ATTUALITÀ
Femminicidi: educazione mancata di paese incolto?
Si fa strada l'orribile sospetto che dietro la spericolata iniziativa di don Pietro ci sia qualcosa d'altro. Quella di un paese ancora profondamente incolto
Ci risiamo. Il femminicidio torna a occupare - e proprio in questi giorni di festa! - le prime pagine dei quotidiani nazionali. E non solo per le tristi cronache che rimbalzano da Nord a Sud (ieri era la giovanissima Carmela, uccisa a Palermo dall'ex fidanzato della sorella, oggi le due sorelle assassinate a Bordighera dal marito di una delle due che alla separazione ha risposto con le fucilate).
No, non è solo questo. C'è di più. E, forse, di peggio, per quanto difficile sia, è vero, che vi sia qualcosa di peggio di un assassinio. Inevitabile pensarci, fermarsi a rimuginare. Inevitabile interrogarsi a fondo sulla questione che, è chiaro, ci tocca tutti. Inevitabile, si. Ora che il parroco di Lerici (bontà sua) ci ha invitato tutti alla riflessione, con il suo illuminante volantino prima, con le precisazioni alla stampa poi, e da ultimo con il "giallo" delle sue dimissioni dalla Chiesa.
Comunque andrà a finire, e qualunque sarà la sorte dell'imprudente (davvero?) don Piero Corsi - almeno dopo la vacanza forzata consigliata per ora dal vescovo di La Spezia - il suo invito alla riflessione e all'autocritica andrebbe tuttavia tenuto in considerazione. Perchè diciamolo: dopo aver letto per benino, da cima a fondo, il testo del messaggio diffuso dal parroco in preda ad ansie d'esternazione, la tesi che si tratti di un caso isolato - condivisa a quanto sembra da ogni parte - non convince mica tanto.
Quale? Quella di un paese ancora profondamente incolto, contrariamente alla sua storia e alla sua fama. Un paese emotivamente e socialmente arretrato, incapace di guardare al futuro perchè miope riguardo al suo presente. Un paese che di fronte al boom dei femminicidi negli ultimi anni non ha capito nè cosa stia davvero accadendo nè perchè. E che dunque stenta a prendere l'unica strada praticabile: quella dell'investimento culturale.
L'educazione del maschio, auspica oggi Natalia Aspesi dalle pagine di Repubblica, facendo appello al governo Monti e alla sua "agenda" per migliorare la condizione delle donne a tutti i livelli della vita privata e pubblica. L'educazione tout court, verrebbe da aggiungere. Ciò che sembra mancare, e disperatamente, al nostro paese. Un'educazione vera, che si faccia dentro le aule di scuola ma soprattutto fuori, fondata sul sapere, sulla conoscenza, sull'intelligenza critica ma anche e soprattutto sulla formazione sentimentale ed emotiva degli individui. Senza la quale nessun sapere è autosufficiente, e tutti i saperi, al contrario, strumentalizzabili.
Altrimenti resterà pericolosamente fertile il terreno in cui tutti viviamo e ci muoviamo ogni giorno, lo stesso che continua ad alimentare non soltanto la violenza sulle donne, ma anche il pensiero discriminante e violento del sacerdote bollato oggi come folle o delirante ma che, temiamo, è invece più diffuso e radicato di quanto non si creda.
Nessuna follia, nella sua opinione, nessun delirio in realtà, pensateci: il maschio violento e dominante, cacciatore per natura, la donna provocatrice e peccaminosa laddove non sottomessa alla fissità del suo ruolo domestico e della sua funzione mammifera, la predominanza dell'istinto sulla ragione, la sfera sessuale intesa come chiave delle relazioni interpersonali...quante di queste idee circolano, più o meno occulte, sotto la pelle del nostro stare al mondo? Dalla pubblicità all'ufficio, dalla scuola al supermercato, fin dentro i muri delle case. E delle chiese.
É di tutto questo (e non solo dei volantini sacerdotali) che dovremmo, una buona volta, liberarci.
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