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Franco Battiato: la musica come sforzo intellettuale

«Una volta, ci si vergognava di essere definiti ignoranti. Oggi invece è motivo di vanto. In un mio film ho citato Wittgenstein e la gente si è messa a ridere»

  • 12 agosto 2011

Franco Battiato è un artista che ha saputo interpretare Il segno dei tempi. Da un punto di vista musicale ha anticipato Le avanguardie e riscritto le tradizioni. Quando parla, racconta l’Italia di oggi con il necessario sdegno di chi non si arrende e con la fondamentale speranza di chi vede l’orrore ma ne scorge anche la fine.

FRANCO BATTIATO, LA VEDREMO IL 13 AGOSTO A PALERMO DATA DEL SUO LIVE TOUR 2011. CHE TIPO DI CONCERTO SARÀ?
Un concerto antologico, con un suono che definirei pop anziché rock, che è un termine che non mi piace perché è frainteso. Sotto il nome rock c'è troppa roba, invece è un genere molto particolare. Ha una sonorità più fine di come l'hanno diffusa.

LEI QUEST’ANNO HA PARTECIPATO A SANREMO. CHE NE PENSA DEL FESTIVAL? Se non fosse stato per il mio amico Luca Madonia non sarei andato a Sanremo perché non mi interessa la competizione. È un tipo di gara che non mi intriga.

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PARLANDO DI MUSICA ITALIANA, SEMBRA CHE TRA LE NUOVE GENERAZIONI NON CI SIA NESSUNO CHE RIESCA A INTRAPRENDERE UNA CARRIERA LUNGA.
Il problema è sociale. È difficile trovare gente disposta a studiare per concludere qualcosa, tranne forse nella musica classica. La musica leggera ha spinto sulla facilità del successo. Una volta vidi un’intervista con un cantautore. Alla domanda su quanto tempo avesse impiegato a scrivere una canzone lui rispose: “qualche minuto”. La musica è ricerca, non puoi prendere per buona qualsiasi cosa ti venga in mente. Se manca la disciplina mancano i risultati. Non c’è un approccio corretto al concetto di lavoro.

PERÒ I GIOVANI SONO ANCHE QUELLI CHE SCENDONO IN PIAZZA IN SPAGNA A CHIEDERE LAVORO E DIRITTI.

Gli spagnoli sono stati bravissimi nell'individuare il problema, ovvero i politici che rubano mentre gli altri si impoveriscono. Noi siamo invece individualisti. In Francia la gente ha smesso di comprare latte a causa di un aumento di pochi centesimi. Qui è difficile che succeda. Devo dire, però, che il movimento studentesco italiano mi ha coinvolto, perché ho trovato ragazzi con la testa sulle spalle. Avevo poi previsto che Pisapia a Milano avrebbe vinto. Ciò che è successo mi ha esaltato perché lo aspettavo da anni. Pochissimi cantanti si sono esposti in queste elezioni, come invece ho fatto io. Forse hanno paura di perdere pubblico.

MANUEL AGNELLI DEGLI AFTERHOURS UNA VOLTA HA DETTO CHE IN ITALIA HA DIRITTO DI PAROLA CHIUNQUE MA NON I CANTANTI. LEI COSA NE PENSA?

È vero. Quando ero giovane e mi coinvolgevano in feste politiche c'erano sempre problemi. Ci mettevano in secondo piano. Ma è più importante la musica di qualche fesseria detta al microfono da qualcuno.

LEI HA CANTATO “POVERA PATRIA” A PALERMO NEL 1992, DOPO LA MORTE DI FALCONE E BORSELLINO. COS’È CAMBIATO DA ALLORA?

Spesso mi dicono che sono stato un preveggente. Queste sono sciocchezze perché una canzone come “Povera patria” poteva essere adatta anche per l’antica Grecia. L'uomo è stato quasi sempre uguale. Io sono nato subito dopo la guerra, un periodo di morte totale. Non c'erano soldi ma eravamo felici. Oggi si ammazza per un pezzo di pane.

PER BILLY CORGAN DEGLI SMASHING PUMPKINS IL TEMPO DEGLI ALBUM È FINITO. SECONDO LEI HA RAGIONE?

Queste uscite mi lasciano perplesso. È chiaro che stiamo vivendo un processo di cambiamento. Ci sono differenze da paese a paese. Siccome però ho una certa età ho poco interesse a immaginarmi un futuro, se la vedranno i giovani (ride, ndr). Da anni ascolto solo musica classica. Non sono sintonizzato sulle radio commerciali. In questo momento sono legato a una tradizione meno contemporanea. Mi arricchisce di più.

LA CRITICA MUSICALE SERVE ANCORA A QUALCOSA, AMMESSO CHE SIA MAI SERVITA?
Non è mai servita a niente (ride, ndr). Non ci si può mettere nei panni di qualcun altro. Sono andato a vedere ultimamente il film di Malick, “The Tree of Life”. Mi è sembrato bellissimo ma non è questo il punto. Se non sei capace di guardare qualcosa di diverso da te è perché hai bisogno di un nemico. In questo c'entra la politica italiana che ha influenzato certi atteggiamenti. A Venezia è sempre stato così da Fellini in avanti. Una volta la polizia ha dovuto salvare Carmelo Bene perché lo volevano ammazzare. Hanno sradicato le sedie del cinema. Non si può avere a che fare con simili selvaggi.

LEI CHE RAPPORTO HA CON LA CRITICA?
In Italia alla presentazione di un mio film avevano fatto entrare un po' di ragazzini che telefonavano. C’era gente che voleva guardare il film e gente che li mandava a fare in culo. Questo non può succedere. Non stai lì a ridere e a fare le battute. Forse era tutto programmato.

PROBABILMENTE OGGI GLI INTELLETTUALI SONO VISTI CON DISPREZZO. IN TV SPESSO VENGONO DEFINITI PROFESSORONI.
Una volta, ci si vergognava di essere definiti ignoranti. Oggi invece è motivo di vanto. In un mio film ho citato Wittgenstein e la gente si è messa a ridere. Non sanno di cosa si parla e quindi ridono. Però ho incontrato anche persone degne di questo nome, e ho la fortuna di avere un pubblico speciale che segue il mio lavoro.

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