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Gli ultimi giorni di Georgia

  • 31 maggio 2006

L’ULTIMA VACANZA
U.S.A., 2006
Di: Wayne Wang
Con: Queen Latifah, LL Cool J, Timothy Hutton, Gèrard Depardieu, Alicia Witt, Giancarlo Esposito, Michael Nouri

Ci chiedevamo che fine avesse fatto il regista Wayne Wang, colui il quale ha saputo conferire una certa raffinatezza al grottesco delle sue prime prove, “Slamdance – Il delitto di mezzanotte”, “Mangia una tazza di tè” fino al dittico “Smoke” e “Blue in the face” in collaborazione con lo scrittore Paul Auster per la sceneggiatura e al commovente omaggio generazionale, “Il circolo della fortuna e della felicità”. Ce lo chiedevamo l’anno scorso dopo avere visto il superfluo “Il mio amico a quattro zampe”, che sembrò annunciarci un suo prematuro declino: il suo stile si è comunque addolcito, la sua ironia sferzante si è come illanguidita esibendo toni agrodolci non sempre equilibrati.

E’ il solito problema che travolge gli autori indipendenti, troppo presto sedotti dalle lusinghe del mercato, che pretende operazioni ruffiane. Georgia Byrd, protagonista de “L’ultima vacanza”, il suo titolo più recente, è una commessa che lavora in un grande magazzino di New Orleans (la memoria va al negozio di tabacchi, luogo privilegiato di “Smoke”) e che sa come far funzionare il proprio reparto rivelando sopraffine qualità di cuoca. Un brutto giorno, però, alla donna viene diagnosticato un tumore e dunque tre settimane di vita. Per vivere intensamente gli ultimi suoi giorni, Georgia si concede una natalizia vacanza di lusso in Europa, nel prestigioso “Grandhotel Pupp”, in una località vicino Praga, luogo fin troppo da cartolina ideale per concedersi lo sfizio di dilapidare il residuo conto bancario.

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Wang ha preso a prestito una classica commedia inglese del 1950, “Last Holiday”, diretta da Henry Cass, con Alec Guinness protagonista e ne ha composto un remake al femminile. E’ l’occasione per incentrare la commedia in un prestigioso hotel dove la gente va e viene generando situazioni vagamente surreali, come già accadeva nel precedente “Un amore a cinque stelle”: ancora una volta una donna comune si scontra con un universo a lei estraneo fatto di spregiudicati politicanti e magnati arrivisti. Ad incarnare il personaggio di Georgia c’è la travolgente Queen Latifah, cantante rap e ottima attrice, presenza soggiogante e fascinosa in grado di comunicare con leggiadria lo smarrimento a confronto di una dimensione che non le appartiene, dispiegando una innocenza alla Audrey Hepburn e uno struggente desiderio di normalità familiare.

Certo, siamo lontani dall’ironia tagliente dell’originaria commedia di Cass: la regia di Wang si limita a darci un’idea della visione del mondo di una comunità di colore in un quartiere americano, il suo folklore da gospel cantato in chiesa, ma la sceneggiatura non tiene, il ritmo appare indeciso e il film scivola in quell’effetto rosa molto gradevole ma insidioso quando non è sorretto da una ironia d’autore (fate il paragone con Blake Edwards!). Tra gli attori c’è il redivivo Timothy Hutton che recentemente abbiamo visto in “Kinsey”, LL Cool J che fa il collega di Georgia nel magazzino, il Giancarlo Esposito già diretto in precedenza da Wang e il simpatico e gigionesco Gérard Depardieu, nel ruolo di un rinomato cuoco francese di nome Didier.

Una commedia che ci parla della vita colta nel momento di una imminente dipartita, sulla falsariga del drammatico ed implacabile “La mia vita senza me”, film spagnolo dove però la protagonista Sarah Polley si abbandonava da indigente in una occasione alla “Cléo dalle 5 alle 7”, ad una più depressa serie di esperienze estreme, ad esorcizzare la morte.
Rimane il retrogusto moralistico (avidità ed edonismo opposti ai bisogni esistenziali primari e alle misure del desiderio) e sentimentale che Wayne Wang elabora a sostegno di questo suo film sul potere del destino dove non riaffiora la vivacità di stile delle sue prime, più libere prove.

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