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“Fuori campo” in scena al Nuovo Montevergini

Gigi Borruso presenta in prima nazionale lo spettacolo con cui ha trionfato nel 2009 alla sesta edizione del Premio Dante Cappelletti

  • 11 novembre 2010

Debutto nazionale, venerdì 12 e sabato 13 novembre, ore 21.15, al teatro Nuovo Montevergini (via Montevergini 8, Palermo) per “Fuori campo”, concerto per voci, corpi e marionette dell’attore e regista palermitano Gigi Borruso, autore del testo e regista dello spettacolo. In scena, insieme con lo stesso Borruso, Ludovico Caldarera e Serena Rispoli. Lo spettacolo si presenta al pubblico palermitano nella forma compiuta, dopo aver vinto, nel 2009, quando era ancora in forma di progetto, la sesta edizione del prestigioso Premio Tuttoteatro.com “Dante Cappelletti” alle arti sceniche. Questa la motivazione con cui la giuria ha deciso di premiare il lavoro di Borruso: «un viaggio sospeso e di impossibile equilibrio, alla ricerca di una compiuta drammaturgia che viva di associazioni, indignazioni e colpi di teatro struggenti, come l'apparizione di fantocci, che nel finale perderanno il volto, nella denuncia di un mondo dove l'ombra degli uomini diventa sempre più trasparente».
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Cresciuto alla scuola di teatro Teatés sotto il magistero di Michele Perriera, con cui ha lavorato come attore tra gli anni ’80 e ’90, Borruso ha fondato nel 1998 la Compagnia dell’elica per realizzare un proprio percorso creativo che si avvalesse anche della sua esperienza di didattica teatrale. Anche in virtù della sua collaborazione con la RAI, con il Teatro Biondo di Palermo e la direzione della Scuola di Teatro Comunale di Gibellina, Borruso ha intrapreso una attività registica ricca di successi e riconoscimenti nazionali. Lo spettacolo, che appunto debutterà nel sempre suggestivo palco del Montevergini, realizza quella che è la vocazione del giovane drammaturgo palermitano, dare voce a ciò che è escluso, separato, archiviato, tentando di mettere insieme poesia e polemica, stupore e indignazione. “Fuori campo” si presente dunque come esempio di teatro sperimentale, così definito dallo stesso regista: «un concerto di voci e di corpi scomparsi da tempo alla vista. Ma anche un gioco sull’oscenità politica cui siamo esposti e sulle sue pratiche intimidatorie. Una riflessione sull’identità di gruppi e individui, sull’Arte teatrale e sulla sua capacità di interpretare il presente».

Borruso prende spunto dal lavoro che Danilo Dolci ha svolto in Sicilia negli anni ’50 e ’60, raccogliendo interviste di quell’umanità al margine che sempre ha costituito il centro dell’impegno del grande sociologo. Ad esse, Borruso ha aggiunto delle audio-interviste con i marginali di oggi, i sottoproletari delle periferie, gli immigrati e nomadi, i senza fissa dimora che gravitano intorno a Piazza Marina, nel centro storico di Palermo. Figure di reietti, queste, la cui consistenza tende a ridursi sempre più fino a scomparire, a causa dell’interesse esclusivamente strumentale dimostrato dai media e dalla politica.

Per questo sulla scena Borruso porta solo delle voci, fuori campo appunto, unica presenza irriducibile di una sostanza altrimenti impalpabile, che irrompono sulla scena per dare sostanza a quell’umanità oggi ignorata, parlando oltre le ideologie. Questo concerto di voci e di corpi si realizza così quasi come un gioco che vuole palesare, oltre ogni mistificazione, l’inadeguatezza di una politica che, ignorando sostanzialmente le loro problematiche, si manifesta solo per intimidire e reprimere queste realtà sociali, infettando sempre più le cicatrici della coscienza. A questo proposito, la pièce non può che essere attraversata da inevitabili irruzioni del discorso politico contemporaneo, contrappunto inevitabile per descrivere la distanza che separa la realtà dalla manipolazione ideologica in atto.

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