CINEMA E TV
Il Caimano e la tragedia di un Paese ridicolo
IL CAIMANO
Italia, 2006
Di: Nanni Moretti
Con: Silvio Orlando, Margherita Buy, Jasmine Trinca, Michele Placido, Giuliano Montaldo, Elio De Capitani, Nanni Moretti, Jerzy Stuhr, Tatti Sanguineti, Paolo Virzì, Paolo Sorrentino, Carlo Mazzacurati
A uno come Moretti basta poco. Basta allargare l’orizzonte del suo cinema di metamorfosi ed ecco entrare in campo una elaborazione del lutto che non riguarda più un nucleo familiare (come nel memorabile “La stanza del figlio”) ma un intero Paese, il nostro Belpaese. E’ un film su una crisi collettiva, “Il caimano”, una crisi culturale che si è trasformata in una crisi del vivere civile, a partire dall’avvento di forme di potere sottili e devastanti in grado di sconfiggere le coscienze, d’incidere profondamente sui valori privati e pubblici. Con un coraggio intellettuale, che Pasolini - se fosse ancora tra noi - ammirerebbe, Nanni Moretti racconta l’Italia qui e ora, e lo fa con una ironia tagliente (e spesso annichilente) in quest’ultimo suo film dove si ride abbastanza ma a mascelle strette. Questo “Caimano” è pervaso da una malinconia cupa e struggente, da una incontenibile tentazione di fare a pezzi le certezze accumulate, i luoghi comuni imperanti, i modelli ideologici ed estetici dominanti. Il Nanni nazionale prova a dire qualcosa veramente di sinistra, naturalmente prendendosela con la sinistra e i suoi feticci autoreferenziali, più che con il Berlusca, oggetto di ludibrio collettivo. Ma il suo è soprattutto un film sulla nostalgia del cinema: quello nascosto e purissimo della serie Z e quello che non si può più fare, quello civile dei Rosi e dei Petri, destinato ad un paese diverso, non ancora inquinato dalle conseguenze della catastrofe mediatica che ha mutato radicalmente il modo di sentire e, quindi, di raccontare la realtà.
L’impresa morettiana procede ad incastri, con un sorprendente ritmo sincopato, regalandoci scene ora surreali e ora realistiche (quella del set televisivo in riva al mare dove si gira “Colombo” ricorda i colori di “Paesaggio nella nebbia” di Anghelopulos, mentre quella della gelateria dove Bruno sfoga la propria mania di persecuzione è pura autocitazione che rimanda al primo Moretti “autarchico” arrabbiato). Ma “Il caimano”, pur essendo un film sul cinema non ammicca al gusto dei cinefili e lo sguardo morettiano si concentra di più sui suoi bravissimi interpreti, tra i quali alcuni non attori che ci regalano camei memorabili (basti citare il grande Giuliano Montaldo e il suo efficace ritratto di regista in disarmo, insieme alle altre partecipazioni di registi come Carlo Mazzacurati e Paolo Virzì). Nel ruolo di un produttore polacco ferocemente anti – italiano troviamo persino un magnifico Jerzy Stuhr. Insomma, divertendosi a depistare, Moretti compone un film su come sia impossibile fare un film che racconti il nostro disastrato paese di oggi. Evoca il trash come nostalgia inutile, si scaglia contro il politicamente corretto che impera nelle cose private come in quelle pubbliche (il nostro Nanni, si sa, non ama le famiglie alternative e dunque fa ironia sulla coppia gay al femminile di Jasmine Trinca e compagna), mostra i denti esponendo le debolezze colpevoli di una sinistra che ha troppo stentato ad opporsi allo sfascio di un paese invaso dal tornado berlusconiano.
A chi si aspettava un manifesto ideologico del girotondinismo, l’autore più originale del nostro cinema regala una sconcertante galleria di mostri, alcuni però dal volto umano, l’immagine deformata (come in uno di quegli specchi delle fiere) di una poco allegra nostra comune condizione. Lo fa con ispirata malizia, con il consueto gusto del paradosso in un film esemplarmente “diverso”, sorretto da una efficace sceneggiatura scritta da lui insieme a Francesco Piccolo e Federica Pontremoli e dalla musica di Franco Piersanti che funzione da commento all’angosciosa nevrosi di Bruno. Moretti stesso appare nel “Caimano” solo due volte: una volta nel ruolo di se stesso, cantando in auto un motivo retrò di Salvatore Adamo, e un’altra nel ruolo del titolo, in un film immaginario che offre al suo un finale sorprendente e amarissimo. Il grottesco che avanza ottusamente e potentemente ha forse definitivamente avvelenato le coscienze, e non solo quelle dei berlusconiani. E’ giusto che qualcuno ci abbia avvertito: non basteranno le elezioni a salvare la nostra povera Italia.
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