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Il Palermo e il tifo, tra razionalità e passione

  • 10 ottobre 2005

Ci sono partite oscure che non si giocano dentro un rettangolo verde e vedono di fronte 22 giocatori, partite che si giocano tra le borgate ed i quartieri, sugli spalti e nelle sedi di alcuni club. E’ il mondo della passione e del tifo organizzato. “Ricordo la mia prima volta allo stadio della Favorita”, questa è la frase ricorrente tra i più accesi sostenitori, il colpo di fulmine per i colori rosanero. Scopriamo le loro storie e cosa pensano. Marco Mendola è il leader delle Brigate Rosanero sezione Uditore e di lavoro fa l’autista dell’ Amat: «Il mio club vanta 180 iscritti e ci riuniamo il giovedì per mettere a punto la “macchina organizzativa” per le trasferte o semplicemente per sostenere la squadra sugli spalti del Barbera». Alla domanda che gli pongo circa la “mentalità ultras” o “scontri” con altre tifoserie lui tiene a sottolineare: «il mio gruppo sostiene solo la squadra e non ci interessa fare “casini” ma è chiaro che se ti danno uno schiaffo tu cosa fai?». Il discorso non fa una grinza e questo fa a pugni con la repressione, i biglietti nominativi, gli stadi blindati. «Un tempo si andava anche per rubare gli striscioni agli avversari – ci racconta Marco – ed era una questione di vanto ma adesso con tutta quella polizia…..».

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Ma ci sono gesti che non si dimenticano anche tra le tifoserie nemiche. A Roma mi è capitato di assistere, durante l’ultima finale di Coppa Italia, ad un gesto degli interisti nei confronti dei “rivali” romanisti in occasione della scomparsa del leader storico della curva giallorosa con una dedica ed un omaggio con lo striscione che recitava: “Oltre ogni rivalità saluto a Paolo vero ultras”. Anche a Palermo si ricorda la partecipazione di capi storici del tifo palermitano ai funerali del presidente del Catania Massimino. Daniele (nome di pura fantasia in quanto vuole restare anonimo) mi racconta: «ho fatto parecchi scontri in varie stazioni d’Italia ma mai e dico mai il mio gruppo ha aggredito singoli ultras….. perchè non è giusto». Si potrebbe parlare di lealtà e di coraggio ma forse ci sembra eccessivo perché dimentichiamo che dietro tutto questo c’è una partita di calcio che è essenzialmente un evento sportivo.

Massimo L., impiegato Telecom, ha 35 anni ed una bellissima bambina ma la domenica è sacra: ha fatto più di 80 trasferte. Per lui è una sana passione che lo porta a sobbarcarsi viaggi in treno in giro per la penisola ma da “solitario” come ci tiene a sottolineare: «andare in trasferta è un modo per vedere altre città oltre che per seguire il Palermo. Prima partivo con il mio piccolo stendardo “Parigi Rosanero 1998” ma adesso ho deciso di portarmi dietro solo la sciarpa perché il rischio che qualche ultras avversario mi possa rovinare la festa è troppo alto». Fabrizio di anni ne ha 25 ed è diventato sfegatato fan del Palermo nel periodo forse più brutto della sua storia, l’anno della C2 e delle umiliazioni subite in una triste altalena tra B e C1, quando in parecchi affidavano le loro passioni alle squadre del Nord abbandonando i colori rosanero al loro destino. «Di trasferte ne ho fatte più di 40 – spiega - ed anch’io viaggio con un amico condividendone conoscenza di città e stadi di tutta l’Italia».

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