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I bambini non ci guardano più

  • 17 maggio 2006

ANCHE LIBERO VA BENE
Italia, 2006
Di: Kim Rossi Stuart
Con: Alessandro Morace, Barbora Bobulova, Kim Rossi Stuart, Marta Nobili


Kim Rossi Stuart è da tempo uno dei migliori talenti del cinema italiano contemporaneo. Ne è passata di acqua sotto i ponti dai tempi de “Il ragazzo dal kimono d’oro” o dalla performance adolescenziale a fianco di Catherine Deneuve in “Fatti di gente perbene” di Bolognini. Maturato anche grazie all’esperienza teatrale ecco Rossi Stuart impegnato (dopo la bella prova nel sopravvalutato “Romanzo criminale” di Placido) in un sorprendente esordio dietro la macchina da presa per “Anche libero va bene”, film che lo porterà a Cannes nella “Quinzaine des Réalisateurs”, la stessa sezione che ospitò nel lontano 1994 il folgorante Alessandro D’Alatri di “Senza pelle”, dove il Nostro offrì una interpretazione di rilievo. Qualche riflesso delle sue migliori prove attorali è riscontrabile in questa occasione registica: “Anche libero va bene” è l’avvincente racconto di una fuga iniziatica, di un apprendistato adolescenziale, non privo di qualche riferimento autobiografico.

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Il piccolo Tommi, nel suo doloroso percorso che lo conduce a confrontarsi con la dolcezza e la durezza della vita familiare ricorda l’Antoine Doinel de “I quattrocento colpi” di Truffaut o il sensibile Pricò de “I bambini ci guardano” (film che segnò la prima collaborazione fra De Sica e Zavattini). Il volto trasparente e dolce dell’esordiente Alessandro Morace è capace di indurci ad una identificazione che si trasforma in una riflessione sulla natura più profonda dei turbamenti primari. In questa vicenda di una famiglia in bilico c’è il padre Renato (Rossi Stuart), un operatore di steady-cam che ha deciso di seguire i propri sogni, ma che resta inquieto, travolto com’è da una alterna fortuna e finisce per comunicare le sue ansie al figlio. Alla piccola Viola (Marta Nobili) non resta che sfogare le proprie carenze affettive perpetrando dispetti al fratellino Tommi. Decisiva risulta l’assenza della madre Stefania (l’intensa Barbora Bobulova), donna fragile in preda a continui tormenti. Persino la scelta di una disciplina sportiva, il nuoto, diviene il pretesto per una nevrotica coercizione da parte di Renato. Suo figlio, infatti, vorrebbe giocare in una squadra di calcio: lì forse troverebbe qualcosa che potrebbe placare la sua ansia di libertà.

L’angoscia di Tommi deriva dunque dal vuoto di un’assenza. La sua è una piccola grande angoscia, sintetizzata nella scena in cui egli si accorge dell’ennesima fuga della madre osservando dall’esterno le luci spente del suo appartamento. Fondamento di questo bel film è la sua abile sceneggiatura (ad opera di Linda Ferri, Federico Starnone, Francesco Giammusso e lo stesso Rossi Stuart) con dialoghi assai intensi e drammaturgicamente ben congegnati, mentre l’occhio attento del neo-regista si attarda ad esplorare con garbo le psicologie di tutti i personaggi, anche di quelli minori, come il compagno di banco di Tommi, chiuso nel suo enigmatico silenzio che lo rende estraneo al mondo.

Il cinema italiano, nei suoi più riusciti esempi di minimalismo poetico, si è sempre soffermato a raccontare le mutazioni psicologiche e sociali del nucleo familiare. Maestro di tale tendenza è stato, senza dubbio, Luigi Comencini (come non citare “Voltati Eugenio” film che per retrogusto ricorda molto questo “Anche libero va bene”). Di recente, le prove di Gianni Amelio (“Le chiavi di casa” ha certamente funzionato come esperienza illuminante per Rossi Stuart attore e regista), del Capuano de “La guerra di Mario” e del toccante documentario di Stefano Rulli, “Un silenzio particolare”, atto d’amore del regista e sceneggiatore nei confronti del figlio con problemi psicofisici, dimostrano una capacità analitica da parte di alcuni autori che si ostinano a resistere alle lusinghe della banalizzazione e della volgarizzazione narrativa che certa fiction televisiva conduce, soprattutto riguardo alle tematiche familiari.

Che il privato possa ancora essere politico ce l’ha pure dimostrato Moretti con l’implacabile descrizione della crisi di coppia contenuta nel suo “Caimano”. Il film di Kim Rossi Stuart ben si inscrive in questa galleria di sguardi al fragile universo dell’adolescenza inquietata dal crollo delle restanti certezze. Nelle lacrime di Tommi, che segnano il finale di “Anche libero va bene”, possiamo dunque riconoscere le tracce di una crisi che ci travolge tutti. Se i bambini hanno smesso di guardarci, a noi tocca non distogliere mai l’attenzione su di loro e su quell’ansia di futuro che rimane la nostra unica speranza.

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