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Croce Taravella, colori e suggestioni di Palermo

  • 14 maggio 2007

“Palermo 2007”. Questo il titolo dell’ultima mostra, a cura di Eva di Stefano, dell’artista Croce Taravella (Polizzi Generosa, 1964), inauguratasi il 10 maggio a Palermo presso la storica Galleria Arte al Borgo (via Mazzini 43, visitabile fino al 30 maggio; orari: 10-13, 17-19.30). Nella ventennale carriera di Taravella la nostra città ha assunto sempre un ruolo centrale, quale contenitore inesauribile di immagini e atmosfere, mutevoli e stridenti, e forse proprio per questo affascinanti. Difatti la cosa che più colpisce, guardando quest’ultima produzione del noto artista, è la capacità che lo contraddistingue nel rendere luoghi già immortalati nella tela pochi anni prima in maniera sempre diversa, senza mai stancare lo sguardo, anzi incuriosendolo e invitandolo, di volta in volta, a tornare in quelle strade, di certo quotidianamente battute, per notare quel taglio, quel tetto, quell’impalcatura, che sembra sfuggire al ricordo. Eppure è la nostra città! Croce sembra averla “ingoiata” Palermo. Oltre ai soggetti più ricorrenti, primo su tutti la Vucciria, budello della Palermo forse più cara a Croce, sono in mostra scorci urbani nuovi, come “Corso Scinà”, “Via Emerigo Amari” o “Piazzale Ungheria” col suo grattacielo dell’Ina. Proprio quest’ultimo quadro fa riflettere ulteriormente su come il paesaggio urbano possa rispecchiare l’identità della sua popolazione, e come, nello specifico, questo scorcio appaia il “meno palermitano”, ossia il più anonimo perché il più simile a qualsiasi moderna metropoli.

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Palermo è più quella delle tele dove predominano i rossi, come in “Ballarò”, in cui le appena abbozzate figure umane (soggetto ultimamente trascurato dall’artista) simboleggiano la consueta folla del mercato; oppure quella di “Via Maqueda”, dove il caos urbano è protagonista. Comunque, qualunque sia l’immagine raffigurata, la pittura di Croce Taravella lascia sbalorditi per la sua capacità comunicativa, perché colpisce l’occhio, la mente e il cuore, tramite quella danza dionisiaca del colore che avvolge e investe chi guarda. Anche se, come sottolinea Eva di Stefano nel piccolo ma ben fatto catalogo della mostra, il colore adesso appare meno denso e materico, ma più “assottigliato in un sistema corsivo e vibratile di trasparenze e filigrane”, lo spettatore rimane ugualmente toccato dalla sua arte vigorosa, drammatica e dalla sua tecnica impeccabile. Nei suoi lavori, che spaziano dalla scultura all’installazione fino al recente intervento urbano dei 15 murales presso Castellana Sicula, città dov’è cresciuto, vi è sempre questa traccia della fatica fisica del creare, che rende la sua arte quasi titanica e per questo immediata perché trasuda l’energia del furor creativo, che sporca le mani e i vestiti di colore. Il concettuale qui non ha dimora, ma il mestiere, la passione e il sentimento, in questo caso quello per una città e per i suoi più ovvii, brutti e magici volti.

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