della drammaturgia anglosassone oltremanica (nello specifico, irlandese), florida da sempre. Stiamo parlando dell’ultima produzione dell’ente teatrale del capoluogo ligure, “Il tenente di Inishmore” dell’irlandese Martin McDonagh in scena appunto al Teatro Bellini dal 15 al 23 marzo 2005 (con prenotazione obbligatoria entro il 14 marzo). Seconda tappa della trilogia dedicata da McDonagh alle isole di Aran, “Il tenente di Inishmore” viene proposto nella traduzione appositamente commissionata a Fausto Paravidino e con l’interpretazione di una compagnia d’attori appartenenti a diverse generazioni, ma tutti molto cari al Teatro Stabile di Genova: Ugo Maria Morosi, Roberto Alinghieri, Arianna Comes, Aleksandar Cvjetkovic, Gianluca Gobbi, Enzo Paci, Gaetano Sciortino, Pietro Tammaro. Il regista del lavoro è Marco Sciaccaluga, le scene e i costumi sono di Guido Fiorato, le musiche di Andrea Nicolini e le luci di Sandro Sussi. Si tratta di una commedia nella quale è un tema di tragica attualità, quale il terrorismo irlandese, a sposarsi con la comicità travolgente del lavoro. Padraig, giovane e temutissimo rivoluzionario irlandese, ama il suo gatto più della vita stessa, più di suo padre e dei suoi amici d’infanzia. Tanto che, quando la povera bestia viene data per morta in un imprevedibile incidente ciclistico, il terrore si diffonde nel villaggio e il presunto colpevole fa disperatamente di tutto per occultare il cadavere dell’animale, mentre il terribile Padraig esce dalla clandestinità con propositi di strage.

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In un’atmosfera folle ed inquietante, fra colpi di scena a ripetizione, dove anche il grande amore romantico può sbocciare improvvisamente tra la violenza e la morte, tra le numerose trovate comiche e le straordinarie variazioni di linguaggio di un autore che sa tradurre immediatamente in teatro la vita osservata in presa diretta, si sviluppa una liberissima lettura del dramma della guerra civile nord-irlandese. Gli imprevedibili protagonisti di questa moderna “Black Comedy”, tratteggiati con i toni della grande tradizione irlandese, nella quale l’influenza della drammaturgia di John M. Synge si coniuga con la tensione etica del cinema di John Ford, danno vita ad esplosive situazioni fortemente connotate dal grottesco, la cui diffusa demenzialità ha indotto la critica inglese a citare i Monty Python o Quentin Tarantino. E quando questa follia avviene sulla realtà del palcoscenico, sappiamo bene quanto il godimento che ne consegue per lo spettatore sia senza uguali. Martin McDonagh, trentenne nato a Londra da genitori irlandesi, è diventato ormai un autore di casa al Teatro Stabile di Genova, che lo ha scoperto con “La bella regina di Legnane” e “Lo storpio di Inishmaan”.

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