CINEMA E TV
Il silenzio degli offesi: il riscatto arriva sul grande schermo
ALL THE INVISIBLE CHILDREN (Take 7)
Italia, 2005
Di: Mehdi Charef, Emir Kusturica, Spike Lee, Katia Lund, Jordan & Ridley Scott, Stefano Veneruso, John Woo
Con: Adama Blia, Uroš Milovanović, Rosie Perez, Vera Fernandes, David Thewlis, Daniele Vicorito, Zhao Zicun, Qi Ruyi
C’è un film speciale, “All the invisible children”, che è stato presentato fuori concorso alla mostra di Venezia dello scorso anno. E’ un film collettivo, otto registi per sette episodi (Ridley Scott dirige in coppia con la figlia Jordan), che racconta il drammatico travaglio dei cosiddetti bambini invisibili, storie di vuoti d’affetto familiari e di dolorose povertà materiali o morali. Tra i produttori c’è la nostra Maria Grazia Cucinotta che appare per una manciata di secondi nell’episodio italiano. A fare da sponsor è l’Unicef, riconoscibile simbolo di solidarietà, in perenne lotta contro l’indifferenza che travolge il mondo continuamente umiliato e offeso dell’infanzia. Detto questo, non sempre il risultato cinematografico risulta nobile quanto le sue intenzioni. Il film si lascia vedere e considerare soprattutto per il suo j'accuse illuminante. Qualche episodio risulta migliore degli altri.
Jordan & Ridley Scott con il loro “Jonathan” ci parlano dei traumi subiti, nel corso delle sue missioni, da un fotoreporter e la sua possibilità di riscatto, nell’incontro con la Natura e con gli adolescenti (ma la metafora non è del tutto convincente).
Stefano Veneruso ambienta il suo “Ciro” in un quartiere degradato di Napoli, dove un piccolo delinquente ruba il rolex di un motociclista e poi fugge cercando una impossibile via di salvezza. L’episodio risulta eccessivamente enfatico sia nelle immagini che per l’utilizzo della musica. John Woo ci regala l’episodio più commovente, “Song Song & Little Cat”, la storia di due bambine. Song Song è quella ricca che soffre nel vedere litigare furiosamente i genitori, consolandosi poi davanti al proprio pianoforte bianco. Little Cat è una orfanella ritrovata neonata da un barbone. L’uomo la cresce e provvede per lei continuando a cercare tra i rifiuti la possibilità di dare un futuro alla sua piccola miracolata. E’ una bambola a legare il destino delle due bambine, lungo il trascorrere parallelo degli eventi, la bambola di Sing Song che finisce nelle mani di Little Cat. Woo ci parla di speranza evocando un mondo che sembra non averne e lo fa con il suo stile teso e tagliente, favorito da una toccante colonna sonora. Il suo risulta l’episodio più compiuto di questo film collettivo, elogio della possibile resistenza degli infelici, memore di certe prove del primo Kurosawa, come lui appresso al popolo degli invisibili.
“All the Invisible Children”, anche se diseguale e non all’altezza delle aspettative, nell’assemblare i diversi stili, risulta una operazione ammirevole. Con una toccante e trascinante ballata rock, “Teach me again” interpretata in coppia da Elisa e Tina Turner, che chiude il film come suggello ideale. Dare voce al silenzio degli innocenti, esibire il contrasto lancinante che genera il Male supremo, l’offesa intollerabile nei confronti delle creature più deboli, è sicuramente uno di quei messaggi necessari e sempre attuali. Specchiarsi negli occhi di un bambino offeso è forse uno di quei miracolosi afflati che ci permette di definirci ancora uomini, nonostante tutto.
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