La Galleria dell’Arco, dopo video e fotografia (2007), linguaggio pittorico (2008), indaga le modalità espressive della scultura e dell'installazione
Ispirati dal film di Tarkovskij, il paesaggio è al centro della ricerca artistica dei quattro protagonisti della collettiva, in cui coincidono topografie fisiche e mentali. La collettiva "
Effetto Stalker" torna alla Galleria dell’Arco (via Siracusa 9, Palermo) giungendo alla sua terza edizione:
fino a domenica 28 marzo è possibile visitare la mostra che riunisce quattro giovani artisti, Sergio Breviario (Bergamo,1974), Pierluigi Calignano (Gallipoli, 1971), David Casini (Montevarchi, 1973) ed Ettore Favini (Cremona, 1974), in un percorso espositivo, a cura di Helga Marsala, che ruota attorno a sculture e installazioni, materiali e immateriali, che scrivono un altro capitolo del paesaggio.
Interiore e distante al contempo, naturale e artificiale, lirico e sospeso, distorto o meccanico, ognuno degli autori propone la personale visione dello spazio come traccia di sé e del proprio racconto, e come punto di contatto per ristabilire la relazione con l’Altro e l’Altrove. Come lo “stalker”, la guida che conduce i due protagonisti della pellicola del 1979 di Andrej Tarkovskij, attraverso un luogo enigmatico dalla profonda natura catartica, ecco che i quattro artisti accompagnano per mano lo spettatore, lungo questo percorso immaginario ma concreto, estendendo orizzonti, trasformando l’impalpabile volume dell’atmosfera.
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Sergio Breviario racchiude all’interno di due scatole nere il paesaggio astratto della memoria e del sogno, ponendosi come luogo privilegiato d’osservazione dell’interno, così come dell’esterno, quindi come confine tra due realtà speculari; Pierluigi Calignano esplora le potenzialità della luce che descrive lo spazio, attraverso proiettori che tagliano fasci luminosi emessi dai dispositivi stessi, e che definiscono le architetture del pensiero; David Casini invade lo spazio grazie alla stratificazione della materia, mutevole e trasparente, del cristallo, che avviene solo attraverso lo scorrere inesorabile del tempo, quindi nell’incrocio tra sedimentazione e narrazione; Ettore Favini manipola architettura e natura nell’installazione che vede protagonista l’agave, in una torre di sapore brancusiano di vasi che la contiene, pianta che, nei suoi trent’anni di vita media, culmina, prima della morte, nella produzione di un solo fiore, che ne riflette la caducità stessa dell’esistenza. La mostra è visitabile dal mercoledì al sabato pomeriggio, dalle 16 alle 20, con ingresso gratuito. Per informazioni è possibile chiamare 091.6261234.