ARTE E ARCHITETTURA
Gli allestimenti di Albini in mostra
Il centenario della nascita di Franco Albini è stato l’occasione per realizzare una mostra itinerante, "Franco Albini. Musei e allestimenti", dedicata a una parte centrale dell’attività progettuale dell’architetto milanese. Curata da Federico Bucci e Augusto Rossari e promossa dal dipartimento di Progettazione dell’architettura del Politecnico di Milano, la mostra è stata presentata nei mesi scorsi a Milano, Mantova, Venezia, Matera e Parma, e approda ora a Palermo dove sarà aperta al pubblico fino al 19 dicembre (facoltà di Architettura di Palermo, viale delle Scienze, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13, ingresso libero).
La mostra si concentra sull’operato dell’architetto milanese nel campo degli allestimenti. Grandi pannelli di un metro quadrato con riproduzioni fotografiche d’epoca, provenienti dall’archivio Albini, presentano la sua attività dai primi progetti per le fiere e la Triennale di Milano degli anni Trenta alle sistemazioni di musei degli anni Cinquanta e Sessanta come Palazzo Bianco, Palazzo Rosso e il Museo del Tesoro di San Lorenzo a Genova. I musei di Albini, con quelli di Scarpa, Gardella e i Bbpr, sono fra gli esempi più alti della museografia italiana del dopoguerra, innovando fortemente le tecniche espositive e rivisitando il rapporto tra antico e nuovo. Egli utilizza materiali moderni come i profilati o tubi d’acciaio, vetro ma anche grandi pannelli di tessuto per dividere gli spazi o filtrare la luce. Una poetica basata su essenzialità, semplicità, rigore e raffinatezza dove non c’è posto per il superfluo. Distaccandosi nettamente dalla tradizione ottocentesca, posiziona i quadri al centro delle stanze piuttosto che lungo i muri, e li espone senza cornici. Strutture metalliche disposte in griglie geometriche sono utilizzate per appendere le opere e suddividere lo spazio. La mostra è l’occasione per scorrere i tanti progetti ma anche per vedere i due celebri mobili come la sedia "Luisa", per la quale ha ricevuto il Compasso d’Oro nel 1955, e il tavolino "Cicognino". Come disse nel corso di un dibattito nel 1959: «Per noi il valore didattico sta nelle nostre opere, ed è più attraverso le nostre opere che diffondiamo delle idee piuttosto che attraverso noi stessi».
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