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I luoghi dell’altrove della Biennale alternativa

  • 16 ottobre 2006

Evento urbano nato dall’incontro di differenti realtà creative palermitane (architetti, designer, artisti, associazioni e operatori culturali), B.O.A. – Biennale o Altrove si propone come evento “alternativo” alla de-localizzazione a Palermo di alcune mostre della Biennale di Architettura di Venezia, che quest’anno ha come tema “Città, Architettura e Società”. Il progetto, scaturito da un’idea del gruppo di architetti B.O.Architettura (Antonio Provenzani, Costanza La Mantia, Francesca Arici, Stefania Campo) propone una settimana (iniziata il 13, proseguirà fino al 22 ottobre) di eventi, mostre, percorsi, azioni urbane, per un corretto “Ab-Uso” della città. Un invito a guardare la città, in cui ogni giorno ci muoviamo, con occhi più attenti per scoprire e far riemergere luoghi, sensazioni, sguardi su cui normalmente non ci soffermiamo.

La sede da cui partono molte delle iniziative proposte dalla Biennale o Altrove è il BoApoint in Largo dei Bianchi (aperto dal lunedì al sabato dalle 17 alle 20), alle spalle dell’Oratorio dei Bianchi, in pieno centro storico, dove è possibile reperire ogni informazione sulle mostre, le performance, gli eventi urbani organizzati; e dove inoltre il collettivo B.O.Architettura metterà a disposizione le proprie esperienze professionali con un consultorio pronto a risolvere i più diversi problemi architettonici. Presso il BoApoint sono inoltre allestiti: l’installazione interattiva Mobile City II di Anne-Clémence de Grolée, l’opera estemporanea "boaT" di Stefania Cucciardi che indaga il rapporto contradditorio tra città e mare, e la scultura in movimento di Giuseppe Amalfi.

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In "Mobile City II" Anne-Clémence de Grolée, artista francese fagocitata dalla nostra città dal 1997, ricrea su un tavolo da disegno, un plastico in miniatura della città con piccoli cilindri di legno, brandelli di pareti di lego, micro-antenne paraboliche e cisterne azzurre panciute che mimano perfettamente il variegato panorama urbano palermitano, ma che sicuramente hanno avuto un forte impatto visivo per l’occhio straniero della de Grolée. Una costruzione continua e inarrestabile, tentacolare e arbitraria, quella di Palermo, dove ad ogni angolo e nel modo più arbitrario sorgono nuove costruzioni.

«La crisi della città che cresce uniformemente e ripetitiva su stessa – sostiene Giulia Ingarao, curatrice dell’installazione – è l’altra faccia della distruzione dell’ ambiente naturale. La riflessione sull’edilismo arbitrario si apre al Mediterraneo offrendo nuove problematiche e spunti di ricerca; a partire dal pensiero pasoliniano, Anne-Clémence de Grolée continua a meditare sulla coincidenza tra progresso e regresso». Giuseppe Amalfi, con la sua "Scultura interattiva", «indaga la realtà sotterranea di un mini-nucleo abitativo», due piccole casette diventano l’emblema dell’abitare e simboleggiano attraverso l’utilizzo della terra e dell’acqua, «un’esplicita allusione alla ciclicità del progresso generativo», afferma ancora Giulia Ingarao.

Numerose altre mostre presentano questo rapporto dicotomico tra città e architettura, tra l’abitare e la società che ci circonda. Il percorso attraverso cui si snodano questi eventi ripercorre idealmente il letto dei due fiumi sotterranei cittadini: il Kemonia e il Papireto. Va inoltre sottolineato il fatto che il progetto di Biennale o Altrove è indipendente e autoprodotto e che le mostre sono allestite in spazi messi a disposizione da piccole realtà imprenditoriali del centro storico. Presso il Kursaal Khalesa (Foro Umberto I, 21; dalle 11 fino a tarda notte) sono allestiti i grandi pannelli della serie Waterfront di Antonio Miccichè, che anatomizzano attraverso le pennellate grumose dai toni grigi, neri catramosi e ocra, la linea dell’orizzonte del lungomare di Palermo che dal porto, luogo di incontro tra terra e mare, arriva fino alle pendici di Monte Pellegrino. Gli edifici, le gru del porto, gli oggetti appaiono trasfigurati da una bagliore che rende l’atmosfera umida delle prime luci dell’alba e li definisce - utilizzando ancora le parole di Ingarao - come «luoghi dell’attesa, dove ombre di edifici riempiono il vuoto di una malinconica solitudine».

Le ombre, gli spazi, il rapporto tra realtà sociale e intima, sono invece indagati da Francesca Tusa nella mostra Non Ora Non Qui, ospitata da Spasimando american wine bar (Via dello Spasimo, 48; dalle 18 a tarda notte), attraverso alcune fotografie e un video che denunciano, per mezzo di un’atmosfera surreale e sognante creata dagli sfuocati e dai flou, lo stato di totale abbandono del lungofiume Oreto, ma che vogliono essere anche un romantico tributo al legame che spesso le persone stabiliscono con determinati luoghi.

Gli ambienti di alcune palazzi del centro storico sono invece i protagonisti della mostra "Interni", allestita presso il Blow Up (Piazza S. Anna), con fotografie di Filippo Messina e Cristina Ferrara, da un’idea di Clac - Centro laboratorio Arti Contemporanee. Case di studenti, artisti, professionisti che si raccontano attraverso le immagini del loro vissuto quotidiano e che voyeuristicamente ci lasciano entrare svelando la parte intima dei loro spazi. Il contrasto tra i palazzi nobiliari restaurati e i ruderi fatiscenti, che contraddistingue il centro storico di Palermo, sono rappresentati attraverso lo sguardo urbano del video e delle installazioni dal titolo "Je M’en Balance" di Stefania Cucciardi in mostra presso L’Enoteca Cana (Via Alloro,105); mentre l’animo intimo della città con i suoi colori, odori, scorci è catturato dall’otturatore di Domenico Aronica nell’allestimento del Ventre di Palermo alla Cueva (Via delle Balate 13/15; dalle 20 all'una di notte).

La città e la gente che la vive giornalmente, che ne percorre con passo veloce o incerto le strade, le piazze e i vicoli sono gli interpreti dei "Ritratti di Città", fotografie di Riccardo Scibetta in mostra al Lulu pub (Via San Basilio, 37; dal mercoledì al sabato; dalle 21 fino a tarda notte). Il racconto per immagini di Scibetta attraverso visioni dall’alto, inquadrature insolite e spiazzanti primi piani, crea «realtà inconsuete e sommerse, dando voce - secondo Giulia Ingarao - a una delle tante storie del sottobosco urbano palermitano». Biennale o Altrove prova a raccontare questa bella città, piena di contraddizioni e inibizioni, tesori nascosti e spazzatura emergente, attraverso la telecamera o l’obiettivo di una macchina fotografica, i pennelli o le installazioni di artisti che sembrano concedere a Palermo la possibilità di mostrarsi attraverso uno dei tanti volti, affascinanti o spiazzanti, che è in grado di creare, invitandoci a soffermarci su realtà che ci sembrano tanto familiari ma che probabilmente dovremmo provare a scoprire e a conoscere come se fosse la prima volta che le guardiamo.

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